Quei bambini che non sono figli dei loro padri

Non accade solo nei film: il 30% delle persone che richiede un test di paternità scopre che quel bambino che ha cresciuto non è suo figlio

Foto di Sabina Petrazzuolo

Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Mettiamo caso che un uomo, felicemente sposato, scopra improvvisamente che i figli che ha visto nascere e crescere, che ha tenuto in braccio dopo il parto e che ha accompagnato per mano nei giorni più importanti della sua vita, non siano i suoi. Una scena di un film già visto e rivisto, penserete voi, e invece si tratta di una realtà che non appartiene solo al cinema e alla televisione e che, anzi, è più frequente di quanto possiamo immaginare.

In una società già stigmatizzata dai giudizi, dalle critiche e dai pensieri obsoleti, non è facile parlare di famiglie considerate non tradizionali, figuriamoci di doverlo fare quando queste sono costruite su bugie, inganni e tradimenti. Perché sì, a quanto pare non sono pochi i padri che si ritrovano ad affrontare, non senza conseguenze psicologiche, il peso di una non paternità.

Che la bugia sia stata detta perché quel partner è stato individuato come padre ideale, o perché c’è un tradimento di mezzo, non possiamo saperlo. Quello che invece sappiamo è che i numeri riguardo a questa situazione sono poco chiari e spesso discordanti, motivo per il quale è difficile oggi delineare un quadro definito del fenomeno.

Quello che sappiamo con certezza, però, è che la scoperta di non essere il padre di quei figli di che si stavano crescendo, non è una situazione che riguarda solo la finzione cinematografica. Già nel 1972, il ginecologo Elliot Philipp, aveva evidenziato una percentuale del 30% di bambini che, in realtà, non erano figli dei padri che li stavano crescendo. Secondo il sociologo Michael Gilding della Swinburne University, però, si tratta di numeri che non sono verificabili con precisione.

Alla sua voce si unisce anche quella dell’antropologo Kermyt Anderson, dell’Università dell’Oklahoma che parla di tassi di non paternità di gran lunga inferiori al 10%. E allora dove sta la verità?

In un articolo del 6 Aprile 2014, il Corriere della Sera ha raccolto la testimonianza di Piermario Bellavita, specialista in Immunoematologia forense che, nella sua carriera, ha eseguito 400 test di paternità. Il 15% dei test da lui analizzati hanno restituito un’amara verità: si trattava di una falsa paternità che, nella maggior parte dei casi, ha richiesto un disconoscimento.

Certo che però la situazione è molto più complicata e non può essere ridotta solo a numeri statistici. Anche perché non si possono ignorare le gravi conseguenze psicologiche per le famiglie distrutte, per quei padri che non si riconoscono in quei figli che stanno crescendo e, soprattutto, per quei figli che non sanno chi è il loro padre biologico.

Nessuna psicosi collettiva, per fortuna, anche se la paura di non essere il vero genitore coinvolge molti uomini che, per un motivo o per un altro, hanno dei dubbi sulla paternità. Del resto Mater semper certa est, pater numquam. A dimostrarlo è un’indagine condotta a livello globale dall’Università dell’Oklahoma e del Center for Applied Social Research pubblicata sulla rivista Current Anthropology.

Dai dati raccolti da oltre 47 paesi in tutto il mondo, è emerso che quasi un uomo su tre richiede di effettuare il test del DNA per avere la conferma di essere il padre biologico dei figli che sta crescendo. La ricerca restituisce, per fortuna, un dato confortante: il 70% dei dubbiosi si sbaglia. E l”altro 30%? Dai risultati è emerso che un uomo ogni tre deve fare i conti con l’amara verità di non essere il padre dei suoi figli.

Se da una parte, quindi, come è evidenziato dai dati restituiti dalla ricerca, gran parte degli uomini che scelgono di fare un test di paternità siano solo malfidati nei confronti della partner, c’è comunque una quota, da non sottovalutare, di persone che si ritrovano a dover fare i conti con una nuova e sconvolgente consapevolezza.

In Italia, secondo Gian Ettore Gassani, presidente dell’Associazione degli avvocati matrimonialisti italiani, il 10% dei primogeniti non è figlio del padre anagrafico, una percentuale che aumenta nel caso dei secondi figli. Alla luce di questi dati non possiamo ignorare quanto, solo il pensiero di una situazione del genere, sconvolga gli animi un padre che per anni è stato convinto di essere al fianco di suo figlio.

Questi episodi, quando raccontati, sconvolgono anche e inevitabilmente la collettività. Qualche anno fa, infatti, in Italia era arrivata la notizia di un imprenditore inglese che, dopo oltre vent’anni, aveva saputo di non essere il padre biologico dei suoi figli. E non perché qualcuno glielo avesse confessato, no. Ma perché a seguito di una diagnosi medica aveva scoperto di avere una fibrosi cistica e quindi di non essere fertile. Una notizia, questa che ha mandato in frantumi la sua intera esistenza e tutte le sue convinzioni. Richard Mason, imprenditore inglese di 55 anni, ha scoperto che i suoi tre figli, non erano realmente i suoi. Il dolore per lui è stato tanto, non solo per la scoperta di una non paternità biologica, ma anche perché a seguito della notizia i figli hanno scelto di troncare il rapporto con il padre.

Tanti gli interrogativi che si sono posti le persone a seguito di questa vicenda che non è sicuramente un caso isolato, ma che ha dato vita a numerose riflessioni. Un padre è solo quello biologico? E che dire di chi, invece, quei bambini li vede nascere, crescere, li mantiene, economicamente e psicologicamente, e li accompagna lungo il percorso della vita?

Questi interrogativi hanno fatto sì, inevitabilmente, che anche la legge si interrogasse sul da farsi qualora venisse chiesto un disconoscimento a seguito di una non paternità. Fino al 2012, infatti, questo era possibile solo se la richiesta da parte del padre avveniva entro un anno dalla scoperta.

Come anticipato, però, la scoperta di una non paternità non causa solo la rottura coniugale, ma può trasformarsi in un vero e proprio trauma per un bambino che, in vista di un disconoscimento di paternità, vedrebbe crollare ogni sua certezza. Così, dopo il 2021 la situazione legale è cambiata e oggi il disconoscimento si può chiedere solo ed esclusivamente prima dei 5 anni del bambino e, eventualmente, dopo il diciottesimo anno di età.

Questa decisione è stata presa per preservare il benessere emotivo, sociale e psicologico di un bambino. Anche la legge, come è giusto che sia, riconosce che un padre non è solo chi genera il figlio, ma soprattutto chi lo cresce, lo protegge e lo ama.

padre e figlio
Fonte: iStock
Padre e figlio