Chiara Ferragni rischia il processo, ma lei replica: “Nessuna rilevanza penale”

Ancora guai per Chiara Ferragni dopo il Pandoro Gate: la Procura di Milano ha chiuso le indagini sui casi delle pubblicità ingannevoli

Pubblicato: 4 Ottobre 2024 12:41

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Claudia D'Alessandro

Giornalista, esperta di Spettacolo e Content Editor

Giornalista e content creator, si nutre da sempre di cultura e spettacolo. Scrive, legge e fugge al mare, quando ha bisogno di riconciliarsi col mondo.

Chiara Ferragni rischia grosso: la Procura di Milano ha infatti chiuso le indagini, in vista della richiesta di processo, nei confronti dell’imprenditrice digitale e di altre quattro persone per l’accusa di truffa aggravata. Al centro dell’inchiesta ci sono i casi di presunta pubblicità ingannevole legata alle vendite del pandoro “Pink Christmas” Balocco e delle uova di Pasqua Dolci Preziosi.

Chiara Ferragni: rischia il processo per truffa aggravata

Ancora guai per Chiara Ferragni: la Procura di Milano ha chiuso le indagini nei confronti dell’influencer con l’accusa di truffa aggravata. Stiamo parlando ovviamente del celebre “Pandoro Gate“, che tanto ha fatto discutere in questi ultimi mesi e che adesso potrebbe far finire l’imprenditrice digitale in tribunale.

Al centro dell’inchiesta, coordinata dal pm Cristian Barilli e dall’aggiunto Eugenio Fusco e condotta dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf, ci sono infatti i casi di presunta pubblicità ingannevole legata alle vendite, a prezzi maggiorati e mascherate con iniziative benefiche, avvenute tra il 2021 e il 2022, del pandoro Pink Christmas Balocco e delle uova di Pasqua Dolci Preziosi.

Insieme a Ferragni sono indagati anche il general manager Fabio Damato, Francesco Cannillo (Presidente del Consiglio di Amministrazione di CEREALITALIA-ID S.p.a.) e Alessandra Balocco (legale rappresentante di BALOCCO S.p.a.).

Le indagini “hanno permesso di ricostruire la pianificazione e diffusione di comunicazioni di natura decettiva, volte a indurre in errore i consumatori in ordine al collegamento tra l’acquisto dei prodotti pubblicizzati e iniziative benefiche”, si legge nella nota della procura.

“Sussiste un pubblico interesse a divulgare la notizia riguardante tale procedimento, in considerazione della lesione di beni giuridici diffusi”, prosegue ancora la nota, “ferma restando la presunzione di innocenza dei destinatari del sopracitato avviso, da reputarsi non colpevoli fino alla eventuale sentenza di condanna divenuta irrevocabile”.

La replica di Chiara Ferragni

Dopo l’avviso della procura è arrivata la replica dei legali di Chiara Ferragni: “Riteniamo che questa vicenda non abbia alcuna rilevanza penale e che i profili controversi siano già stati affrontati e risolti in sede di Agcom. Avvieremo al più presto un confronto con i Pubblici Ministeri e confidiamo in una conclusione positiva della vicenda. Chiara Ferragni ha fiducia nel lavoro della magistratura e che la sua innocenza venga acclarata quanto prima“.

L’inchiesta è arrivata dopo la multa da oltre un milione di euro che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e del Nucleo Speciale Antitrust della Guardia di Finanza aveva stabilito per l’imprenditrice digitale. Adesso la Procura di Milano contesta a Ferragni “un ingiusto profitto di circa 2,2 milioni di euro“.

Nel frattempo però l’imprenditrice digitale sta lavorando da qualche tempo sulla trasparenza delle sue attività benefiche: lo scorso settembre, dopo il marasma mediatico che l’ha travolta e che ancora oggi influenza non poco il suo lavoro, ha aperto sui siti delle sue società una nuova sezione chiamata appunto “Attività benefiche”.

Un modo per provare a riguadagnare la fiducia del suo pubblico e dei brand che, se prima non vedevano l’ora di collaborare con lei, ora arrancano con le vendite dei prodotti firmati col suo nome. Sui portali dell’influencer è già stato pubblicato il primo comunicato, quello relativo al procedimento a favore de I Bambini delle Fate, impresa sociale dedicata all’aiuto delle famiglie con bambini affetti da autismo a cui, secondo il provvedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, le società dell’influencer dovranno pagare 1.200.000 euro in tre anni.