Federica Abbate è da anni tra le penne più influenti della scena musicale italiana. Al concerto del primo maggio ci ha fatto ascoltare il suo nuovo brano, Tilt, in una versione il più essenziale possibile che va dritta al punto.
Dopo aver scritto per i più importanti nomi della musica italiana, tra cui Elodie, Emma, Fedez, Geolier, Laura Pausini, Irama, Rocco Hunt, Massimo Pericolo (tutti abbiamo cantato la sua Roma-Bangkok), con Tilt, Federica Abbate apre un nuovo capitolo del suo percorso artistico, segnando un’evoluzione, sceglie oggi di mettere al centro la propria voce e la propria visione, con una rinnovata consapevolezza e autenticità.
Federica ci ha raccontato come è nato Tilt, cosa rappresenta per lei e perché ha deciso di scriverlo per lei.
Partiamo dal tuo nuovo singolo Tilt. Da dove è nata l’ispirazione per questo brano?
Tilt nasce paradossalmente da un blackout creativo. Dopo il mio primo album Canzoni per gli altri, sentivo il bisogno di fare il salto da autrice a cantautrice. Ho attraversato un momento in cui mi sono chiesta cosa volessi davvero dire come artista. Mi sono chiusa in studio per venti giorni e ho scritto circa venti canzoni. Tilt è stata la prima perché rappresentava perfettamente il bisogno di rompere con una vecchia forma e rigenerarsi. Parla di amore, sì, ma è solo un espediente: il vero tema è il bisogno di cambiare, anche se fa paura.

E questo “tilt” cosa ha significato per te, artisticamente e umanamente?
È stato un vero cambio creativo. Ogni tanto vivo questi momenti di rottura, che diventano punti di partenza per nuovi linguaggi. Questa volta, però, ho scelto di tenere per me queste canzoni, invece di darle ad altri. E parallelamente c’è stata anche una maturazione personale: ho imparato ad accettarmi, come donna e come artista. Prima facevo fatica anche solo a vedermi in una foto. Ora, invece, quella consapevolezza è dentro le mie canzoni.
La copertina del singolo è molto simbolica. Cosa rappresenta per te?
Rappresenta la mia eterna dualità: sono sia autrice che cantautrice, vivo tra la frenesia di Milano e la tranquillità della campagna. Anche Tilt è nato in campagna, in una cascina. Il semaforo e l’occhio del colombo sulla cover richiamano questo contrasto: città e natura, urgenza e lentezza. E anche nella musica cerco quell’equilibrio tra urban e pop, che sembrano opposti ma trovano armonia.
Il primo maggio hai cantato Tilt al concertone: cosa ha significato per te questa esperienza?
È una fortuna immensa poter cantare la mia musica. L’ho a piano e voce, nella versione più nuda possibile. Spero che il pubblico si affezioni al brano, perché sento finalmente di poter portare davvero me stessa sul palco.
Tra tutte le canzoni che hai scritto, ce n’è una che ti ha dato più soddisfazione?
Sicuramente Tilt. È nata spontaneamente al pianoforte, senza pensarci troppo. Il produttore Cripo le ha dato un’anima molto originale, rendendola quasi una ballad fuori dagli schemi.

Per i prossimi mesi, che progetti hai?
Vorrei far arrivare Tilt a quante più persone possibile. E poi pubblicare piano piano le altre canzoni nate in quel periodo di scrittura intensa.
C’è un artista a cui ti ispiri particolarmente?
Amo il cantautorato femminile americano. Sono fan di Bebe Rexha, Charli XCX, Sia, Tate McRae… ho una vera passione per le top liner americane. Spero davvero di vederle presto dal vivo in Italia.