Sifilide: cos’è, quali sono i sintomi e come si cura

Conosci i sintomi della sifilide? Scopri che cos’è e come si cura questa malattia a trasmissione sessuale

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Antonella Lobraico

Editor specializzata in Salute & Benessere

Specializzata nella comunicazione online, ha collaborato con testate giornalistiche, uffici stampa, redazioni tv, case editrici e agenzie web in progetti su Salute e Benessere.

Ci sono patologie che, per via della loro natura non sempre sintomatica, possono rappresentare un rischio per la salute. La sifilide ad esempio, è un’infezione trasmessa sessualmente, che non presenta sintomi dolorosi e fastidiosi fin da subito. Nello specifico, possono passare anche diverse settimane prima che il soggetto infetto se ne accorga, tardando così la diagnosi. Nel frattempo, l’infezione continua a fare il suo decorso e, in alcuni casi, potrebbe essere trasmessa ad un altro individuo sano.

Il batterio responsabile della sifilide è il Treponema pallidum, e come indicato sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità, la sifilide rappresenta la terza infezione trasmessa sessualmente più diffusa al mondo di tipo batterico, subito dopo la clamidia e la gonorrea.

Che cos’è quindi la sifilide e quali sono i sintomi? Abbiamo approfondito l’argomento con la Professoressa Manuela Papini, Specialista in Dermatologia e Venereologia, docente di Malattie cutanee e veneree dell’Università di Perugia, Direttore della Clinica Dermatologica di Terni e Coordinatore nazionale del gruppo di ricerca SIDeMaST sulle “Malattie Trasmesse Sessualmente, Infettive e Tropicali

Che cos’è

«È una malattia a trasmissione sessuale. Il batterio responsabile è molto sensibile alle variazioni di temperatura, ovvero a quelle troppo alte e/o troppo basse. Di conseguenza, fuori dal corpo muore rapidamente; è inoltre sensibile alla maggior parte dei comuni disinfettanti e a un buon sapone, e questo fa sì che la trasmissione sia praticamente sempre attraverso un contatto diretto. Il batterio potrebbe essere trasmesso anche attraverso le goccioline, il contatto o in altre modalità di trasmissione indiretta, ma queste sono molto difficili. La modalità di trasmissione tipica è il rapporto sessuale. Qualsiasi tipo di rapporto sessuale può trasmettere l’infezione: vaginali, anali, orali, ovvero quelli in cui c’è un contatto diretto (pelle-pelle o mucosa-mucosa) tra il soggetto sano e quello malato. Il soggetto contagiante presenta lesioni attive in quel momento da cui si può trasmettere l’infezione», spiega la dottoressa.

Sintomi

Una volta che è avvenuto il contagio del soggetto non immune, il treponema penetra nel tessuto e inizia a replicarsi, dando il via al suo ciclo vitale. Comincia così un lungo periodo, più o meno sintomatico, in cui la sifilide si sviluppa per stadi differenti.

Fase primaria

«Dal momento del contagio a quello in cui iniziano a presentarsi le prime lesioni (sifiloma), ovvero il cosiddetto periodo di incubazione, possono trascorrere in media 20 giorni. Poi, nella zona dove è avvenuto il contagio compare la prima lesione (in genere è una o poche di più), ovvero un piccolo nodulo, rossiccio, della consistenza simile a quella della cartilagine dell’orecchio, che non provoca fastidi e dolore. Il fatto che si veda, ma che non è accompagnata da dolore o altri disturbi rappresenta un rischio, soprattutto per le donne per via dell’apparato genitale interno. Allo stesso modo, può costituire un pericolo se compare in bocca e nel canale anale, perché, se non si vede, è più difficile accorgersene.

Nei giorni successivi, il piccolo nodulo inizia ad ulcerarsi, come se venisse grattato in superficie e da qui inizia ad uscire un siero molto contagioso perché all’interno ci sono numerosissimi treponemi. Dopo un po’ di giorni in cui il soggetto presenta solo questa lesione, iniziano ad ingrossarsi le ghiandole vicino all’area della lesione. A volte il soggetto si accorge che le ghiandole si gonfiano, ma anche queste non sono dolenti e quindi potrebbero non allarmare il soggetto.

Dopo 3-4 settimane dalla sua comparsa, il sifiloma guarisce da solo e sparisce completamente, ma la malattia non è certo guarita, anzi comincia il periodo più pericoloso. Il soggetto entra infatti nel periodo di seconda incubazione, ovvero quello in cui i microbi che prima si erano replicati in quella zona, si diffondono ora per via ematica in tutto l’organismo. In questo periodo, della durata di circa 20/30 giorni, il soggetto si sente stanco e ha un po’ di febbre e comincia a presentare ghiandole ingrossate in tutto il corpo».

Fase secondaria

«Alla fine del periodo di seconda incubazione si ha l’esplosione della sifilide secondaria, quella con più sintomi. Nello specifico, comincia con un’eruzione, tipo rosolia, diffusa in tutto il corpo, soprattutto nella zona del tronco, ma che non causa prurito. Dopo una settimana circa, invece, compaiono le lesioni più rilevanti, ovvero le papule della sifilide secondaria, delle dimensioni di una lenticchia o poco più grandi, staccate l’una dall’altra, che possono, o no, dare prurito. Le lesioni possono comparire ovunque sul corpo, incluso il cuoio capelluto, ma tra le sedi più caratteristiche ci sono le superfici palmari e quelle plantari. Le lesioni presentano un colorito rosso cupo, che ricorda quello del prosciutto stagionato, hanno un orletto squamoso intorno e sono ricche di treponemi.

Le lesioni più pericolose per il contagio sono però le papule che compaiono a livello delle mucose genitali, anali, orali. Prendono il nome latino di “condilomata lata”, ovvero “condilomi appiattiti” (da non confondere con quelli virali causati dal papilloma virus!), da cui fuoriesce un siero contenente numerosi treponemi. Sono dunque molto contagiose. Altro sintomo tipico di questa fase è la caduta dei capelli, spesso diffusa o a piccoli ciuffetti.

Se non curata efficacemente, questa fase può andare avanti per mesi e anche anni con alti e bassi: l’individuo non guarisce completamente e di tanto in tanto compaiono gruppetti di queste papule rossastre.

Dopo qualche anno (in media 2-3), la malattia può andare spontaneamente in una fase di apparente guarigione. Non compaiono più lesioni cutanee, ma il treponema non è scomparso, si è nascosto nei nostri organi interni, spesso nei più “nobili” (cuore, cervello, fegato, occhio) e qui può rimanere “addormentato” per molti anni, anche per tutta la vita, oppure può poi attivarsi e scatenare la successiva fase terziaria».

Fase terziaria

«È la fase più temuta per i notevoli danni che può causare in tutto l’organismo e che, soprattutto in passato portava alla morte perché non c’erano gli antibiotici. Tutti gli organi potevano essere interessati dalla sifilide. Negli immunocompromessi o in coloro che fanno abuso di sostanze, si possono presentare quadri più gravi già dalla fase secondaria, ad esempio retiniti, uveiti, epatiti sifilitiche acute e la “sifilide maligna” che presenta lesioni molto gravi», continua l’esperta.

Ancora oggi, se non viene trattata in modo corretto già a partire dalle sue fasi iniziali, la sifilide può degenerare, procurando problemi alla salute. Ad ogni modo, è bene ricordare che anche se il trattamento per la sifilide è andato a buon fine, può comunque capitare di reinfettarsi successivamente, perché questa malattia non lascia un’immunità permanente.

Sifilide congenita

«Se si resta in dolce attesa durante la sifilide secondaria, c’è il rischio che possa anche essere trasmessa al bambino attraverso la placenta. Questo perché nel sangue circola il treponema. Le donne in gravidanza dovranno quindi fare particolare attenzione ad evitare rapporti a rischio non protetti».

Diagnosi

«Per confermare o meno la diagnosi di sifilide, il dermatologo effettua dei test. In una fase iniziale della malattia può però essere difficile riconoscerla, ma il medico esperto sa come gestire la questione. Nelle fasi più avanzate invece, come la sifilide secondaria, ci sono test nel sangue che confermano i sospetti diagnostici. Ad esempio, il test rapido RPR che viene utilizzato anche per test di screening, e può rivelare un esito positivo o negativo. I più accurati sono quelli immuno-enzimatici che danno una risposta di sicurezza della patologia. Tuttavia, poiché questi test sono molto sensibili, possono continuare ad essere positivi per anni, per cui può essere difficile distinguere un’infezione recente da una vecchia», precisa la dottoressa Papini.

Anche se verrebbe spontaneo rivolgersi ad un ginecologo, dal momento che ad essere coinvolti sono anche gli organi genitali, il consiglio è di rivolgersi ad un dermatologo, ovvero un medico specializzato nella diagnosi e nel trattamento di patologie a carico della pelle (ma anche capelli, unghie) e di malattie a trasmissione sessuale.

Come trattarla

«Una volta effettuata la diagnosi, si passa alla terapia. Nei soggetti che non sono allergici alla penicillina, questo è il trattamento di prima scelta. Nello specifico, viene utilizzata la benzatina penicillina, ovvero una formulazione di questo antibiotico dal rilascio lento: vengono fatte due punture (una per gluteo) e l’effetto dura una ventina di giorni. Se la sifilide è primaria o secondaria sono sufficienti queste due iniezioni. Se invece il soggetto è in una fase secondaria avanzata o se non sa da quando ha la sifilide, queste 2 iniezioni vengono ripetute a distanza di una settimana, per 3 volte. Le forme più tardive di sifilide invece, necessitano di centri specializzati e diagnosi e terapie personalizzate.

Ai soggetti allergici alla penicillina vengono prescritti altri tipi di farmaci, da prendere in alcuni casi anche per un mese. La persona che scopre di aver avuto la sifilide, ma non sa quando l’ha contratta, deve essere considerata come in fase post secondaria, quindi che potrebbe essere destinata a sviluppare le forme più gravi di sifilide. Il trattamento previsto è come quello di una diagnosi di sifilide tardiva: si fa la penicillina, ma a tripla dose».

Una volta ricevuta la diagnosi, è consigliabile che il soggetto contatti il proprio partner o gli eventuali diversi partner, perché possano sottoporsi a un controllo per la diagnosi precoce di sifilide.

Come può essere scoperta

«La malattia può essere scoperta casualmente, anche se non si hanno sintomi, ad esempio attraverso le analisi di laboratorio. Stessa cosa se un soggetto dona il sangue (questo viene sempre analizzato per questioni di sicurezza). Inoltre, assumere antibiotici per diversi motivi, ad esempio per una tonsillite, per il mal di denti, può portare a bloccare la sifilide, ma non a curarla. Questa malattia può anche essere individuata durante la gravidanza, perché tra gli esami di routine della gestante ci sono quelli per le malattie veneree».

Come prevenirla

«Per prevenire in modo efficace la sifilide, bisogna innanzitutto avere consapevolezza dei rapporti sessuali che si stanno avendo e quindi, quale tipo di protezione si sta impiegando. La pillola anticoncezionale evita le gravidanze indesiderate, ma non protegge dalle infezioni trasmesse sessualmente. Per farlo è necessario utilizzare in primis il preservativo in qualsiasi tipo di rapporto, quindi quello vaginale, anale, orale. Attenzione perché la sifilide, come tutte le altre infezioni sessualmente trasmesse, rappresenta un fattore predisponente a contrarre altre infezioni, soprattutto quella più temibile, ovvero l’HIV», conclude l’esperta.

Come abbiamo visto, la sifilide è una patologia insidiosa e subdola poiché non procura fin da subito sintomi evidenti. Questo può portare il soggetto a sottovalutare i “piccoli” segnali delle fasi iniziali o a non accorgersene, tardando la diagnosi. In caso di dubbi, il consiglio è di consultare un dermatologo, specializzato proprio in questa tipologia di patologie.