L’infezione da Sars-CoV-2, che nelle sue diverse varianti provoca Covid-19, ha cambiato molto nella nostra vita di ogni giorno. E per quanto si tenti di tornare a una “nuova” normalità con un graduale ritorno ai comportamenti pre-Covid, anche sul fronte delle infezioni virali di stagione la situazione appare complessa.
Così, in una stagione che vedrà Covid-19 affiancarsi all’influenza, con una maggior circolazione dei virus influenzali, anche gli italiani cambiano le loro abitudini. Più di uno su quattro, in presenza dei classici sintomi influenzali, ritiene di dover contattare immediatamente il proprio medico di medicina generale. Ma in questa sorta di ritorno al passato, crescono rispetto allo scorso anno i favorevoli a riposo e ricorso ai farmaci di automedicazione, con contatto medico solo se necessario (45,6%). A dirlo è la ricerca condotta da Human Highway per Assosalute.
Perché l’influenza preoccupa
Secondo Fabrizio Pregliasco, Professore Associato del Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute dell’Università degli Studi di Milano e Direttore Sanitario Aziendale dell’IRCCS Ospedale Galeazzi – Sant’Ambrogio di Milano, “si stima che i casi in Italia possano arrivare a 6 o 7 milioni. Un dato in crescita rispetto agli scorsi anni, come dimostrano anche le osservazioni sull’emisfero australe, dove l’influenza è in corso. Dobbiamo poi considerare l’aumentata quantità di virus respiratori e la minore esposizione della popolazione a microorganismi patogeni come virus e batteri negli ultimi due anni, da ricondurre alle restrizioni sociali adottate nelle stagioni precedenti, che ha non solo ridotto la diffusione del SARS-CoV-2, ma anche quella degli altri virus influenzali”.
Il problema è che in questo quadro sicuramente non proprio tranquillo, anche Sars-CoV-2 è destinato a circolare, anche se avrà sempre più difficoltà a diffondersi, considerando sia l’alta quota di persone che hanno già contratto il Covid-19 che coloro che si sono vaccinati. Secondo Pregliasco “assisteremo a un andamento ondulante della curva epidemiologica: questo sia a causa della rapidità con cui si diffondono le varianti, sia a causa della presenza (o assenza) di vaccinazioni o di casi di malattia recente (ovvero chi si è negativizzato da poco)”.
Importante, in ogni caso, è riconoscere la “vera” influenza. E non è facile, vista la sovrapposizione di sintomi e segni con Covid-19. Classicamente si riconosce per febbre con temperatura elevata, a comparsa brusca, sintomi respiratori o bruciore agli occhi e almeno un sintomo extra respiratorio (come dolori muscolari, mal di testa, spossatezza, etc.).
Puntiamo sulla vaccinazione
Secondo Claudio Cricelli, presidente della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG), non si deve abbassare la guardia.
“Il SARS-CoV-2, soprattutto nelle varianti Omicron, non è più benigno rispetto a quanto visto con le altre varianti. Viene infatti intercettato nelle vie aeree superiori, mentre le inferiori vengono protette grazie alla vaccinazione.”
Circa 4 italiani su 10 dichiarano di voler ricorrere alla vaccinazione antinfluenzale, con una propensione che raggiunge i livelli massimi tra gli over 65, dove 2 su 3 intendono vaccinarsi. Permane, tuttavia, tra gli intervistati la convinzione che la vaccinazione sia inutile: lo crede ancora il 42% della popolazione, perché afferma di ammalarsi raramente e con sintomi lievi.
Il vaccino resta però fondamentale: secondo gli esperti “l’influenza è comunque una patologia aggressiva e debilitante che resta indipendente dal Sars-CoV-2. Grazie alla presenza dei tamponi diagnostici, ad oggi, siamo in grado di misurarne la contagiosità, ma seguendo quello che ci riportano i dati dell’emisfero australe e considerando il livello ridotto delle difese immunitarie degli ultimi due anni (nei quali siamo stati poco esposti ai virus influenzali), la protezione attraverso la somministrazione del vaccino resta fondamentale”.