Sonia Bruganelli, l’aborto e gli attacchi di panico: “Illusione fingersi una famiglia normale”

Sonia Bruganelli si racconta alla vigilia dell'uscita del suo nuovo libro, "Quello che rimane", e torna indietro nel tempo. Ma parla anche di Angelo Madonia

Foto di Martina Dessì

Martina Dessì

Lifestyle Specialist

Content editor di tv, musica e spettacolo. Appassionata di televisione da sempre, designer di gioielli a tempo perso: ama i particolari, le storie e tutto quello che brilla.

Pubblicato:

Nel suo nuovo libro Solo quello che rimane (Sperling & Kupfer, in uscita il 21 ottobre), Sonia Bruganelli si racconta come non aveva mai fatto prima. Una confessione che parte da un romanzo – L’evento di Annie Ernaux – per rivelare il suo “evento”: un aborto a 24 anni, vissuto in silenzio e mai davvero elaborato. “È stato lo stesso evento di Ernaux”, spiega a Candida Morvillo per Corriere della Sera, “un aborto che ha condizionato tutta la mia vita con Paolo”.

Il racconto di Sonia Bruganelli

Dietro l’immagine di una donna sicura di sé e di successo, Sonia Bruganelli nasconde una storia di fatta di dolore, senso di colpa e ricerca di perdono, soprattutto nei confronti di se stessa. Quando conosce Paolo Bonolis, è una studentessa indipendente e ambiziosa. La gravidanza non cercata la coglie di sorpresa, ma più forte era il desiderio che quell’uomo dicesse: “Che bello, questo bimbo è frutto del nostro amore”. Ma questo non accade. “Fra diventare madre senza di lui o avere lui, ho scelto lui”, confessa. Una scelta che avrebbe inciso per sempre sul suo modo di vivere l’amore e la maternità.

Dopo il matrimonio, arriva Silvia, la prima figlia, nata con una grave cardiopatia. “Ho pensato: sono stata punita per aver rinunciato al mio primo bambino”. Le settimane successive sono un abisso di colpa e paura. Si chiuse in se stessa, incapace di accettare la disabilità della figlia, convinta di non essere “abbastanza”. Neppure la nascita di Davide e Adele basta a placare il suo bisogno di una “famiglia normale”.

Il dolore represso trova nuove forme: shopping compulsivo, ossessione per il controllo, ostentazione del lusso. “Fra una borsa grande e una piccola sceglievo sempre la grande”, dice, “per convincermi che potevo avere tutto. Ma ciò che volevo davvero era la salute di mia figlia”. La corazza dell’antipatia pubblica, le risposte taglienti sui social, erano solo maschere per coprire un senso di inquietudine profonda.

Poi, gli attacchi di panico. “Davide aveva sei anni. Ho voluto una vacanza a New York solo io, lui e Paolo, come una famiglia normale, senza tate e con Silvia a casa coi nonni. Invece, arriviamo e mi monta un’ansia inspiegabile. Non respiro, il cuore impazzisce, sono certa che sia un infarto. Il medico che mi visita lo esclude, mi dà dei tranquillanti, ma passo quattro giorni con un peso alla gola, il corpo bloccato. La verità, lo capisco solo ora, è che intuivo che fingersi una famiglia normale era un’illusione“. E ancora: “Mi ha salvata mio figlio: un giorno mi chiese se stavo per morire. Quella frase mi ha svegliata. Ho capito che dovevo farmi aiutare”.

Solo dopo anni, e con il sostegno della terapia, Sonia è riuscita a guardare in faccia la propria fragilità. Il momento di svolta? “Quando Silvia mi ha visto piangere e mi ha chiesto: ‘Perché piangi?’. Lì ho capito che il problema non era lei, ero io. Lei stava bene così”.

L’amore per Angelo Madonia

Oggi, accanto al nuovo compagno Angelo Madonia, Bruganelli parla di un amore “maturo e vero”: “Lui è più giovane di me, ma per esperienza, è più grande. Ha due figlie da due madri diverse, ha vissuto in Cina, sa che i miei figli vengono prima di tutto”.

“Per tutta la vita ho creduto che essere forti significasse non crollare“, dice ancora. “Invece la vera forza è ammettere la paura, la debolezza, e avere il coraggio di affrontarle”.

Così, tra le pagine del suo libro e quelle dei romanzi che l’hanno accompagnata, Sonia Bruganelli non cerca più di sembrare perfetta: vuole solo restituire dignità alle sue ferite. Perché, come dice lei stessa, “quando si chiude l’ultima pagina di un libro, conta solo quello che rimane”.