Toscana virus e non solo, cosa può succedere se ci punge un pappatacio

I pappataci possono essere veicoli del virus Toscana: come si manifesta l'infezione, quali forme ci sono e come difendersi

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Pubblicato: 27 Luglio 2022 15:14

In questo periodo, complici caldo e umidità, dover fare i conti con la puntura di zanzara è quasi una costante. Sia che si tratti di culex pipiens, ovvero gli insetti che si fanno percepire con il loro classico, fastidioso ronzio che inizia la sera per protrarsi nelle ore notturne, o della zanzara tigre che ci attacca anche di giorno, ci ritroviamo con il ponfo che rimane a testimoniare lo sgradito incontro. Ma non bisogna pensare che solo le zanzare possono disturbarci.

Simili a loro, seppur di dimensioni ridotte, sono anche i pappataci. Con la loro puntura possono trasmetterci infezioni. Ed è meglio sapere di cosa si tratta, anche alla luce di quanto sta emergendo nella zona di Padova dove ci sono già stati due ricoveri di persone anziane per encefalite da virus “Toscana”, trasmesso proprio attraverso la puntura di questi insetti.

Cosa sappiamo del Toscana virus

Anche se non molti ne conoscono l’esistenza, il virus Toscana ha preso questo nome dalla regione in cui è stato identificato circa cinquanta anni orsono, per poi diffondersi in altre zone, dal bacino della Grecia fino alla Penisola iberica ed alla Francia, solo per citare alcuni esempi. A trasmettere l’infezione all’uomo, funzionano quindi da vettori, sono appunto i pappataci con le loro punture.

Questi insetti, a differenza delle zanzare culex pipiens, non si “sentono” mentre circolano attorno a noi, ma ovviamente ne viene percepita la puntura che può scatenare prurito, arrossamenti ed in alcuni casi anche fastidi più seri.

Cosa succede in termini di rischio quando si verifica l’infezione da Toscana virus? Fondamentalmente il ceppo virale, qualora presente, può determinare quadri anche molto seri, legati all’infezione che il virus può indurre a carico dell’encefalo e delle meningi, interessando quindi il sistema nervoso. Generalmente dal momento della trasmissione del virus all’inizio dei sintomi possono passare da qualche giorno fino a una-due settimane, con fastidi che nella maggior parte dei casi sono quasi impercettibili o comunque leggeri. Magari compare qualche linea di febbre, per poco tempo, che tende ad autoridursi rapidamente fino al ritorno alla normalità.

La situazione cambia quando ovviamente il Toscana virus induce un quadro ben più preoccupante, con improvvisa cefalea, nausea, vomito, aumento della temperatura corporea. Insomma, i sintomi sono quelli di un interessamento delle meningi, cui si possono associare anche arrossamenti della pelle. In genere il quadro di infiammazione indotta dal virus prosegue per qualche giorno, per poi limitarsi. Ma in alcune persone si possono avere condizioni particolarmente serie che richiedono il ricovero in ospedale.

Attenzione alla leishmaniosi

Oltre alla “febbre da flebotomi”, malattia febbrile causata da un arbovirus che dura circa tre giorni e viene trasmessa da uomo a uomo, il pappatacio entra in gioco anche nell’infezione causate da protozoi del genere Leishmania. Oltre che nel cane, il quadro di leishmaniosi può infatti presentarsi anche nell’uomo, specie in alcune zone del pianeta.

Esistono diversi tipi di questa patologia: ad esempio tropicale, donovani, infantum, braziliensis, responsabili di forme differenti. In generale l’infezione ha un’incubazione molto lunga, che può protrarsi anche per diversi mesi. Spesso quindi crea segni evidenti a distanza dalla puntura di insetti appartenenti al genere Phlebotomus, che veicolano il protozoo dall’animale all’uomo.

Nella forma cutanea si creano lesioni dure, a forma di ulcere, sulla pelle degli arti e del viso. Al termine del processo può rimanere una cicatrice indelebile. Nella forma cutaneo-mucosa, causata dalla Leishmania brasiliensis, le ulcere si manifestano anche nelle mucose della bocca e del naso. In questo caso la malattia è più grave ed ancor più temibile è la forma viscerale (Kala azar), causata dalla Leishmania donovani. Compaiono febbre, perdita di peso, ingrossamento del fegato e della milza. Successivamente possono comparire i danni alle cellule del sangue con anemia da carenza di globuli rossi, emorragie da deficit di piastrine e calo dei globuli bianchi. Questa forma è particolarmente grave.

Sono almeno trenta i flebotomi o pappataci che possono determinare il quadro. Il trattamento si basa su farmaci sintomatici. Non esiste un vaccino. Ma è importante, in ogni caso, puntare sulla prevenzione ambientale per ridurre il rischio di infezioni trasmesse da questi insetti. Ricordiamo che le larve non si sviluppano come per le zanzare in presenza di acqua, ma in luoghi asciutti, umidi e bui, come detriti vegetali o cumuli di foglie. Quindi attenzione.