Tiroide, il freddo è un sintomo rivelatore

L'incapacità di sopportare il freddo che avanza potrebbe rivelare un carente funzionamento della tiroide

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

La tiroide è una ghiandola a forma di farfalla che si trova nel collo e regola molte funzioni del nostro corpo. Se appena le temperature si abbassano dovete ricorrere al piumino e la notte vi sentite “raggelare” sotto le coperte, anche se i gradi sono abbondantemente sopra lo zero, forse è il momento di fare un esame del sangue e misurare un semplice valore, il TSH.

Dietro all’incapacità di sopportare il freddo che avanza, in molti casi e soprattutto nelle donne e negli anziani, potrebbe esserci un carente funzionamento della tiroide. Questa ghiandola svolge un ruolo fondamentale nell’arco di tutta la vita, da prima della nascita alla terza età.

Regola, grazie agli ormoni che produce, importanti processi quali lo sviluppo neuropsichico e l’accrescimento somatico nell’età evolutiva, inoltre è fondamentale per la funzione cardiovascolare, il metabolismo basale, lipidico, glucidico e osseo. Ma non solo: la tiroide – come se fosse una centralina di controllo – influenza la fertilità, il ritmo cardiaco, la forza muscolare e molto altro.

Ipotiroidismo, un problema al femminile

Non ci sono solo gli sbalzi dell’organismo di fronte alle bizze del clima a far riflettere sulla necessità di far valutare la tiroide. I disturbi legati ad un carente funzionamento della ghiandola possono essere diversi. Ad esempio ci si può sentire sempre stanche, il peso aumenta anche se alimentazione ed attività fisica non sono variate, il ritmo dell’intestino si altera, senza un apparente motivo.

Sono soprattutto le donne a far parte dell’esercito delle persone che soffrono di ipotiroidismo, visto che il quadro è presente mediamente cinque volte di più dei coetanei maschi. Sia chiaro: spesso queste situazioni non creano alcun problema, ma occorre prestare particolare attenzione soprattutto in gravidanza e nelle persone anziane. In chi è avanti con gli anni un calo della funzione della tiroide potrebbe anche far pensare alla depressione o comunque ad un’involuzione, e può anche peggiorare un eventuale stato di deterioramento psichico.

Va comunque detto che, a prescindere dalla causa che provoca la carenza funzionale della ghiandola, oggi un ipotiroideo adeguatamente trattato con l’ormone tiroideo (in termini tecnici L-tiroxina) è a tutti gli effetti una persona che non ha alcun problema nella vita di ogni giorno. Basta ovviamente che si controlli periodicamente, per sapere se la terapia è adeguata, e che misuri regolarmente i valori del TSH (l’ormone prodotto dall’ipofisi che regola il funzionamento della ghiandola e la sua produzione ormonale). La misurazione va fatta normalmente una volta l’anno.

C’è comunque un periodo della vita in cui l’attenzione alla ghiandola deve aumentare: è la fase che precede la gravidanza, perché il compenso dell’ipotiroidismo materno è necessario per uno sviluppo ottimale del feto. Il motivo? L’ipotiroidismo neonatale, pur essendo globalmente raro, può rappresentare un’importante causa di handicap: per fortuna può essere identificato grazie allo screening sui neonati e trattato con ormone tiroideo subito dopo la nascita.

Tiroide e gravidanza

Il momento della gravidanza e il periodo dopo il parto vanno comunque seguiti con attenzione anche sul fronte della gestante, che può andare incontro a fenomeni autoimmuni, cioè alla produzione di anticorpi “errata” da parte dell’organismo, autoanticorpi che si scatenano proprio contro le cellule della tiroide.

Il quadro può avere un decorso relativamente rapido e svilupparsi in media da quattro a dodici mesi dopo il parto: comporta un processo di distruzione di tessuto tiroideo da parte del sistema immunitario. Il fenomeno porta a liberazione di ormone tiroideo e quindi ad un lieve quadro di tireotossicosi (con sintomi come stanchezza, agitazione, cuore che batte forte in gola, a volte molto sfumati e nemmeno percepiti) cui fa seguito un ipotiroidismo che spesso è solo transitorio e rimane solo in una parte dei casi.

Questa situazione compare verosimilmente per le modificazioni del sistema immunitario nel periodo che segue il parto, ed appare legato al superamento della relativa depressione del sistema immunitario che si instaura in gravidanza, per far sì che il corpo materno possa “tollerare” il feto.

Il rischio che si sviluppi un quadro di questo tipo, peraltro, non è bassissimo. L’evenienza non è rarissima, specie se la donna già prima della dolce attesa ha una positività per autoanticorpi (cioè unità difensive dell’organismo che sbagliando non riconoscono le cellule del corpo come proprie e le attaccano come fossero esterne) specifici contro la tiroide nel sangue.

In termini generali il fenomeno è presente in quasi dieci donne su cento, del resto perfettamente sane: la forma più diffusa è la tiroidite di Hashimoto, che porta nel tempo alla distruzione della ghiandola, causando uno stato di ipotiroidismo. La tiroide, in questo senso, è l’organo “bersaglio” più frequente di patologia autoimmune.