Cuore di donna, le patologie più comuni che possono intaccarne la salute

Il cuore di donna è più fragile e non solo con la menopausa. Dall'infarto all'ischemia: patologie, rischi, prevenzione e cure

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Il cuore di donna è più fragile. Ed è anche più difficile da ascoltare perché spesso non dà segnali di sofferenza. In particolare, è ad alto rischio di quella che viene chiamata INOCA (ischemia senza coronaropatia ostruttiva). Si tratta di un problema poco conosciuto, poco indagato, e ancora meno diagnosticato e trattato.

Il cuore femminile, perfino nelle più giovani, a volte ha già avuto infatti piccole ischemie, senza che ci siano le classiche coronarie ostruite, tipiche dell’infarto degli uomini di mezza età: il 50-70% di chi ha doloretti al petto e piccoli infarti visibili all’angiografia è una donna, con fattori di rischio cardiovascolari classici e non, con uno stato infiammatorio generale che può essere conseguenza di fattori più frequenti al femminile come stress, disturbi dell’umore, fumo o malattie autoimmuni, oppure una conseguenza della menopausa. A dirlo sono gli esperti della Società Italiana di Cardiologia Interventistica (GISE) durante il convegno “GISE Women. Complex clinical scenarios in interventional cardiology: what is the role of gender medicine?”, tenutosi a Firenze.

Infarto cardiaco nelle donne, i numeri

“Di questo fenomeno non abbiamo ancora dei numeri chiari perché fino a poco tempo fa questo aspetto della cardiopatia ischemica era ancora sottovalutato – spiega Battistina Castiglioni, direttore del Dipartimento CardioToracoVascolare e direttore SC Cardiologia a indirizzo d’urgenza ASST Sette Laghi di Varese. I dati macro mondiali ci dicono però che la quota di INOCA E MINOCA possa essere rilevante. Abbiamo quindi iniziato a mappare questi fenomeni per avere i dati precisi, come è peraltro nello spirito del GISE. Detto questo infarto e ictus restano tuttora più spesso causa di morte nelle donne rispetto agli uomini, eppure la consapevolezza del rischio cardiovascolare femminile è scarsa. L’infarto ha un ritardo di 10 anni nelle donne rispetto agli uomini, ma la mortalità è più alta così come le complicanze, che per il 90% colpiscono proprio le donne”.

“Negli uomini la causa dell’infarto, che si presenta spesso con il classico dolore toracico oppressivo che si irradia al braccio, è spesso un’occlusione delle coronarie – aggiunge Giovanni Esposito, professore di cardiologia alla Federico II di Napoli e presidente nazionale GISE.

Nelle donne invece è frequente una patologia cardiaca più ‘silenziosa’, che può non dare segno evidente di sé perché i sintomi sono meno tipici e che soprattutto non dipende dall’avere le coronarie occluse. Si è verificato che nel 70% dei casi di angiografia eseguita per indagare un’angina pectoris, ovvero il dolore al petto che è uno dei sintomi più frequenti di infarto, non c’è una coronaropatia classica con occlusione delle arterie che portano il sangue al cuore ma ci sono i segni di ischemia cardiaca, ovvero c’è un’ischemia INOCA, senza coronaropatia ostruttiva: ebbene, dal 50 al 70% di questi pazienti che hanno avuto piccoli infarti e manifestano solo dolore toracico, senza una coronaropatia ostruttiva sottostante, sono donne. I

Ischemia con coronaropatia non ostruttiva, cause e sintomi

I sintomi riferiti dai pazienti INOCA sono molto eterogenei e sovente indicati come di origine non cardiaca, con conseguente sotto-diagnosi o diagnosi errata e trattamento inadeguato. “I meccanismi fisiopatologici di INOCA sono multipli e includono lo spasmo epicardico e la disfunzione microvascolare – riprende Esposito. È importante considerare che la patologia non è innocua: rispetto alla popolazione generale, INOCA è associata ad una aumentata incidenza di eventi avversi cardiovascolari, ri-ospedalizzazioni, calo della qualità di vita e ingenti costi per i servizi sanitari”.

“In queste pazienti, nelle quali spesso l’unico sintomo che porta ad approfondire è l’angina, le coronarie sono compromesse e ci sono alterazioni microvascolari coronariche – continua Alaide Chieffo, cardiologa all’Unità di Emodinamica e Cardiologia interventistica dell’Ospedale San Raffaele di Milano –. Queste alterazioni del microcircolo sono più comuni nelle donne giovani, mentre le più anziane condividono con gli uomini la natura occlusiva degli infarti. Le anomalie coronariche dipendono da fattori di rischio più comuni al femminile come il fumo, più frequente proprio nelle donne giovani; l’ipertensione, che spesso si sviluppa già in gravidanza e con l’andare degli anni è più comune al femminile; l’ipercolesterolemia, che aumenta dopo la menopausa così come la sindrome metabolica.

Alla base è possibile vi sia un incremento dell’infiammazione dei vasi, che oltre a essere più frequente dopo la menopausa è anche indotta dalle malattie autoimmuni, che a loro volta colpiscono di più le donne; inoltre, lo stress psicosociale e i disturbi dell’umore concorrono ad aumentare le anomalie microvascolari coronariche e sono molto diffusi fra le donne. Senza contare patologie come la dissezione coronarica, che è più comune nella donna e specialmente in pazienti giovani nel peripartum ed è la principale causa di infarto miocardico nelle giovani donne”.

La sindrome di Tako-Tsubo

Avete presente la forma di una cesta in cui i pescatori giapponesi raccolgono i polpi? Probabilmente no. Ebbene, immaginate un “palloncino” e sappiate che è proprio quella la trasformazione anatomica che subisce il cuore quando viene colpito dalla sindrome di Tako-Tsubo, descritta per la prima volta alla fine del secolo scorso, che oggi potremmo definire malattia cardiaca da “crepacuore”. Un’altra cosa che forse non sapete è che a soffrire di questo quadro, che si manifesta spesso con i segni classici dell’infarto a partire dal forte dolore che dal petto si irradia verso la gola e le spalle, sono le donne.

Mediamente, solo in circa un caso su dieci l’attacco di crepacuore compare nei maschi.  Tecnicamente, sia chiaro, i cardiologi non parlano di crepacuore. Sarebbe un po’ riduttivo, anche se il termine esprime bene la correlazione tra un evento altamente stressante e negativo, come ad esempio un lutto, e la reazione del cuore. Per gli esperti il nome del quadro è più complesso: “cardiomiopatia da stress”.

Il problema è che pensare all’infarto è quasi irrinunciabile, e non solo per i sintomi classici dell’attacco di cuore. Perché dopo la corsa al pronto soccorso – non dimenticate mai quanto è importante arrivare presto in ospedale perché il “tempo è cuore” e più passano le ore tanto minori sono le possibilità di salvare una vita o di limitare i danni della mancanza di ossigeno al muscolo – l’elettrocardiogramma presenta onde che fanno pensare proprio all’ischemia cardiaca. E, come se non bastasse, anche gli esami del sangue che rilevano gli enzimi potenzialmente alterati quando muoiono le cellule cardiache possono risultare positivi. Quindi, con un esame diagnostico sulle arterie coronariche, ci si accorge che manca quel “blocco” della circolazione che giustificherebbe la carenza di ossigeno alle cellule cardiache. Insomma: il crepacuore è per certi versi ancora un mistero, tutto al femminile.

Cuore di donna, a cosa prestare attenzione

Oltre ad interessare soprattutto il gentil sesso, il crepacuore (ovviamente non psicologico ma fisico) tende a manifestarsi in particolare dopo la menopausa. Il motivo è semplice: prima della discesa del tasso degli estrogeni nel sangue, proprio questi ormoni lavorano come un vero e proprio “scudo” protettivo per il cuore. Ed allora, che sia crepacuore con un possibile ritorno alla normalità dopo qualche settimana (ma non accade sempre) o si tratta di un vero infarto, bisogna tenere presente che ci sono situazioni che mettono a rischio il cuore femminile e che non iniziano certo con il periodo che porta alla fine della vita fertile.

Ad esempio, se si è sofferto di diabete durante la gravidanza, se si porta il fardello di malattie croniche infiammatorie o di patologie autoimmuni, che in pratica mantengono “accesa” l’infiammazione perché il sistema difensivo sbaglia e produce anticorpi contro cellule o tessuti dello stesso organismo, se ci sono stati diversi aborti il cuore va preservato con attenzione se possibile maggiore.

Come? Con la prevenzione, che significa muoversi regolarmente, stare attente a tavola seguendo le regole della dieta mediterranea, controllare il peso e la pressione, dare un’occhiata ogni tanto ai valori della glicemia e del colesterolo. E poi, ricordate di dire stop al fumo, fin da giovani. Una ricerca apparsa su American Journal of Cardiology condotta dagli scienziati dello Sheffield Teaching Hospitals NHS Foundation Trust insieme all’Università di conferma che il rischio relativo di avere un infarto in chi fuma è risultato più elevato nelle femmine rispetto ai maschi, in particolare con l’avvento della menopausa.

Ma dice anche che il maggior incremento del rischio si è avuto nelle donne che hanno detto di aver fumato tra i 18 e i 49 anni. Per loro il rischio di sviluppare la forma più grave di infarto è cresciuto addirittura di tredici volte rispetto alle pari età che non accendevano sigarette. E non dimenticate il monito finale, valido per tutte. Se il cuore lancia l’allarme con un forte dolore (a volte nella donna può ingannare, con sintomi più “misteriosi”), fate presto ad andare in ospedale. Se poi sarà la sindrome di crepacuore o altro, ve lo diranno i medici.

 I rischi specifici il cuore della donna

Il cuore della donna è diverso da quello maschile. E se è vero che in età giovanile normalmente esiste la protezione degli ormoni tipici della vita fertile quando si è giovani, è altrettanto innegabile che col passare del tempo l’infarto tende a manifestarsi sempre di più nel sesso femminile. E non è certo l’unica lesione cui fare attenzione. Lo ricorda il documento The Lancet Women and Cardiovascular Disease Commission, che pone l’obiettivo di ridurre l’incidenza delle malattie cardiovascolari nella popolazione femminile a livello globale entro il 2030, partendo dal fatto che a tutt’oggi ne rappresentano la prima causa di mortalità.  Le ricerche più recenti mostrano chiaramente come esistano elementi cui prestare particolare attenzione, in termini di possibile rischio.

Parlando di elementi di pericolo, ad esempio, il ruolo del fumo di sigaretta nella definizione del rischio cardiovascolare appare diverso nel sesso femminile: per le donne basterebbe infatti fumare un terzo delle sigarette dell’uomo per essere esposta al medesimo livello di rischio. Ancora: nelle donne sono più frequenti, parlando in termini generali, le malattie autoimmuni, legate ad una sorta di “errore” del sistema difensivo che si scatena nei confronti di parti dell’organismo, come avviene in caso di artrite reumatoide. Ebbene, queste condizioni inducono uno stato di infiammazione cronica generalizzata che può ripercuotersi anche su cuore e vasi.

Ancora: chi entra precocemente in menopausa può presentare un rischio cardiovascolare superiore rispetto a chi invece ha una menopausa tardiva. La sindrome dell’ovaio policistico può compromettere la salute cardiovascolare delle donne in età giovane tra i 30 e 40 anni, che presentano un rischio più alto (del 19%) rispetto alle coetanee che non hanno disturbi ovarici, essendo più soggette a sovrappeso/obesità, ipertensione, diabete, dislipidemia e sindrome metabolica.

Infine, chi ha sofferto gestosi e di ipertensione durante la gravidanza presenta un rischio molto più elevato di far fronte a problemi cardiovascolari, così come accade a chi ha sviluppato diabete nella dolce attesa. Si tratta solo di esempi, che però definiscono l’importanza di una cardiologia su misura per la donna.

Quanto pesa sul cuore femminile un lavoro poco soddisfacente

Tutti abbiamo bisogno di essere riconosciuti, per quello che facciamo ogni giorno. Sul lavoro, in casa, nel tempo libero, in famiglia è fondamentale che ogni persona trovi un proprio spazio in cui si realizza. Altrimenti non corre rischi solo il sistema nervoso, ma anche la salute del cuore. A segnalarlo, indicando che si tratta di un rischio da non sottovalutare per il benessere della donna di mezza età, è una ricerca dell’Università di Pittsburgh, pubblicata su Journal of American Heart Association.

Conosciamo tutti i “nemici” del cuore, anche se molti non danno segni della loro presenza, come l’ipertensione o il colesterolo “cattivo” o LDL o il diabete. E sappiamo che il mancato controllo del peso corporeo, l’alimentazione impropria che si distacca dalle linee della dieta mediterranea, la scarsa attività fisica e il fumo di sigaretta concorrono ad aumentare i pericoli. Lo stress, in questa dinamica, può avere un peso importante. Ed è proprio sul versante psicologico ed emotivo che si è concentrato lo studio americano, andando ad analizzare se il giusto “riconoscimento” del ruolo sociale della donna, sia essa lavoratrice o impegnata solamente in famiglia o debba accudire i genitori anziani, poteva impattare sul rischio cardiovascolare e quindi sul possibile sviluppo di un infarto.

L’analisi ha preso in esame una popolazione di donne adulte, tra i 42 e i 61 anni, valutando da un lato la gratificazione per la vita che stavano facendo e dall’altro il profilo di rischio cardiovascolare, misurato attraverso una serie di parametri: indice di massa corporea, pressione arteriosa, valori di colesterolo e glicemia, movimento regolare, alimentazione e fumo di sigaretta. È a questo punto che emerge una stretta correlazione tra il riconoscimento della propria figura al lavoro, in casa e nella vita sociale, zucchero nel sangue, livelli di colesterolo, attività fisica, dieta e fumo.

Infatti, le donne che si sentivano “riconosciute” perché avevano ruoli gratificanti in ambito familiare e sociale svolgevano regolarmente un’attività fisica impegnativa per almeno due ore la settimana e avevano un 30 per cento in più di non fumare. Come se non bastasse, ad ogni punto in più di stress da mancata gratificazione saliva del 13 per cento il rischio di mantenere controllata la pressione arteriosa, del 10 per cento il rischio di avere un indice di massa corporea superiore a 30, quindi indicativo di obesità, e quasi il 20 per cento di rischio in più di seguire un’alimentazione corretta e salutare. Lo studio, ovviamente, è solo osservazionale quindi non permette di risalire ad un preciso rapporto causa/effetto. Ma indica comunque una traiettoria pericolosa, che deve passare attraverso un giusto riconoscimento del ruolo della donna, sia sul lavoro che in famiglia.

Contrastare lo stress per aiutare il cuore

Le buone abitudini sono una sorgente di salute per tutta la vita. Ma ci sono fasi in cui possono risultare particolarmente utili, come appunto quella della transizione verso la menopausa, quando il rischio cardiovascolare appare in aumento visto che progressivamente viene a mancare la “protezione” degli ormoni estrogeni. Si tratta quindi di una fase delicata per il cuore, in cui una regolare attività fisica e sane abitudini di vita possono davvero fare la differenza. Affrontare nel modo giusto lo stress, rivendicando il proprio ruolo fondamentale nel lavoro e nella famiglia, può quindi diventare uno strumento utile per preservare non solo la psiche, ma anche cuore ed arterie.

Fonte bibliografica

Fondazione italiana per il cuore

Cardiopatie nella donna. Focus sulle patologie genere-specifiche, a cura di C. Campana, 2019, Medico e paziente