Parosmia, come nasce e con quali alimenti, la percezione olfattiva alterata

Si chiama parosmia ed è l'alterazione della percezione olfattiva: le cause e i segnali nel naso che qualcosa non va

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

In tempo di Covid-19, soprattutto nei primi periodi della pandemia, l’attenzione si è concentrata su un sintomo molto frequente ed immediatamente percepito da chi lo sviluppava in seguito all’infezione da Sars-CoV-2. E molto si è scritto per cercare di spiegare i perché dell’anosmia, ovvero la perdita della sensazione olfattiva che spesso, vista anche la combinazione delle percezioni nervose del gusto, si associava all’ageusia.

Ma ovviamente, un olfatto che “gioca” brutti scherzi non è assolutamente legato solamente a Covid-19 ed alle sue sequele. Per alcune persone una distorsione della percezione olfattiva si può verificare anche in altri casi, ad esempio dopo un forte raffreddore o una sinusite. Così si parla di parosmia, un’alterazione nelle normali percezioni olfattiva, che porta le persone a travisare gli aromi di alimenti e sostanze che in essi si trovano. Un esempio? Pensate a chi non regge il profumo del caffè che borbotta nella caffettiera.

Tra naso e cervello

A far luce su ciò che accade in chi ha questa percezione olfattiva alterata, quindi soffre di parosmia, è un’originale ricerca apparsa su Communications Medicine, coordinata da esperti dell’Università di Reading. Per vedere cosa accade, gli studiosi sono in pratica andati a “spezzettare” le componenti chimiche che possono dar luogo ad una reazione dell’olfatto, testando poi su persone con parosmia e soggetti sani la reazione.

Per lo studio si è utilizzata una tecnica molto specifica che permette di “spezzettare” i vari “ingredienti” olfattivi che compongono un’aroma. In pratica, quindi, si è scoperto che una specifica molecola, scelta tra 15 diversi potenziali “attivatori” della sensazione negativa tra le tantissime contenute all’interno della tazza di caffè, sarebbe la responsabile dei problemi più seri per chi affronta questo quadro.

Ovviamente, non si tratta dell’unico “responsabile” della sensazione olfattiva alterata. Appunto, solo nel caffè sarebbero una quindicina le molecole chimiche in grado di dare il via alla percezione di fastidio cui si associa poi l’idea di disgusto che ci rende davvero impossibile accettare un certo cibo. Il fato è estremamente interessante in chiave futura per capire i meccanismi che stanno alla base di parosmia e al successivo “non posso nemmeno avvicinare questo cibo alle narici”.

Se prima si pensava che tutto nascesse all’interno del cervello, ora si sa che la parosmia è una combinazione di momenti che prendono il via nei segnali che dal naso risalgono verso il sistema nervoso e della decodifica degli stessi segnali in arrivo da parte di questo. Ovviamente, l’attenzione alle narici e alle vie olfattive fin dal loro punto di partenza (appunto i filuzzi olfattivi presenti nella parte alta del naso) potrebbe essere una chiave da esplorare, sia per capire come mai i recettori sono così “attenti” a percepire sensazioni poco gradite sia per interpretare più pienamente i sistemi di attivazione della risposta di disgusto che ci porta a stare lontani da un cibo. Non pensate infatti che questa reazione possa accadere solo con il caffè. Le esperienze di chi ha il naso particolarmente “fine” e soffre di parosmia dicono che anche pollo, aglio peperoni e cipolle possono scatenare il fastidio irrefrenabile.

Come lavora il nostro olfatto

La capacità di decodificare i segnali degli odori è ovviamente molto sviluppata nelle diverse persone, con alcune che riescono davvero a percepire sfumature che per altri sono insignificanti. Non per nulla che studia da sommelier o magari si trova a dare giudizi su piatti particolarmente prelibati deve prestare particolare attenzione all’olfatto. In teoria, l’essere umano potrebbe decodificare correttamente (le variazioni sono però estremamente ampie) qualche migliaio di odori diversi, con un sistema estremamente elaborato ma riducibile ad alcuni passaggi.

Tutto nasce dall’aria che inspiriamo (senza dimenticare che anche il gusto, in qualche modo, contribuisce a determinare la percezione olfattiva). Con l’aria entrano nelle narici molecole che interagiscono con alcuni milioni di neuroni sensoriali nell’epitelio olfattivo, capaci di legare gli stimoli odorosi. Questo “incontro” invisibile diventa poi un segnale elettrico che come tale viene riconosciuto dal cervello, attraverso ulteriori passaggi, fino al bulbo olfattivo (una specie di “stazione”) e alla corteccia olfattiva primaria. A quel punto, in pochi attimi, l’odore viene riconosciuto e classificato. Ovviamente se non sono presenti problemi come appunto la parosmia!