Tumori, l’alimentazione che aiuta chi è in cura con l’immunoterapia

Il microbiota intestinale potrebbe giocare un ruolo fondamentale per i pazienti con tumore: la dieta ricca di fibre che aiuta

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Il corpo che si difende dal tumore. Questo è l’obiettivo dell’immunoterapia, la “quarta gamba” dei trattamenti per il tumore che si unisce a chirurgia, radio e chemioterapia. Grazie a questo approccio, che sta via via allargando le proprie opportunità d’impiego grazie alla scoperta di terapia che vanno ad agire in presenza di particolari caratteristiche molecolari delle cellule tumorali (quindi operano su target precisi) si stanno ottenendo importanti risultati. E sempre di più in futuro, saranno disponibili cure che operano con questa filosofia: dare alle cellule difensive dell’organismo lo stimolo per attaccare direttamente le unità neoplastiche che per definizioni si riproducono e si diffondono proprio sfruttando la loro “anarchia” rispetto alle cellule del corpo.

La ricerca, tuttavia, non si ferma. E prova ad identificare anche le variabili che in qualche modo possono entrare in gioco in questa situazione. Così, quando si parla di immunoterapia per i tumori onco-ematologici (comprendendo quindi non solo le forme solide ma anche i tumori del sangue) occorre ragionare anche in termini di alimentazione. Perché una dieta mirata può favorire i migliori risultati delle cure.

Le fibre consentono di migliorare l’impatto dell’immunoterapia

Mele, pere, prugne e kiwi. E non fermatevi alla frutta. Vanno benissimo anche i classici frutti a guscio come noci, pistacchi e arachidi, sono indicati i legumi come fagioli, ceci, lenticchie e, tra le verdure, via libera a cardi, carote, melanzane, carciofi. Oltre ovviamente ai cereali (a patto che siano integrali) e magari anche al cioccolato fondente che contiene prebiotici. Tutti questi alimenti hanno le caratteristiche di “nutrire” l’insieme dei microrganismi che ognuno di noi ospita nel proprio intestino. E di conseguenza possono aumentare l’efficacia dell’immunoterapia.

Sono infatti sempre più numerose le evidenze scientifiche secondo le quali quello che mettiamo in tavola può influire in modo significativo sulla risposta dell’organismo ai trattamenti antitumorali, compresa l’immunoterapia. In particolare, numerosi studi in corso in tutto il mondo mostrano un legame tra una dieta ricca di fibre e una maggiore efficacia dell’immunoterapia. Entro il prossimo anno, è in programma al San Raffaele di Milano un nuovo trial clinico che prevede la somministrazione di una dieta controllata ricca di fibre nei pazienti con mieloma indolente. Sono inoltre in corso ricerche sui trapianti fecali e studi che hanno come obiettivo quello di confermare i potenti effetti che gli acidi grassi esercitano sulla risposta immunitaria contro i tumori. A dirlo sono gli esperti riuniti per CICON23 (International Cancer Immunotherapy Conference), convegno tenutosi a Milano.

La dieta importante perché non tutti rispondono bene all’immunoterapia

L’immunoterapia ha rivoluzionato la cura di molti tumori – spiega Pier Francesco Ferrucci, direttore dell’Unità di Bioterapia dei Tumori presso l’istituto Europeo di Oncologia e presidente del Network Italiano per la Bioterapia dei Tumori (NIBIT). Tuttavia, non tutti i pazienti rispondono allo stesso modo. Da qui l’ipotesi, che ormai è diventata una certezza, che la composizione del microbioma intestinale di un paziente influenzi il successo del trattamento immunoterapico. In sostanza, i pazienti che ospitano determinati batteri intestinali sembrano rispondere meglio all’immunoterapia rispetto ai pazienti che ne sono privi”.

Ecco perché l’alimentazione potrebbe rappresentare una chiave per aumentare le probabilità di successo dell’immunoterapia. C’è infatti l’ipotesi, basata su recenti evidenze scientifiche, che somministrare ai pazienti una dieta ricca di fibre potrebbe aumentare le probabilità che il trattamento contro il cancro sia più efficace. Il razionale biologico per questo approccio è chiaro: ci sono stime che ricordano come oltre il 60% delle cellule immunitarie del nostro corpo risieda nell’intestino. Ed ora, partendo da quell’osservazione sperimentale si ragiona sul fatto che modificando quali-quantitativamente la popolazione batterica si possa influire positivamente sull’esito dei trattamenti contro il cancro, compresa l’immunoterapia.

Studio italiano rivela l’importanza delle fibre nell’alimentazione

Qualche tempo fa una ricerca cui hanno contribuito gli esperti dell’IEO (Istituto Europeo di Oncologia) apparsa su Science ha mostra come una dieta ricca di fibre possa migliorare la risposta terapeutica del tumore all’immunoterapia grazie ai suoi effetti benefici sul microbiota intestinale. Il team di ricercatori, guidato dal MD Anderson Cancer Center (Houston, TX) ha esaminato retrospettivamente i dati di un gruppo di 438 pazienti che hanno ricevuto immunoterapia per melanoma metastatico, studiando la composizione del loro microbiota e le caratteristiche clinico-patologiche.

“Sappiamo che il microbiota intestinale, vale a dire l’insieme dei microorganismi che popolano il tratto gastrointestinale, influisce sull’ attività del sistema immunitario ed è in parte dimostrato che, proprio per questa sua funzione “immunomodulante”, gioca un ruolo nella risposta dell’organismo alle cure oncologiche, in particolare all’immunoterapia. Tuttavia, ancora non conosciamo tutti i dettagli di come questo avvenga – spiega Luigi Nezi, che dirige l’Unità di “Microbiome and antitumor immunity” dell’Istituto Europeo di Oncologia ed è tra gli autori dello studio. Il nostro studio ha offerto delle prime risposte.

L’importanza della diversità nella popolazione del microbiota

“Sappiamo che la composizione del microbiota, oltre che a fattori genetici, è legata allo stile di vita dell’individuo ed è influenzata da molteplici fattori esterni come stress, attività fisica e dieta – continua Nezi. Noi ci siamo concentrati su quest’ultima, focalizzandoci sull’assunzione di fibre, che sappiamo essere regolatori essenziali della flora intestinale. Dall’analisi dei dati clinici è emerso un forte legame tra risposta terapeutica e contenuto di fibre nella dieta, a suggerire che i pazienti che assumono un quantitativo più alto di fibre traggano maggiore beneficio dall’immunoterapia.

Per stabilire se ci fosse una relazione di causa-effetto, è stata modulata sperimentalmente l’assunzione di fibre in modelli preclinici e, analogamente a quanto osservato nei pazienti, si è avuta conferma che il gruppo al quale veniva fornita una dieta ad alto contenuto di fibre rispondeva significativamente meglio all’immunoterapia rispetto al gruppo di controllo.  È importante sottolineare come la migliore risposta clinica sia stata accompagnata da un cambiamento della composizione e struttura del microbiota intestinale, che acquisisce tratti simili a quelli osservati nei pazienti abituati ad una dieta ricche di fibre”.

Ma non basta. La caratteristica del microbiota intestinale forse più strettamente legata ad una migliore risposta all’immunoterapia è la diversità, che influenza sia la sua capacità di istruire il nostro sistema immunitario che di complementare le attività metaboliche di cui il nostro organismo necessita per mantenere uno stato di salute ottimale. Insomma: il microbiota intestinale contribuisce all’unicità di ciascuno di noi e che questa unicità deve essere presa in considerazione anche durante la terapia anticancro. “Dobbiamo considerare il microbiota intestinale come un’estensione del nostro corredo genetico e del nostro stato metabolico – conclude Nezi. Così come abbiamo lavorato per anni per trovare gli agenti terapeutici più appropriati per specifiche mutazioni associate ai tumori, anche la modulazione del microbiota a scopo terapeutico deve essere preceduta da un’analisi molto accurata delle sue caratteristiche”.

L’importanza della dieta ricca di fibre in chi è in cura per melanoma

Sempre qualche tempo fa una ricerca recentemente pubblicata su Science è stata condotta da un team che ha visto impegnati esperti del National Cancer Institute (NCI) e dell’MD Anderson Cancer Center dell’Università del Texas, ha mostrato che sia in pazienti che in modelli sperimentali un’alimentazione ricca di fibre risulta associata ad una miglior sopravvivenza senza progressione di malattia, a parità di immunoterapia effettuata. Sono stati osservati pazienti con melanoma in fase avanzata.

Lo studio ha preso in esame poco meno di 130 pazienti ed ha appunto dimostrato l’effetto positivo dell’assunzione di almeno 20 grammi di fibre alimentari ogni giorno, rilevando anche che in caso di aumento quotidiano ulteriore di 5 grammi di fibre il rischio di veder progredire la malattia calava ulteriormente in maniera significativa.

Secondo gli esperti americani, che hanno eseguito studi sperimentali anche su animali di laboratorio, l’ipotesi è che l’incremento di specifiche popolazioni di batteri, come ad esempio quelli della famiglia delle Ruminococcacee, possa influire positivamente in chiave di controllo della progressione tumorale durante la terapia. Si è visto infatti che nei pazienti in cui il tumore ha risposto all’immunoterapia era presente una quota maggiore di batteri di questo tipo nel microbiota intestinale rispetto a quelli che non hanno risposto alla terapia.

Al via una ricerca mirata per il mieloma

Alcuni gruppi di ricerca stanno cercando di superare la resistenza all’immunoterapia effettuando trapianti fecali: i microbi intestinali “buoni” vengono prelevati da campioni di feci di pazienti che hanno risposto bene ai farmaci per poi essere trapiantati tramite colonscopia a un altro paziente. Un’altra strada è appunto quella di disegnare diete ad hoc, ricche di fibre, in grado di modificare il microbiota in modo da renderlo “alleato” dell’immunoterapia.

“A questo proposito stiamo pianificando un trial clinico su pazienti affetti da mieloma indolente – ricorda Matteo Bellone, responsabile dell’Unità di Immunologia Cellulare presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. Ai pazienti proporremo una dieta controllata ricca di fibre con l’obiettivo di comprenderne gli effetti, non solo sulla composizione del microbioma intestinale, ma anche sulle modificazioni metaboliche dell’organismo, sul decorso e sulla prognosi della malattia”.

Per la dieta bisogna chiedere al medico

Ci sono diverse evidenze che l’alimentazione influisca sul sistema immunitario e la capacità del paziente di rispondere, non solo alla immunoterapia, ma anche ai trattamenti più tradizionali come la chemioterapia. Alcuni alimenti espandono un microbiota sano che aiuta la risposta immunitaria contro i tumori. Ma gli esperti ricordano quanto è importante che l’alimentazione e l’utilizzo di probiotici siano suggeriti da esperti non solo di nutrizione ma anche della malattia in questione. Si è infatti anche potuto assistere a un peggioramento della malattia quando i pazienti non cercavano il parere dell’esperto. L’alimentazione personalizzata va sempre sotto il controllo dell’oncologo di fiducia”.

 L’importanza dell’immunometabolismo nei tumori

“Tutte le cellule necessitano di energia per svolgere le loro funzioni vitali e che tale capacità è sotto il controllo di vie metaboliche – spiega Antonio Sica, professore presso l’Università degli Studi del Piemonte Orientale e segretario di NIBIT. In questo scenario, recenti evidenze hanno dimostrato che i tumori attuano una competizione metabolica con le cellule immunitarie, deprivandole di nutrienti essenziali per la produzione di energia e instaurando così una condizione di immunosoppressione che favorisce la crescita tumorale e l’insorgenza di meccanismi di resistenza alle terapie”.

Nuovi studi mirano quindi a comprendere i meccanismi che governano l’immunometabolismo dei pazienti al fine di ripristinare risposte immunitarie efficaci. In questo contesto, Teresa Manzo dell’Istituto Europeo di Oncologia, ad esempio, illustrerà i risultati di un recente lavoro pubblicato sulla rivista Cell Metabolism, nel quale si dimostrano i potenti effetti che gli acidi grassi esercitano sulla risposta immunitaria contro i tumori. Ma c’è di mezzo anche il colesterolo. “Recenti studi dimostrano come l’alterato metabolismo del colesterolo e dei lipidi sia in grado di influenzare la funzionalità delle cellule immunitarie – ricorda   Vincenzo Russo, professore associato di Patologia Generale alla Facoltà di Medicina di Università Vita-Salute San Raffaele. Con il prof. Paolo Ascierto, primario oncologo presso l’Istituto Nazionale dei Tumori di Napoli, presenteremo dei risultati clinici sulla maggior efficacia dell’immunoterapia in combinazione con trattamenti bloccanti la sintesi del colesterolo”.

Fonti bibiliografiche

Dieta, microbiota e immunoterapia oncologica: lo stato dell’arte, ImmunOncologia

D. Banfi, Immunoterapia: la risposta è migliore quando si consumano più fibre, Fondazione Veronesi

Cancer Research Institute