Tumore triplo negativo della mammella: sopravvivenza e terapie

Il tumore triplo negativo della mammella è molto aggressivo e colpisce spesso donne sotto i 50 anni. La speranza di sopravvivenza arriva dalla ricerca

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Non tutti i tumori sono uguali. Ed anche quando interessano specifici organi, possono avere caratteristiche diverse. Basti pensare in questo senso al tumore della mammella. Se è vero che grazie alla diagnosi precoce e alle terapie sempre più efficaci la sopravvivenza a cinque anni cresce, siamo ormai in termini generali all’88% dei casi, per alcune forme come quella definita triplo-negativa c’è ancora molta strada da fare. Questa forma può essere particolarmente aggressiva e colpisce e frequentemente donne sotto i 50 anni. L’imperativo terapeutico assoluto è non perdere tempo, data la sua alta predisposizione a evolvere in metastasi.

Tumore triplo-negativo, aggressività e sopravvivenza

Partiamo dai numeri. Nel 2020 ci sono state circa 55.000 nuove diagnosi di tumore alla mammella, con circa 8.000 nuovi casi (15% del totale) di tumore al seno triplo negativo.

“Come indica il nome, in questo sottotipo di carcinoma mammario mancano i recettori (per gli estrogeni, per il progesterone e l’HER2) che invece in altre forme rendono possibile l’esecuzione di terapie mirate fungendo da bersaglio – spiega Lucia Del Mastro, direttore della Clinica di oncologia medica dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova e professore ordinario di Oncologia dell’Università di Genova. Questa caratteristica ha reso sino a poco tempo fa questo tumore più difficile da trattare rispetto agli altri, perché affrontabile solo con la chemioterapia e perché in genere caratterizzato da una maggiore aggressività biologica”.

D’altro canto, uno studio da poco pubblicato su ESMO OPEN2 non lascia dubbi sulla maggiore aggressività del tumore al seno triplo negativo rispetto agli altri sottotipi di carcinoma mammario. “Questo lavoro, in cui è stata valutata la sopravvivenza di oltre 20 mila pazienti con carcinoma mammario metastatico tra il 2008 e il 2017, evidenzia che mentre c’è stato un chiaro miglioramento dell’aspettativa di vita del sottogruppo HER2 positivo e del sottogruppo recettori ormonali positivi, questo non si è verificato per i casi di tumore al seno triplo negativo – commenta l’esperta.

Nello specifico, la sopravvivenza mediana delle pazienti con recettori ormonali positivi ed HER2 negativi è risultata di 43 mesi, con una sopravvivenza a 5 anni del 36%, e nel sottogruppo HER2 positivi la sopravvivenza mediana è stata di 50 mesi, con quella a 5 anni del 44%, mentre nel sottogruppo triplo negativo è stata registrata una sopravvivenza mediana di soli 14,5 mesi, con una sopravvivenza a cinque anni dell’11%.

Proprio a causa di questa sopravvivenza così ridotta le pazienti con tumore al seno triplo negativo riescono a ricevere meno linee di trattamento, con la percentuale di “attrition rate” (cioè di tasso di abbandono) dei trial clinici che aumenta progressivamente. Guadagnare tempo, ritardando il più possibile la progressione della malattia, è quindi il primo obiettivo da perseguire grazie alle nuove terapie che la ricerca sta mettendo a disposizione”.

Le speranze dalla ricerca per una cura

In fase avanzata, quando cioè si sviluppano metastasi, il tumore al seno triplo negativo è stato a lungo il vero tallone d’Achille della moderna oncologia, in quanto le opzioni terapeutiche disponibili fino a pochi anni or sono si limitavano alla classica chemioterapia, con risultati decisamente insoddisfacenti.

Ma recentemente il panorama terapeutico sta finalmente cambiando, come conferma Michelino De Laurentiis, direttore del Dipartimento di Oncologia Senologica e Toracica dell’Istituto Nazionale Tumori IRCCS “Fondazione G. Pascale” di Napoli. “Seguendo il percorso già fatto dalla ricerca negli ultimi due decenni per gli altri sottotipi di tumore mammario, diverse terapie innovative sono ora a disposizione degli oncologi – spiega l’esperto.

La prima è l’immunoterapia, che va aggiunta alla chemioterapia nei tumori che esprimono il PDL1, un marcatore di sensibilità immunologica presente in circa il 40-45% di tutti i triplo-negativi. La seconda è invece rappresentata dagli inibitori di PARP: una terapia orale attiva nei tumori con mutazione ereditaria dei geni BRCA1 e 2 (che rappresentano circa il 15% di tutti i tumori triplo negativi). La terza è data dagli anticorpi farmaco-coniugati, potenzialmente efficaci nella maggior parte dei tumori triplo negativi”.

Sulla base dei primi risultati, gli oncologi confidano di poter dare in futuro alle pazienti colpite da questo tumore, visto che le nuove terapie promettono di allungare l’aspettativa di vita senza generare tossicità importanti. “Questo pone le basi per cronicizzare (e aggiungo finalmente) anche il tumore triplo negativo metastatico, come già accade da tempo per gli altri sottotipi di tumore mammario – conclude De Laurentiis”.