Non ci sono particolari motivi di allarme. Partiamo da questa nota tranquillizzante, che viene dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, quando parliamo dell’ultima variante in ordine di tempo per il virus Sars-CoV-2, responsabile di Covid. È stata chiamata in gergo giornalistico Stratus e arriva subito dopo Nimbus, come frutto del rimescolamento di due particolare linee virali, ovvero LF.7 e LP8.1.2.
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Come si manifesta e quanto preoccupa
Va detto che per il momento Stratus, definito in termini scientifici XFG, non desta preoccupazioni particolari. I sintomi sembrano limitarsi soprattutto all’apparato respiratorio alto, tanto che la raucedine pare diventata un potenziale segno dell’infezione, assieme ai più classici mal di gola con tosse.
Attualmente, in ogni caso, non ci sono differenze rispetto alle varianti che si sono succedute negli ultimi mesi per gravità e soprattutto per possibile risposta alle vaccinazioni. Al momento l’OMS prevede che quelli approvati vengano infatti considerati efficaci.
In ogni caso Stratus viene reputata una variante “sotto monitoraggio” ad ulteriore riprova dell’attenzione che la scienza continua a prestare nei confronti del virus Sars-CoV-2 e delle sue mutazioni. Sul fronte genetico, XFG presenta variazioni rispetto a JN.1 e Nimbus, con caratteristiche diverse per la proteina Spike.
Si sospetta che queste mutazioni possano aiutare la “fuga” del virus dagli anticorpi che l’organismo ha a disposizione per difendersi. Si può quindi temere che la risposta possa essere inferiore, ma si tratta solo di un’osservazione preliminare e comunque l’OMS fa sapere che il profilo del ceppo non appare particolarmente problematico.
Speranze per il Long-Covid
Nel frattempo, proseguono gli studi per capire come le persone possano avere sintomi di Long-Covid a distanza e come affrontare questa situazione. In pratica, grazie alla ricerca una proteina virale del virus SARS-CoV-2 è stata colta in flagrante mentre marcava cellule sane, inducendo il sistema immunitario a distruggerle come se fossero infette.
Ma a fronte di questo effetto si è visto che un farmaco di uso comune, l’enoxaparina, potrebbe influire su questo meccanismo. Il che fa sperare in un miglior controllo della situazione a distanza in chi presenta sintomi di Long-Covid.
Lo studio è stato condotto da esperti dell’Università Ebraica di Gerusalemme ed è stato pubblicato su Cell Reports. In pratica la ricerca rivela un altro meccanismo con cui il virus SARS-CoV-2 può disorientare il sistema immunitario, causando l’attacco di cellule sane, semplicemente perché sono state marcate da una proteina virale. In pratica, quindi, si crea una reazione che rende irriconoscibile il patrimonio cellulare dello stesso organismo, scatenando una reazione sbagliata. Ma i ricercatori hanno anche scoperto che il farmaco enoxaparina, un anticoagulante comunemente usato, può impedire alla proteina virale di attaccarsi alle cellule sane.