Che fine ha fatto Unabomber

Unabomber è stato un criminale che nel corso degli anni Novanta e Duemila ha commesso numerosi attentati esplosivi in Italia

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Virginia Leoni

Giornalista e Lifestyle Editor

Nata nel 1981, giornalista, ufficio stampa e socia di una casa editrice, ha trasformato la sua passione in lavoro. Ama scrivere, leggere e raccontare.

Ha terrorizzato i cittadini di diverse regioni italiane, agendo senza uno schema ben specifico e rendendone così difficile il riconoscimento o la possibilità di anticiparne le mosse. Unabomber ha sapevantato gli abitanti di Veneto e Friuli-Venezia Giulia nel periodo che va circa dalla metà degli anni Novanta fino ai primi anni Duemila. Il suo modus operandi era quello di mettere ordigni esplosivi in luoghi aperti o accessibili al pubblico e, per questa ragione, le sue azioni hanno ferito diversi individui. Inoltre, queste bombe venivano nascoste in oggetti apparentemente innocui.

Il nome Unabomber, poi, non è stato scelto a caso, ma si collega a un caso di cronaca nera americano: infatti è stato un soprannome che gli è stato dato dalla stampa italiana ed è un chiaro riferimento a Theodore John Kaczynski, che veniva chiamato proprio così e che era stato condannato per aver inviato pacchi esplosivi a numerose persone.

L’Unabomber italiano – però – non è mai stato identificato. Pare che gli ordigni esplosivi riconducibili a lui possano essere circa una trentina. Tantissime le vittime che hanno riportato menomazioni a seguito dell’esplosione delle bombe, che venivano celate in zone affollate.

Unabomber, il profilo criminale

Non si è mai scoperto chi si nascondesse dietro le azioni che hanno terrorizzato per tantissimi anni un’intera zona d’Italia, non è mai stato catturato o identificato Unabomber, l’individuo che ha ferito tantissime persone con ordigni esplosivi piazzati in punti nevralgici delle varie cittadine.

Però sono stati fatti dei tentativi di tracciarne un profilo, sia dal punto di vista anagrafico che da quello delle abilità personali: elementi – quindi – che avrebbero potuto aiutare nel ricondurre a un nome. I profiler hanno ritenuto che potesse avere un’età tra i 30 a e i 50 anni, che potesse avere competenze, che gli hanno permesso di realizzare questi piccoli ordigni e di nasconderli in oggetti di uso comune, e che fosse una persona molto meticolosa e attenta.

Tra i vari dettagli, che riescono a restituirci il profilo criminale di Unabomber, l’ipotesi che abitasse da solo: la preparazione delle sue bombe, infatti, necessitava di spazio e tempo. E, infine, a quanto pare, non si può escludere che possa essere stato presente e aver osservato a debita distanza gli attacchi che aveva programmato. È anche vero che ha sempre cercato di rendere molto difficile che gli inquirenti arrivassero a riconoscere la sua identità.

Dal 2006 non ci sono stati più eventi che possano essere riconducibili a lui. Tre anni dopo l’inchiesta era stata chiusa senza riuscire a dare un nome agli attacchi e un colpevole alle vittime. Tra i problemi più grandi per l’identificazione, il fatto che non sia stato possibile trovare un movente.

Anni di paura, di terrore, per tutti coloro che vivevano nelle zone colpite da Unabomber. L’aspetto che, forse, ha creato maggiori preoccupazioni tra le persone è stato il fatto che gli ordigni esplosivi venivano celati all’interno di oggetti d’uso comune: dai pennarelli colorati, alle uova, dalle bolle di sapone ai tubi di ferro. Inoltre, colpiva in luoghi affollati. Le conseguenze: tantissime vittime di menomazioni. E mai un nome, mai una persona identificata come il vero colpevole.

Unabomber, perché è stato chiamato così

La ragione per cui Unabomber è stato soprannominato così va ricercata nelle analogie con Theodore John Kaczynski, un serial killer americano (morto a giugno 2023, che era stato fermato e condannato all’ergastolo). Il suo modus operandi, però, era diverso: gli esplosivi venivano celati in pacchi postali che lui ha spedito per circa 18 anni. A differenza dell’Unabomber italiano, però, le sue azioni in alcuni casi hanno avuto conseguenze ancora più gravi con tre decessi. Ha agito dal 1978 al 1995, circa.

L’analogia tra i due individui è stata fatta dalla stampa italiana che, a un certo punto, ha iniziato a soprannominare l’autore delle drammatiche azioni italiane come il detenuto (dal 1996) americano.

Theodore John Kaczynski era stato chiamato Unabomber, poiché si trattava di un acronimo composto da University and Airline Bomber, il nome che era stato dato dalla FBI. L’agenzia governativa di polizia federale aveva stabilito di attribuirgli questo nome in codice, poiché il terrorista americano colpiva nelle Università e a lui era stato possibile collegare un tentativo di commettere una strage su un aereo.

Mentre negli Stati Uniti Theodore John Kaczynski si avviava verso la fine del suo lungo periodo di azioni che hanno causato morti e terrore, in Italia iniziava un’altra storia che era destinata a scatenare il panico tra le persone: quella del bombarolo del Nord Est.

Tanti anni di ordigni esplosivi posti in luoghi come supermercati, spiagge, cimiteri e chiese. Luoghi frequentatissimi. Come quello scelto per il primo attacco: la sagra degli Osei il 21 agosto del 1994 a Sacile. In quella occasione l’ordigno esplosivo era stato celato all’interno di un tubo.

Le sue azioni non sono state continuative, ma c’è stato anche un periodo di sosta tra il 1996 e il 2000, cha – naturalmente – ha dato il via a tantissime supposizioni sul perché si fosse fermato: le teorie sono state le più disparate, ma anche queste non hanno reso possibile l’identificazione. E, con il passare del tempo, sono cambiati anche gli oggetti che venivano utilizzati per nascondere le bombe: dai tubi, a confezioni di uova o salsa di pomodoro.

La riapertura dell’indagini

Si è pensato che Unabomber non sarebbe mai stato identificato, ma qualcosa potrebbe cambiare. Sono, infatti, state riaperte le indagini. L’inchiesta ha preso il via grazie a un esposto di Marco Maisamo, giornalista che ha firmato il podcast Fantasma – Il caso di Unambomber, e da Francesca Girardi e Greta Momesso, due delle vittime degli attacchi del bombarolo: una ferita da un pennarello, l’altra da una candela. Entrambe esplosive.

E se le indagini la prima volta erano state archiviate nel 2009, a permettere nuovi approfondimenti sono stati proprio alcuni elementi trovati dal giornalista durante il lavoro al suo podcast.

Il caso di Unabomber ha avuto una grandissima eco, tanto da ispirare anche prodotti televisivi. Come la serie televisiva RIS – Delitti imperfetti, dove vi era un misterioso “Uomo delle bombe” e gli eventi avvenivano nella zona parmense. E, ancora, il documentario andato in onda su Rai 2.

Sul caso americano e sulla vicenda dell’Unabomber “originale”, invece, vi è un una mini serie su Netflix composta da quattro episodi.