Morte in culla, cosa sappiamo dalla SIDS: la storia di Kathleen Folbigg

La SIDS è la principale causa di morte nel primo anno di vita. A che punto è la ricerca e la drammatica vicenda di una mamma australiana

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

È uno degli eventi più drammatici, la morte in culla o SIDS. La sigla inglese sta per Sudden Infant Death Syndrome. Questa condizione rappresenta nei Paesi industrializzati la principale causa di morte nel primo anno di vita, escludendo le patologie congenite. Le diverse casistiche riportano un minimo di 0,5 nati vivi ogni mille che può andare incontro al problema, che si presenta più spesso tra i due e i quattro mesi.

La drammatica storia di Kathleen Folbigg

Il decesso può avvenire sia di giorno che di notte, magari anche sul passeggino o tra le braccia di mamma e papà. Ebbene, pensate cosa può accadere ad una mamma che si sente accusare di aver ucciso i suoi figli e che, grazie alla ricerca, viene sostanzialmente scagionata dall’accusa per le sue due figlie. Eppure sta accadendo proprio questo a Kathleen Folbigg, la mamma australiana accusata di avere soppresso i suoi quattro figli in culla e perciò indicata dai media come “la peggiore serial killer d’Australia”, grazie al contributo degli scienziati sta per essere scagionata dalla terribile accusa che l’ha condannata a 40 anni di reclusione.

Un ruolo determinante nella complessa vicenda è internazionalmente riconosciuto a Peter Schwartz, Direttore del Centro per lo Studio e la Cura delle Aritmie Cardiache di Origine Genetica e del Laboratorio di Genetica Cardiovascolare di Auxologico Irccs. Lo studioso sostiene da 4 anni, assieme ad altri 150 scienziati tra cui anche 9 premi Nobel, che 2 delle morti improvvise dei quattro bimbi di Kathleen Folbigg possa essere spiegato non con un suo atto criminale, bensì con una mutazione genetica che ha causato l’evento fatale.

La chiave in un gene

Il responsabile del dramma, il killer silenzioso che ha portato a morte le due bambine, sarebbe una mutazione sul gene denominato CALM2. Spiega Schwartz: “L’importanza della Calmodulina, una proteina che controlla la concentrazione di calcio nelle cellule, è dimostrata dal fatto eccezionale che l’uomo ha ben tre geni che la codificano in modo identico. Le mutazioni sui geni della Calmodulina causano la calmodulinopatia, una malattia genetica estremamente rara. Le mutazioni sul gene CALM2 influiscono sulla trasmissione del segnale elettrico nel cuore: nel 2013 abbiamo scoperto e pubblicato che mutazioni su questo gene possono provocare morte improvvisa nei bambini, soprattutto in quelli molto piccoli, spesso con una presentazione clinica simile a quella della Sindrome del QT Lungo”.

Quando la ricercatrice australiana Carola Viñuesa scoprì nelle due bambine Folbigg e nella madre la mutazione sul gene CALM2 chiese aiuto a Schwartz proprio per la sua esperienza unica al mondo nella sindrome del QT lungo. Sulla base di quanto è poi seguito il giudice australiano ha nominato Schwartz come esperto alla riapertura del processo. La condanna di Kathleen Folbigg risale al 2003. In questi venti anni la ricerca genetica ha fatto notevoli progressi, tali anche da individuare mutazioni su geni noti e non noti, come la mutazione che avrebbe portato a morte improvvisa le due piccole Folbigg.

Tra il 2018 e 2019 ci fu una prima riapertura parziale del caso, ma in quell’occasione il giudice non era riuscito a superare lo scoglio del principio secondo cui “quattro morti improvvise nella stessa famiglia sono prova di omicidio”. Va aggiunto che esiste una possibile spiegazione medica anche per la morte dei due maschietti: l’insieme delle 4 morti ha però portato i giudici e l’opinione pubblica a condannare la madre, nonostante la mancanza di qualunque prova.

L’impegno dello studioso

“Nel 2015 insieme a  Lia Crotti, Direttore della U.O. di Riabilitazione Cardiologica di Auxologico San Luca, abbiamo creato un registro internazionale di tutte le mutazioni sui geni della calmodulina e oggi abbiamo dati su 140 pazienti. Nel nuovo processo questi dati sono stati essenziali per far capire al giudice come queste mutazioni siano compatibili con quanto successo nella famiglia Folbigg. Io, da scienziato, non so se Kathleen Folbigg sia colpevole o no, ma posso affermare che la morte nel sonno delle due bambine è perfettamente spiegata da quanto abbiamo scoperto e capito delle mutazioni sui geni della calmodulina”. Nel 2021 Schwartz e altri 26 esperti hanno pubblicato un articolo scientifico su Europace sul caso di Sydney concludendo: “la presenza di quella mutazione emerge come una spiegazione ragionevole per la causa naturale di quelle morti”.

Le possibile cause della SIDS

La scienza non ha ancora definito con certezza in ogni caso le cause della SIDS. Si tende probabilmente a pensare che si tratti di un insieme di concause che, con peso diverso, possono intervenire nel determinare il quadro. Ci sono alcuni studiosi che riportano la possibilità che la causa principale della morte in culla sarebbe da ricercare in specifiche anomalie del cervello, con un mancato controllo dei ritmi del sonno e della veglia, ma l’attenzione si sta concentrando soprattutto sull’attività cardiaca.

Negli anni scorsi è stata dimostrata la presenza di una anomalia genetica come possibile causa di una percentuale di casi di “morte in culla”, l’ allungamento patologico di un intervallo elettrico del cuore, chiamato tratto QT. Se questo spazio sul tracciato elettrocardiografico è allungato oltre i valori di normalità  è aumentato il rischio di un’aritmia grave. Come se non bastasse, c’è chi concentra l’attenzione su possibile alterazioni dei sistemi di controllo della pressione e della respirazione, oltre che situazioni ambientali come la posizione assunta nel sonno, le ripetute infezioni delle vie respiratorie o anche meccanismi ormonali ancora da definire precisamente.

Ciò che più conta, comunque, è sapere che si tratta di un evento unico e che gli esperti, fatte le dovute analisi, possono escludere in molti casi problemi per i futuri figli. Conoscere le cause della SIDS e sapere che in futuro si potrà portare avanti una gravidanza serena con un bebè sano,  probabilmente, per mamma e papà, non è sufficiente a lenire il dolore del momento, ma può dare una spiegazione per il futuro.

Chi è più a rischio e come prevenire

Il fumo di sigaretta, già in gravidanza, può essere un nemico per la salute ed addirittura viene considerato un possibile fattore di rischio per la SIDS. Stando a quanto riportano le statistiche dei Centri per il Controllo delle Malattie (CDC) negli Usa, l’esposizione a fumo nel corso della gravidanza triplica il rischio di questo evento e quella a fumo passivo nei primi mesi di vita lo raddoppia. Allo stesso modo occorre prestare particolare attenzione alle infezioni respiratoria nei neonati e ai piccoli di basso peso alla nascita o nati prematuramente. Per tutti, ma in particolare per loro, valgono alcune regole di prevenzione che si possono così riassumere:

–         Nei primi mesi di vita il piccolo deve dormire sulla schiena. Non si deve farlo riposare a pancia in giù o su un fianco.

–         Il neonato dovrebbe riposare sempre su un materasso rigido, meglio senza cuscino.

–         Il piccolo non deve dormire nel lettone dei genitori. La vicinanza a mamma e papà va limitata ai momenti in cui il bimbo è sveglio o ha bisogno di coccole.

–         Il bambino non va coperto eccessivamente, né tenuto in ambienti eccessivamente caldi. La temperatura ambientale giusta è tra i 18 e i 20 gradi.

–         Il fumo aumenta il rischio, sia da parte della madre in gravidanza sia come fumo passivo. Per questo anche il bimbo appena nato non dovrebbe soggiornare in ambienti in cui ci sono fumatori.

–         L’allattamento e il ciuccio possono aiutare nella prevenzione: la suzione aiuta a tenere libere le vie respiratorie.