Trattamento neoadiuvante dei tumori, cos’è e a cosa serve

La terapia neoadiuvante precede le cure antitumorali che si associano all'intervento chirurgico, come il cancro alla mammella o al retto.

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Chirurgia. Chemioterapia. Radioterapia. Negli ultimi tempi, c’è un’aggiunta a quelle che vengono universalmente considerate le tre “gambe” del trattamento dei tumori. È l’immunoterapia. Questi approcci vengono combinati tra loro, in modo appropriato, in base al tipo di tumore, alle caratteristiche delle cellule, alla diffusione della malattia, alla tipologia del paziente. E non sempre il percorso, in caso di tumori solidi, prevede che si parta dall’intervento chirurgico di asportazione della o delle lesioni. A volte, infatti, altri trattamenti possono precedere questa fase. In questi casi si parla di terapia neoadiuvante.

Un approccio su misura

In teoria, il trattamento neoadiuvante può essere applicato considerando le diverse forme di cure antitumorali che si associano all’intervento chirurgico. L’obiettivo in genere è quello di favorire una diminuzione delle dimensioni della lesione e magari anche una minor diffusione delle lesioni nell’organismo, con lo scopo di rendere possibile un certo intervento, magari anche limitandone l’impatto.

Questo accade ad esempio quando occorre puntare a ridurre le dimensioni di una lesione del retto, che potrebbe portare ad una chirurgia particolarmente demolitiva. Grazie alla radioterapia che precede l’intervento si può ridurre la dimensione della massa tumorale e quindi agevolare l’opera del chirurgo, riducendo l’area da trattare. Allo stesso modo qualcosa di simile accade anche per il tumore della mammella e per altre forme tumorali.

In questo senso si può puntare su quella che viene definita terapia sistemica neoadiuvante, ad esempio con la chemioterapia classica. Il trattamento può essere adottato per rendere operabili tumori che magari imporrebbero una chirurgia particolarmente allargata, ma oggi viene in certi casi prescelto anche in caso di piccoli tumori, magari per limitare la diffusione delle cellule nell’organismo e portare all’assenza di patologia invasiva, con possibile miglioramento della prognosi.

Per questo, parlando di tumore della mammella, in certi casi come se ci sono tumori triplo negativo o HER2+ maggiormente aggressivi, si può ricorrere più facilmente alla chemioterapia. Si tratta solo si un esempio, per capire come e quanto sia importante definire caso per caso come comportarsi.

Lo stesso avviene anche per l’immunoterapia, anch’essa potenzialmente somministrabile come neoadiuvante, ovvero prima della chirurgia. L’obiettivo in questo caso  rimane sempre quello di ridurre la lesione e contrastare la diffusione delle cellule, ma il meccanismo attraverso cui si agisce è diverso: il corpo in pratica viene attivato per difendersi da solo.

Va ricordato che anche in queste circostanze contano molto le caratteristiche molecolari e genetiche delle cellule tumorali. In certe situazioni l’immunoterapia prima dell’intervento chirurgico potrebbe addirittura condurre alla scomparsa di cellule tumorali all’analisi del tessuto asportato con la chirurgia, nei pazienti con carcinoma del colon. Ovviamente siamo solo all’inizio e si parla di dati preliminari. Ma questo approccio è destinato a diffondersi sempre di più, in una logica di limitazione di interventi particolarmente aggressivi e di controllo ottimale della patologia.

Fonti bibliografiche

La chemioterapia per il cancro del colon retto, Aimac

AIRC