Dieta a eliminazione: cos’è, a cosa serve e come farla

Uno schema alimentare può aiutare ad individuare gli alimenti che possono provocare sintomi fastidiosi come gonfiore addominale e costipazione

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Biagio Flavietti

Farmacista e nutrizionista

Farmacista e nutrizionista, gestisce dal 2017 una pagina di divulgazione scientifica. Appassionato di scrittura ed editoria, lavora come Web Content Editor per alcune realtà del settore farmaceutico e nutrizionale.

Pubblicato: 6 Marzo 2023 12:08Aggiornato: 6 Maggio 2023 11:46

La dieta a eliminazione è un approccio all’alimentazione che può rivelarsi molto utile per identificare casi di intolleranze, sensibilità o allergie a determinati cibi. Lo schema, valido alleato quando si tratta di alleviare sintomi come il gonfiore addominale o la costipazione, è molto semplice e si basa sul fatto di eliminare quegli alimenti che si sospetta che il corpo abbia difficoltà a tollerare. Successivamente, si procede alla loro progressiva reintroduzione e all’attenzione specifica ai sintomi che si palesano a seguito dell’assunzione.

La dieta a eliminazione, caratterizzata da una durata compresa tra le 5 e le 6 settimane, viene spesso impiegata per migliorare la qualità di vita di persone che soffrono di intestino irritabile, intolleranze o allergie alimentari.

Allergia alimentare: cos’è e sintomi

Partiamo da una premessa fondamentale, ovvero che ogni alimento può avere delle basi di allergenicità ma solo alcuni le esprimono con vere e proprie allergie o reazioni simil-allergiche che coinvolgono il corpo umano nella sua interezza. Quando l’organismo rileva particelle o molecole definite “no self“, interviene attivando il sistema immunitario e creando una risposta infiammatoria o meglio, allergica. Gli allergeni sono per lo più glico-proteine contenute negli alimenti, il cui potenziale allergenico dipende dalle loro caratteristiche chimico-fisiche, dal loro peso molecolare, dalla capacità di attraversare intatti la barriera intestinale e, quindi, dalla loro solubilità e digeribilità. Esistono quindi delle categorie di alimenti che offrono un maggiore potere allergizzante, come per esempio:

  • pesce
  • uova
  • latte e derivati
  • riso
  • soia
  • frumento, mais e altri cereali

Questi alimenti possono provocare reazioni allergiche già a partire dai primi anni di vita, ed è questo il motivo per il quale si tende a inserire alcuni alimenti in modo molto graduale nella dieta dei bambini. Alimenti molto discussi, quanto evitati, sono le arachidi ad esempio.

Ma quali sono i meccanismi implicati in una reazione immunitaria di tipo allergico? Abbiamo detto che quando il sistema immunitario incontra molecole che riconosce come estranee, interviene massicciamente per cercare di eliminarle. I protagonisti di questi meccanismi allergici sono i mastociti e gli anticorpi IGE. Queste due componenti del sistema immunitario interagiscono con gli allergeni e provocano una reazione infiammatoria, che richiama anche altre componenti dell’immunità e crea i sintomi allergici. Come si manifesta una reazione allergica:

I principali sintomi di una reazione allergica si manifestano in modo lieve con:

  • lacrimazione e occhi pruriginosi
  • secrezione nasale (rinorrea)
  • cute pruriginosa
  • starnuti

Le eruzioni cutanee (compresa l’orticaria) sono frequenti e, spesso, pruriginose, ma sono più frequenti nelle allergie da contatto diretto. L’orticaria, ad esempio, è caratterizzata da piccole aree arrossate e lievemente gonfie, spesso con una parte centrale più chiara. La tumefazione può interessare anche ampie aree sottocutanee più profonde e chiamarsi quindi angioedema.

Le allergie, alimentari e non, possono scatenare veri e propri attacchi d’asma e alcune reazioni allergiche, definite reazioni anafilattiche, possono anche risultare letali per l’uomo. Si tratta, ovviamente, di casi estremi che non andremo ad analizzare nell’articolo in questione.

Allergia e intolleranza: quale differenza?

Le intolleranze alimentari vengono spesso erroneamente confuse con le allergie alimentari per la somiglianza di sintomi e delle cause, ma le intolleranze alimentari non sono provocate dal sistema immunitario, bensì da problematiche legate a enzimi e altre proteine del corpo umano, che non funzionano o funzionano poco.

Le intolleranze alimentari sono disturbi che si verificano dopo aver consumato un dato alimentocome ad esempio il latte. Infatti, tra le più famose intolleranze c’è proprio quella al lattosio. Le intolleranze alimentari sono reazioni avverse al cibo e dipendono da una difficoltà dell’organismo a metabolizzare un dato alimento o un suo componente, per delle carenze legate agli enzimi.

Nel caso dell’intolleranza al lattosio, l’enzima lattasi che scinde questo disaccaride in unità più piccole e facilmente assorbibili, non funziona bene o non funziona proprio e quindi non digerisce il lattosio che arriva a livello intestinale e provoca i tipici sintomi (gonfiore, flatulenze e diarrea). La lattasi può non funzionare già alla nascita, oppure ridurre progressivamente il suo funzionamento con il passare degli anni e provocare quindi un quadro di intolleranza che cresce con il tempo. In entrambi i casi, la sintomatologia è provocata esclusivamente da problemi enzimatici e non correlati al sistema immunitario (come per le allergie).

Un’altra sostanziale differenza riguarda le quantità di alimento che si introducono. Infatti, mentre l’intolleranza è dose dipendente e quindi bere un bicchiere di latte o una bottiglia, portano a effetti sul corpo che possono essere del tutto differenti, per l’allergia bastano pochissime quantità per esprime tutti i suoi sintomi (dose indipendente). Le cause delle intolleranze alimentari non sono del tutto note. Le ipotesi variano da una predisposizione genetica, a infezioni intestinali, fino a problemi che nascono durante lo svezzamento (passaggio dal latte materno agli alimenti solidi).

Capita la differenza tra allergie e intolleranze, sarà anche più facile capire come funziona una dieta ad eliminazione, che prevede appunto l’allontanamento dalla normale dieta quotidiana, di alcuni alimenti che potrebbero essere fastidiosi per il corpo. Alimenti che potrebbero provocare un semplice gonfiore addominale oppure diarrea forte, crampi e flatulenze.

Sindrome dell’intestino irritabile

Spesso tutti questi sintomi che abbiano analizzato, possono essere racchiusi all’interno della sindrome dell’intestino irritabile, che una volta veniva definita “colite spastica” o “colon irritabile”. Questa sindrome si presenta tipicamente con un fastidio o dolore addominale, che migliora dopo l’evacuazione. L’intestino può essere stitico, diarroico oppure di tipo misto, ossia con alternanza fra stipsi e diarrea. Spesso i pazienti sperimentano una riduzione della qualità della vita, e circa il 60% di essi lamenta anche debolezza ed affaticamento.

La componente psicologica in questa sindrome è molto alta, tanto da provocare un peggioramento dei sintomi in giorni di maggiore stress o depressione. L’andamento è cronico con carattere fluttuante e nel corso degli anni le riacutizzazioni dei sintomi coincidono, come già detto, con eventi stressanti, sia di tipo fisico (es. interventi chirurgici, infezioni virali o batteriche), che di tipo psichico (es. stress, separazioni, lutti). Le donne sono colpite da questa condizione in misura doppia rispetto agli uomini. Chi soffre di Sindrome dell’Intestino Irritabile spesso presenta sintomi anche di emicrania, ansia, depressione, fibromialgia, fatica cronica, cistite e problemi nella sfera sessuale.

Anche in questo caso, la dieta a eliminazione può essere una buona terapia, poiché permette di escludere quegli alimenti che realmente possono provocare fastidi o danni all’apparato digerente e quindi all’intero corpo umano.

Come funziona la dieta a eliminazione

Fondamentale è specificare che esistono diverse tipologie di diete a eliminazione (p.e. la FODMAP). Altrettanto importante è fare presente che, se si ha un’allergia nota o un sospetto più che concreto, è cruciale concentrarsi su un percorso specifico e portarlo avanti sotto stretta supervisione del proprio dietologo di fiducia.

Detto questo, passiamo ad analizzare passo dopo passo lo schema di questa tipologia di dieta. Come poco fa accennato, si parte con la fase di eliminazione vera e propria, che si protrae per circa 2 – 3 settimane. Tra i cibi che, a seconda della situazione, si procede a eliminare rientrano:

  • la soia e i suoi derivati
  • i latticini
  • la frutta a guscio
  • i frutti di mare
  • gli alimenti caratterizzati dalla presenza di glutine (abbiamo citato solo alcuni dei numerosi esempi che si possono chiamare in causa)

Questa fase è chiaramente molto importante, in quanto permette di capire se i sintomi fastidiosi sono dovuti all’alimento rimosso o ad altri fattori. Spesso ci si focalizza su un alimento come causa dei problemi, scoprendo poi che in realtà non c’entrava nulla e che il responsabile era un altro. È opportuno soffermarsi sul fatto che più cibi si rimuovono, più è probabile raggiungere il proprio obiettivo. Ciò implica, per esempio, procedere all’eliminazione temporanea degli agrumi, dei legumi e degli alimenti ricchi di amido.

Quando si segue una dieta di eliminazione è opportuno porre attenzione anche alla qualità dei grassi che si portano in tavola, cercando di evitare il burro e la margarina. Da non dimenticare è pure l’importanza di evitare l’assunzione di zucchero, miele e sciroppo d’acero, oltre a tutti gli alimenti confezionati e pre-cotti, ricchi in zuccheri semplici, glutammato e altre sostanze che potrebbero non essere collegate al concetto di benessere dell’organismo.

Una volta archiviata la prima fase arriva il momento di procedere alla progressiva reintroduzione dei cibi eliminati. Un consiglio da seguire prevede il fatto di procedere al reintegro introducendo singolarmente ogni singolo gruppo alimentare, facendo attenzione all’insorgenza di sintomi come le eruzioni cutanee, il già citato gonfiore addominale e i problemi intestinali (giusto per citarne alcuni). Distanziando nel tempo l’introduzione delle varie tipologie di alimenti, è possibile ancora più facilmente, comprendere quale l’alimento sia responsabile dei sintomi riscontrati.

Per quel che concerne invece i cibi che si possono assumere, bisogna includere:

  • la maggior parte dei frutti (fatta eccezione per gli agrumi)
  • le tisane
  • le bevande sostitutive del latte vaccino (p.e. il latte di cocco)
  • la carne di tacchino e di agnello
  • la selvaggina
  • i pesci come il salmone

La scienza si è più volte soffermata sui benefici della dieta a eliminazione. Tra i tanti studi effettuati è possibile evidenziare un lavoro di ricerca del 2006, condotto da un’equipe attiva presso la University of Kansas (USA). Gli esperti in questione hanno arruolato 20 individui di ambo i sessi e con diagnosi di sindrome da intestino irritabile, condizione che può causare anche gonfiore addominale. I pazienti appena citati, sui quali non erano risultate efficaci le terapie standard, sottoposti a una dieta di eliminazione hanno palesato dei miglioramenti significativi relativi ad alcuni sintomi dell’IBS.

Quali alimenti si possono mangiare

La prima cosa da fare per aiutare il corpo è evitare  di affrontare digestioni complicate e difficili da portare avanti. Per questo motivo bisogna scegliere alimenti di facile digestione che impegnino poco lo stomaco e in generale tutto l’apparato digerente.

  • Il riso, la pasta e le patate sono ottime fonti di carboidrati facili da digerire e assimilare.  Infatti, gli amidi presenti in questi alimenti iniziano la loro digestione già a partire dalla bocca, per opera della saliva. Ma attenzione a non scegliere prodotti integrali, che in questa tipologia di dieta sono da evitare.
  • La carne sarebbe da evitare, avendo una digestione prolungata che avviene quasi completamente a opera dello stomaco e che perdura per diverse ore dopo il pasto. La scelta migliore da fare in questo caso, per non privarci del giusto apporto di proteine e aminoacidi, consiste nella scelta di carni bianche tenere, come il pollo, il tacchino o il coniglio.
  • Il pesce, soprattutto se bianco (nasello, merluzzo o triglia) è privo di grassi e quindi presenta una digestione molto facile e inoltre è un alimento che presenta pochissime molecole irritanti per l’intestino.
  • Le verdure, sono gli alimenti più difficili da scegliere in quanto ricchi di fibre, che potrebbero alterare il sottile equilibrio che si sta cercando di raggiungere con questo tipo di dieta ad eliminazione. Ci soffermeremo su questa categoria, proprio perché la più complicata da trattare. Per quanto riguarda le verdure, infatti,  quelle consentite sono le più “acquose” come fagiolini, cetrioli, rape, ravanelli, sedano, zucchine, melanzane, patate (bollite) e carote, ma anche verdure a foglia verde come bietole, spinaci e biete. Da limitare, invece, sono i  broccoli e la verza, che possono causare gonfiore, mentre da evitare ci sono funghi, aglio, cipolla, asparagi e cavolfiore.
  • Ovviamente, come già ripetuto, verranno eliminate per un periodo anche bibite e alimenti contenenti il lattosio o il lievito. Attenzione, invece, agli alimenti che contengono il glutine (come la pasta). In questo caso, bisogna analizzare insieme al proprio medico se è il caso di rimuoverli dalla dieta, poiché in caso di celiachia, questa alimentazione tarderebbe le indagini diagnostiche, andando a nascondere eventuali quadri di celiachia conclamata.

Concludiamo ribadendo che, prima di iniziare una dieta a eliminazione, è essenziale contattare il medico curante e il dietologo di fiducia e seguire pedissequamente le loro indicazioni specifiche.

Aspetti principali della dieta