Così la stimolazione elettrica del cervello aiuterà contro le overdose di cibo

La stimolazione cerebrale profonda per interrompere il segnale che porta a introdurre alimenti, evitando l'overdose di cibo con un maggior controllo del peso

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Non ci si ferma. Nemmeno quando lo stomaco è gonfio di cibo. Perché il segnale che porta ad introdurre alimenti, sbagliato in questo caso, non prende le vie comuni che partono dal senso di ripienezza e soddisfazione ma piuttosto dal cervello. Per chi fa i conti con il disturbo da alimentazione incontrollata – quello che gli esperti anglosassoni chiamano “binge eating” – cercare di fermarsi anche dopo un’overdose alimentare appare un problema.

La ricerca, in futuro, potrebbe portare ad una sorta di “sistema di controllo” favorito dalla stimolazione cerebrale profonda, o Dbs. Dà notizia di questa opportunità, tutta da valutare, una ricerca apparsa su Nature Medicine che ha interessato due sole persone, quindi rappresenta solo un’ipotesi di lavoro ma non certo una realtà scientifica acclarata.

Come funziona il trattamento

In pratica, in questa prima sperimentazione si è voluto vedere se agendo con stimoli elettrici sul sistema di “ricompensa” che si trova nel nostro cervello si potrebbe influire positivamente sul desiderio incontrollabile di cibo. La tecnica, chiamata DBS o stimolazione cerebrale profonda in italiano, è già utilizzata per il trattamento di gravi forme di epilessia che non rispondono ai farmaci ed altre patologie neurologiche. Tutto nasce dall’osservazione che quando si sta per cominciare ad ingurgitare grandi quantità di cibo, insomma le classiche abbuffate fuori controllo di chi soffre di binge eating, si osserva una sorta di alterazione elettrica in una specifica area del sistema nervoso.

Questa si chiama nucleus accumbens ed entra in gioco quando dobbiamo cercare di controllare i nostri impulsi e soprattutto siamo in cerca di ricompensa. La ricerca segnala come si siano ottenuti miglioramenti nei comportamenti in termini di alimentazione incontrollata nei due pazienti osservati (ovviamente insufficienti per trarre conclusioni) proprio grazie a questi stimoli.

In pratica, interrompere i segnali alterati del nucleus accumbens grazie al dispositivo di stimolazione cerebrale ha portato ad un calo del ricorso alle abbuffate. Le due pazienti studiate, si trattava infatti di donne, hanno avuto un DBS di quelli normalmente impiegati nel trattamento di forme gravi di epilessia che è stato impiantato sotto i capelli.

Attraverso sottilissimi fili, il sistema è andato poi a registrare quanto avviene nel nucleus accumbens. In seguito, proprio sulla scorta delle rilevazioni effettuate, il sistema elettrico è stato tarato per erogare un controllo solo in caso di necessità, ovvero quando comparivano segnali elettrici che tipicamente si presentano prima di una mangiata pantagruelica. Con questa stimolazione non continua ma erogata al bisogno in caso di comparsa di segnali elettrici anomali, si è arrivati a controllare meglio il rischio di abbuffate con calo degli episodi di binge eating, con miglior controllo del peso.

Importante conoscere il quadro

Se si va incontro a fenomeni di questo tipo, è importante parlare con il medico e valutare se può essere d’aiuto un approccio psicologico alla dinamica. Questo studio indica la possibilità che nella genesi di queste abbuffate senza controllo possano entrare in gioco anche fenomeni che vanno oltre la semplice sfera psicologica della persona. Fondamentale è comunque non nascondersi e parlare con i sanitari della situazione, anche perché a volte il disturbo può condurre ad un’alimentazione insufficiente intervallata da episodi di “binge eating”, vere e proprie abbuffate che portano a introdurre migliaia di calorie in un unico pasto.

Attenzione va prestata anche allo stress, che ovviamente può influire sui comportamenti a tavola. Ad esempio la donna (il genere femminile è più a rischio, soprattutto se si parla di stressoressia) può ricercare cibi particolarmente sapidi per avere un “piacere” intenso al gusto oppure tende a lasciarsi andare al consumo di zuccheri semplici (caramelle e bibite in primis) con il risultato di aprire la porta ad un possibile aumento della pressione o di sottoporre il corpo a vere e proprie sferzate di insulina che possono favorire l’insorgenza del diabete. Difendersi dalle forme propriamente patologiche non è semplice, ed occorre l’aiuto di un esperto che sia in grado di aiutarci.