Cult natalizi da censura: perché Love Actually e co. non vanno più bene

I più famosi dei film di Natale non sono invecchiati bene e oggi non andrebbero più in onda

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Maria Francesca Moro

Giornalista e Lifestyle Editor

Giornalista e content editor. Dalla carta al web e ai social racconta di lifestyle, cultura e spettacolo.

Non si contano le serate passate sul divano, sotto una calda coperta e una tisana fumante in mano, a guardare e riguardare le commedie natalizie della nostra adolescenza. Love Actually, Il diario di Bridget Jones e persino Una poltrona per due sono tra i più grandi successi cinematografici degli ultimi decenni, ma sono invecchiati male e, a guardarli con occhi nuovi, è facile capire perché.

Love Actually, accusato di superficialità e maschilismo

Iniziamo da Love Actually, tra le commedie romantiche natalizie più famose di sempre. Un cast stellare, una colonna sonora accattivante e un susseguirsi concitato e appassionate di storie d’amore tutte diverse e tutte da sogno. O almeno, così pensavamo. Perché a rivederle oggi, più che d’amore si ha l’impressione di trovarsi di fronte a storie di pura ossessione, spesso anche superficiale.

Tra le accuse principali mosse al film cult di Richard Curtis sui social e dalla critica c’è il filtro del male gaze. Ovvero la tendenza a guardare il mondo da un punto di vista prettamente maschile (e per lo più eterosessuale) che, tuttavia, appartiene alla stragrande maggioranza dei film dell’ultimo secolo. Viene sottolineata anche la mancanza di personaggi di etnia non caucasica e di figure omosessuali, ma erano altri anni e l’inclusione era un concetto astratto e lontano.

Più interessante è, forse, soffermarsi sulle storie d’amore narrate nel cult che vede Keira Knightley e Hugh Grant tra i suoi protagonisti. Tutte a dir poco superficiali. Grant, che nel film interpreta il ruolo del primo ministro britannico, si dichiara innamorato di una propria dipendente ma, in realtà, non ci ha scambiato che un paio di battute. Colin Firth va oltre e dichiara il proprio amore all’addetta delle pulizie nonostante i due non parlino neppure la stessa lingua.

E cosa dire poi della scena più famosa di tutte: la mitica dichiarazione d’amore di Mark. Lui che si presenta alla porta di lei nel giorno di Natale, senza dire una parola ma trasmettendo il proprio amore segreto sotto forma di grandi scritte su cartelloni bianchi. Romantico? Forse, se non si pensa che lei è la moglie del suo migliore amico, che i due non si sono che scambiati un paio di parole di circostanze e che lui ha passato mesi interi a guardare ritagli rubati dal video del suo matrimonio. Più che un film d’amore, sembra una puntata di You.

E ci sarebbe poi da aprire il tema grassofobia, che si mostra in tutta la sua prepotenza nei continui riferimenti alla “pacocciosità” della segretaria di Hugh Grant – in realtà una ragazza normalissima, anche in forma – ma per questo c’è Bridget Jones…

Bridget Jones, in realtà, è una donna di successo

Il diario di Bridget Jones
Fonte: IPA
Bridget Jones non è affatto una “sfigata”

È diventata l’emblema della sfigata. Bridget Jones è stata, per decenni, il prototipo della sfigata a 360°: poco avvenente, sola, disperata. Ma secondo chi? Perché a guardarla oggi, con la stessa età che aveva lei nel film, Bridget sembra proprio una che ce l’ha fatta.

La signorina ha un lavoro che le piace, nel quale ha successo e che le fa guadagnare abbastanza da potersi permettere un bel appartamento tutto suo nel centro di Londra. È bionda, con uno stile unico e personale e no, non è grassa per niente, neppure curvy se non per i malsani canoni estetici dei primi Anni ‘2000.

L’unico motivo per cui Bridget Jones è ritenuta una perdente è perché, superati i 30 anni, è single. Ma, considerato che il suo non avere un fidanzato la porta alla fine a flirtare con tipi come Hugh Grant e Colin Firth (sì, sempre loro), non le è poi andata così male. Insomma, Bridget, più che l’esempio della perdente è l’esempio di come la percezione di sé spesso non abbia niente a che fare con la realtà.

Una poltrona per due, critica sociale o pregiudizio?

È il più famoso tra i più famosi dei film di Natale. Una rivisitazione in chiave moderna della fiaba de Il ricco e il povero. La storia di un mendicante e di un ricco finanziere che, per una sciocca scommessa, si scambiano i panni per qualche giorno. Grande classico, finanche per bambini, con una sua precisa morale e una ficcante critica al consumismo. Non ci sarebbe niente di problematico, in teoria, eppure per la generazione Z c’è…

Nel cult in cui Eddy Murphy dà il meglio di sé, ci sono personaggi con la black face, si dice “frocio” e “negro” e si imitano accenti sgrammaticati per indicare persone provenienti da paesi che non siano gli Stati Uniti d’America. Le donne si dividono in prostitute e signore e si pensa che la ricchezza (d’animo e no) sia strettamente legata alla genetica.

A riguardarlo oggi, con la consapevolezza coeva e l’apertura mentale cui tutti ci stiamo abituando, fa quasi rimpiangere il tanto criticato cinepanettone Vacanze di Natale 1983. Ma se i primi due film della nostra lista sono difficilmente salvabili dalla lente d’ingrandimento del liberalismo odierno, Una poltrona per due è l’esempio di come serva dar fastidio per farci accorgere di quanto siano fastidiosi i pregiudizi.