Emicrania: cos’è, come si riconosce e quali sono le cure

L'emicrania è una delle forme più comuni di cefalea: cosa la provoca, quanti tipi ci sono, quali sono i sintomi e le cure

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Per capire quanto può pesare nella vita di una persona, basta pensare ad una definizione che ben la rappresenta. È una malattia che non uccide ma che non fa vivere. L’emicrania, nelle sue varie forme, ha proprio questa caratteristica. Ed ha un impatto pesante sul benessere. Soprattutto per le donne, visto che nel sesso femminile il quadro è più frequente. Per affrontarla ci vuole attenzione.

E bisogna fare affidamento allo specialista, anche perché esistono profilassi e terapie che vanno prescritte con appropriatezza, caso per caso. Il fai da te può essere pericoloso per chi soffre di emicrania. Anche perché le cure sono presenti, ed altre si annunciano per il prossimo futuro. Assieme agli esperti, cerchiamo di comprendere cosa ci attende per affrontare questo tipo di mal di testa.

Tipologie di emicrania

In termini generali l’emicrania è una delle forme più comuni di cefalea. Ma non ha sempre le stesse caratteristiche, tanto che si possono distinguere fondamentalmente due tipi di emicrania: quella con aurea e quella senza.

  • L’emicrania senza aura. È quella più frequente: in essa rientrano circa l’80% degli episodi. È caratterizzata da attacchi di mal di testa frequenti – che possono durare da qualche ora a tre giorni – di solito unilaterali con dolore pulsante – d’intensità moderata o forte – che peggiora con l’attività fisica. Il paziente durante le crisi può manifestare intolleranza e fastidio alla luce e ai rumori e avere episodi di nausea o vomito. Irritabilità, malumore e depressione possono essere le spie d’allarme che segnalano l’inizio di una crisi. Nel sesso femminile, circa il 60% dei casi di emicrania senza aura l’insorgenza tende a essere circoscritta in un periodo vicino o sovrapponibile al ciclo mestruale.
  • L’emicrania con aura. È quella che un tempo veniva definita emicrania classica o complicata. Si tratta di una cefalea idiopatica che si caratterizza per la presenza di attacchi unilaterali con sintomi neurologici che normalmente si sviluppano 5-20 minuti prima dell’attacco e perdurano per non più di 60 minuti (aura). In questi casi la cefalea viene preceduta da disturbi visivi o magari da visione alterata della struttura degli oggetti. In altre varianti dell’aura si manifestano invece parestesie o ipoestesie unilaterali.

Quali sono le cause dell’emicrania?

La conoscenza dei fattori scatenanti è di fondamentale importanza affinché sia la cura, sia la prevenzione dell’emicrania risultino efficaci. Riuscire a mettere in relazione un determinato evento con il verificarsi di una crisi emicranica, infatti, permette di imparare a evitare o correggere eventuali comportamenti sconvenienti.

Lo stress – sia emotivo, sia fisico – rappresenta uno dei più importanti fattori scatenanti per l’emicrania. In questo caso, a differenza di quanto si verifica per la cefalea tensiva, gli attacchi di mal di testa si manifestano quando la situazione stressante che li ha provocati è ormai terminata.  Anche il cibo può essere un fattore scatenante. Abitudini alimentari scorrette, infatti, possono favorire gli attacchi di emicrania. Bere troppo vino, mangiare troppo cioccolato, rimpinzarsi di insaccati o di formaggi stagionati, sgranocchiare frutta secca sono tutti “peccati di gola” che possono indurre crisi emicraniche nei soggetti predisposti.

Possono scatenare l’emicrania anche alcuni fattori ambientali come le variazioni climatiche, l’altitudine, l’eccessiva esposizione al sole e l’inquinamento. Odori e rumori giocano anch’essi un ruolo importante. Un profumo troppo intenso o un rumore assordante possono funzionare da fattori scatenanti nelle persone predisposte.  Infine l’ereditarietà, soprattutto quando materna, è considerata uno dei principali fattori predisponenti.

I sintomi dell’emicrania

L’attacco di emicrania può essere associato a vari disturbi quali nausea, inappetenza, intolleranza al rumore (fonofobia), brividi, pallore e vomito. Altri sintomi, che interessano la capacità visiva e si manifestano con diversa entità, possono essere la riduzione del campo visivo e l’annebbiamento della vista.

Gli attacchi di emicrania inoltre a volte sono “preannunciati” da una serie di disturbi che si ripresentano con regolarità prima di ogni crisi: sono i cosiddetti sintomi prodromici. I principali sono: irritabilità, stanchezza, sonnolenza e tendenza a cambiare umore. Nel caso dell’emicrania con aura, gli attacchi sono “preannunciati” da una serie di disturbi che si ripresentano con regolarità prima di ogni crisi: si tratta dell’aura, che può dare disturbi visivi (offuscamento, perdita di parte del campo visivo, flash), alterazioni della sensibilità (formicolii alla mano) o di altro tipo (disturbi della coscienza, squilibrio).

Emicrania e mal di testa, quali sono le differenze

Le cefalee si distinguono in primarie e secondarie. Le prime sono tutte quelle che non dipendono da alcuna malattia in atto, cioè sono autonome e presentano dolori o disturbi locali e/o malessere generale. Di queste fanno parte:

  • L’emicrania. Si manifesta con un dolore pulsante di intensità media o forte, che può colpire una sola parte del cranio – ma può essere localizzato alla nuca o essere diffuso – della durata variabile da poche ore fino a tre giorni. Può essere preceduta da sintomi visivi chiamati aura (annebbiamenti della vista, comparsa di lampi colorati) e accompagnata da nausea, vomito, insofferenza alla luce (fotofobia) e ai suoni (fonofobia). Il mal di testa di tipo “emicranico” quasi sempre peggiora con l’attività fisica, anche lieve, come ad esempio camminare.
  • La cefalea tensiva. È un mal di testa che sorge lentamente e provoca un dolore oppressivo, a “casco”, che coinvolge tutta la testa. Questo a volte è accompagnato da nausea. Rispetto all’emicrania, l’intensità del dolore è minore. La cefalea tensiva può essere episodica o cronica, se il dolore è presente per più di 180 giorni all’anno o 15 al mese.
  • La cefalea a grappolo. Caratterizzata da un dolore intenso, simile a un coltello piantato dietro l’occhio, che penetra fino al cervello. Colpisce prevalentemente gli uomini e interessa un solo lato del volto. Il dolore può essere associato ad un arrossamento di un occhio, con lacrimazione e congestione nasale. Le crisi possono durare dai 15 ai 180 minuti, susseguirsi più volte al giorno e per periodi di 30-40 giorni consecutivi. Le rare donne che soffrono di cefalea a grappolo (chiamata anche la cefalea del suicidio) dichiarano che l’intensità del dolore è superiore a quella del parto.
  • Le cefalee secondarie, legate quindi alla presenza di una condizione che le spiega, vanno diagnosticate con attenzione. Possono dipendere ad esempio dall’ipertensione arteriosa, l’insufficienza epatica, renale o polmonare, le anemie, le intossicazioni acute o croniche, le malattie delle ossa e delle articolazioni del cranio e del collo (l’artrosi cervicale), le malattie degli occhi (come il glaucoma o lo strabismo) e del naso (le sinusiti), le malattie della bocca e dei denti (specie la carie), della gola (faringiti, bronchiti), delle orecchie (le otiti) e le difficoltà digestive. Abbastanza frequente è anche la cefalea da abuso di analgesici.

I soggetti più a rischio di emicrania

Come ha rilevato in occasione della settimana dedicata al Cervello, Gioacchino Tedeschi, Direttore della Clinica Neurologica, Università della Campania Luigi Vanvitelli, si conosce il meccanismo di azione degli anticorpi monoclonali diretti contro l’attore protagonista del dolore emicranico – il CGRP (peptide correlato al gene della calcitonina) – come ligando (fremanezumab, galcanezumab e in arrivo eptinezumba ad uso endovenoso) o contro il suo recettore (erenumab), né sulla loro elevata efficacia (tali da indurre una riduzione di almeno la metà del numero di giorni con emicrania al mese in circa il 70% dei pazienti), tollerabilità e sicurezza.

“Vorrei allacciarmi al discorso di come gli ormoni sessuali influenzino in maniera significativa l’emicrania e come questo tema abbia delle ripercussioni anche terapeutiche, in particolare per quanto riguarda gli anticorpi monoclonali – spiega l’esperto. L’emicrania mostra una prevalenza significativamente maggiore nelle donne (3 donne per ogni uomo affetto), soprattutto durante l’età riproduttiva quando le fluttuazioni ormonali legate alle mestruazioni rappresentano il trigger più comune per emicrania.

Infatti, oltre il 50% delle pazienti riferisce una maggiore evenienza di attacchi di emicrania durante la finestra perimestruale (-3 +2 rispetto al primo giorno di mestruo). Gli attacchi di emicrania mestruale sono costantemente indicati come più invalidanti, meno reattivi ai trattamenti sintomatici, più duraturi e più inclini alla ricaduta rispetto agli attacchi di emicrania non mestruale. L’evidenza suggerisce fortemente che le fluttuazioni degli estrogeni sono coinvolti nel peggioramento degli attacchi di emicrania durante la finestra perimestruale attraverso diversi meccanismi che coinvolgono, direttamente o indirettamente, il pathway del CGRP.

Si può prevenire l’emicrania?

“Bisogna sottolineare che quando si parla di “emicrania” ci riferiamo ad una patologia multifattoriale che risente considerevolmente di fattori in grado di scatenare gli attacchi di cefalea, mediante il raggiungimento di una “soglia emicranica” che dipende strettamente dalla combinazione di una predisposizione geneticamente determinata sulla quale si innestano numerosi fattori ambientali – spiega Tedeschi”.

I fattori scatenanti sono caratterizzati da una certa variabilità interindividuale, per cui un determinato evento può rappresentare un fattore scatenante per un paziente ma non per un altro, ma anche individuale, per cui, nello stesso paziente, un fattore scatenante può indurre lo sviluppo di un attacco di emicrania in un dato momento ma questo può non accadere un’altra occasione. Ciò può dipendere anche dalla possibilità che diversi fattori scatenanti si sommino tra loro agendo così in maniera sinergica. Infatti è noto che maggiore è il numero dei possibili fattori scatenanti più è facile che si raggiunga la “soglia” capace di indurre lo scatenamento degli episodi emicranici da parte di un cervello predisposto a generare attacchi di emicrania.

“In altri termini, oggi si è propensi a riconoscere l’emicrania come una patologia da “carico allostatico” laddove l’emicrania (con il suo meccanismo di “malattia” – sickness behaviour) rappresenta un tentativo di ristoro energetico del cervello che consenta di ristabilire quella condizione di equilibrio psicofisico definita omeostasi, ma che può tuttavia diventare “maladattativo” se si attiva troppo spesso o troppo presto – fa sapere l’esperto. È essenziale che il paziente emicranico sia educato a studiare e analizzare la propria emicrania per riconoscere i suoi personali fattori scatenanti e adottare delle strategie di difesa personali.

Questo significa che non è possibile immaginare una “ricetta” valida per tutti i pazienti emicranici ma soltanto una “ricetta” su misura per ciascun paziente emicranico. Se questo concetto non viene assimilato dal paziente emicranico il rischio è che possa adottare uno stile di vita caratterizzato da condotte di evitamento tali da inficiare la qualità di vita come, se non di più, rispetto all’emicrania. Recentemente è stato formulato il concetto di “trigger tyranny” o “tirannia dei trigger” per descrivere come la vita del paziente emicranico possa essere frustante e consumarsi nel tentativo di evitare tutto ciò che può scatenare un attacco di emicrania per il timore di incorrere in un nuovo attacco.

Senza dubbio, una volta identificato un trigger in grado di indurre in modo affidabile e ripetuto un attacco di emicrania subito dopo la sua esposizione, si può prendere in considerazione l’elusione definitiva (ad esempio evitare di bere alcolici) ma va sempre considerato l’impatto di tale strategia sulla qualità di vita del paziente, intesa non come mera assenza di episodi emicranici ma nella sua possibilità complessiva di godimento della vita stessa”.

È noto che i fattori scatenanti possono essere distinti in non-modificabili e modificabili. Fanno parte del primo gruppo le fluttuazioni ormonali che caratterizzano il ciclo mestruale, e i fattori climatici (vento umidità, caldo o freddo intensi) che non si possono evitare ma dai quali ci si può comunque difendere, alcuni contesti lavorativi o relazionali. Appartengono invece al secondo gruppo lo stress psicofisico, variazioni dei bioritmi del sonno e dei pasti (più o meno lunghi periodi di digiuno), determinati alimenti (glutammato, nitriti, tiramina, alcol) e ancora stimoli sensoriali intensi come luci e rumori forti o odori intensi.

Le evoluzioni delle cure per l’emicrania

Come segnala Tedeschi, bisogna che il grande capitolo dell’emicrania vada compreso meglio nei diversi sottotipi o meglio sottofenotipi le cui caratteristiche cliniche e putativamente biologiche e molecolari possono dare ragione, ad esempio, della percentuale di pazienti che rispondono poco o per nulla a farmaci diretti contro il CGRP.

Il campo delle terapie sembra in continua evoluzione, dopo la tossina botulinica, gli anticorpi monoclonali diretti contro il CGRP siamo in attesa che vengano resi utilizzabili i trattamenti con gepanti (le small molecules antagonisti del recettore del CGRP) che alcuni centri come il nostro hanno già utilizzato nel corso delle diverse sperimentazioni e utilizzano al momento per la terapia dell’attacco (ubrogepant per l’attacco – rimegepant e atogepant per l’attacco e per la prevenzioni) – fa sapere l’esperto.

Grande attesa anche per i farmaci diretti contro il recettore della serotonina 5HT-1F (i ditani) che sembrerebbero aprire la strada al trattamento specifico degli attacchi anche in quei pazienti che non possono assumere triptani per patologie cerebro-cardiovascolari (al momento a nostra disposizione solo il Lasmiditan). Sono necessari ulteriori studi, soprattutto di real-life, che confermino gli ottimi risultati degli studi registrativi e che ci informino su quali pazienti risponderanno meglio ai vari trattamenti, se sarà possibile pensare ad un effetto terapeutico additivo tra i vari farmaci in senso di efficacia ma che si dimostrino allo stesso tempo tollerabili e sicuri”.

Emicrania, i risultati del Congresso della società Italiana di Neurologia (SIN) 2023

L’emicrania, nelle sue diverse forme, può diventare un compagno di viaggio davvero sgradevole da avere a fianco. Per fortuna la scienza sta trovando sempre nuovi approcci curativi e preventivi delle crisi, come confermano gli esperti presenti al Congresso della società Italiana di Neurologia (SIN) in corso a Napoli.

Se siete abituati a considerare la cefalea un disturbo, dovrete cambiare idea se parlate di vera e propria emicrania. Lo ricorda Gioacchino Tedeschi, Direttore Clinica Neurologica e Neurofisiopatologia presso l’AOU Università della Campania “Luigi Vanvitelli” di Napoli, oltre che Presidente del Congresso. “L’emicrania non è un sintomo ma una malattia neurologica caratterizzata dalla tendenza alla produzione di attacchi caratteristicamente costituiti da dolore severo, di tipo pulsante, accompagnato da sintomi di ipersensibilità neurosensoriale (come il fastidio per le luci ed i suoni) e sintomi neurovegetativi (quali la nausea ed il vomito) – fa sapere l’esperto”.

Di certo, a fronte di queste indicazioni dal mondo scientifico, c’è un altro dato. Si può parlare di emicrania come di patologia di genere. La prevalenza, stando agli esperti, è pari al 12% della popolazione mondiale. Ma se si vanno a valutare i giovani, l’emicrania rappresenta un problema anche fino al 27% delle donne in età fertile. Il che significa che almeno una ragazza su quattro deve fare i conti con il problema, seppur con modalità ed intensità diverse. Anche per questo, forse, l’OMS considera l’emicrania la patologia più disabilitante per numero di anni persi a causa della malattia.

Quanto pesa sul benessere e sulle “tasche”

Questo quadro epidemiologico ovviamente incide pesantemente non solo sulla qualità di vita delle pazienti e di chi vive con loro, ma anche sul fronte economico. “Il quadro comporta gravi ripercussioni sulla vita dei pazienti che ne soffrono anche in considerazione della predilezione dell’emicrania per la popolazione giovane-adulta, epoca in cui gli individui sono al massimo della loro realizzazione lavorativa, professionale ed affettiva – segnala Tedeschi. Ma l’emicrania non ci mette di fronte solo ad un impatto personale della patologia ma anche a riverberi economici che, in Europa, possono arrivare a cifre intorno ai 30 miliardi di euro all’anno, la maggior parte indiretti legati ad esempio alla ridotta produttività, all’assenteismo o al presenteismo, quest’ultimo inteso come la presenza poco produttiva sul luogo di lavoro”.

L’importante di affrontare la situazione nel modo giusto

Occorre una migliore gestione della malattia emicranica anche attraverso trattamenti più efficaci capaci di rappresentare una rivoluzione rispetto alle vecchie terapie preventive a cui siamo stati abituati (sostanzialmente mutuate da altre indicazioni come antidepressivi, antiepilettici, antipertensivi) e spesso causa di eventi avversi che causano l’interruzione del trattamento in 8 pazienti su 10 nell’arco di un anno. “Fortunatamente, in questi anni il nostro armamentario terapeutico si è arricchito: oltre all’impiego della tossina botulinica che si è dimostrato altamente efficace nella prevenzione dell’emicrania cronica possiamo oggi contare su di una nuova classe di farmaci, i cosiddetti anticorpi monoclonali anti-CGRP, molecole altamente tollerabili e sicure a somministrazione sottocutanea (a cadenza mensile o trimestrale a seconda delle diverse molecole) o endovenosa (a cadenza trimestrale) – ricorda Tedeschi. Tali molecole sono capaci, in tempi brevi, di dimezzare il numero di giorni di emicrania in circa il 70% dei pazienti fino ad arrivare, in una piccola ma non trascurabile percentuale di pazienti, alla completa scomparsa degli episodi emicranici”.

Le novità nella cura nel 2023

Anche nell’ambito del trattamento degli attacchi di emicrania durante il congresso sono emerse delle novità terapeutiche. “Tra questi vanno menzionati sia i ditani (lasmiditan) che potremmo definire una sorta di “evoluzione” dei noti triptani sia in termini di efficacia che di sicurezza (soprattutto in pazienti con comorbilità cardiovascolari) che i gepanti (quali rimegepant, e a breve l’atogepant), “piccole molecole” che agiscono sul recettore del CGRP e che, ancora una volta, sono risultati, sia dagli studi registrativi che dalle prime esperienze di real-life, caratterizzati da elevata efficacia e pressoché privi di effetti avversi  conclude l’esperto.

Inoltre, i gepanti promettono di costituire una sorta di rivoluzione nell’approccio terapeutico ai pazienti emicranici in quanto potranno essere posizionati oltre che come terapia dell’attacco anche come terapia preventiva e, almeno da quanto emerso dagli studi preclinici, sono caratterizzati da una minore tendenza a indurre quei fenomeni di sensitizzazione centrale che sottendono la cronicizzazione dell’emicrania”.

Fonti bibliografiche

Società italiana di neurologia

Associazione Neurologica Italiana per la Ricerca sulle Cefalee, ANIRCEF

Emicrania, una malattia di genere, a cura dell’Istituto Superiore di Sanità Centro di Riferimento per la Medicina di Genere