Sindrome di Stendhal: cos’è e come si manifesta

Conosci la sindrome di Stendhal? Scopri che cos’è e come si manifesta questo disturbo psicosomatico che può manifestarsi in modo inaspettato in alcuni soggetti

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Antonella Lobraico

Editor specializzata in Salute & Benessere

Specializzata nella comunicazione online, ha collaborato con testate giornalistiche, uffici stampa, redazioni tv, case editrici e agenzie web in progetti su Salute e Benessere.

L’arte, in tutte le sue forme esistenti, è da sempre uno strumento di comunicazione raffinato e, in alcuni casi, criptico e misterioso. Un’immagine, un monumento, una scultura, resti di templi e anfiteatri, hanno infatti la capacità di regalare emozioni uniche che possono però avere un impatto diverso a seconda del vissuto dell’osservatore.

Quante volte ti sarà capitato di osservare un ritratto, un trittico, una natura morta immortalata con pennellate decise o delicate, o anche solo i resti di antiche rovine, e di sentire nascere dalle viscere (o dal cuore) una sensazione, anche intensa. Qualcosa che magari fai fatica a decifrare, così su due piedi.

Continui ad osservare quello che hai di fronte, ti sembra di non riuscire a staccare gli occhi ed ecco emergere una sensazione dal profondo, che può essere positiva, negativa, o anche “nulla”. Un quadro, come anche una qualsiasi opera artistica può trasmettere infatti serenità, ma anche ansia e frustrazione, o assolutamente niente, a seconda di chi è l’osservatore. Inoltre, possono intervenire fattori esterni o interni al soggetto, come il suo vissuto e il suo stato d’animo in quel preciso momento.

In un certo senso, osservare le opere d’arte è come vivere un’esperienza che, in alcuni casi, può sfociare in quella che viene definita la sindrome di Stendhal. Con il supporto della Dottoressa Ilaria Bruschi, Psicologa e Psicoterapeuta, Terapeuta EMDR, Neuropsicologa clinica, Art Therapist, vediamo come si manifesta la sindrome di Stendhal e perché viene definita così.

Che cos’è la sindrome di Stendhal

La sindrome di Stendhal, anche nota come “Sindrome di Firenze”, è un disturbo di natura psicosomatica che può presentarsi in alcuni soggetti in modo improvviso, nel momento in cui si trovano di fronte a monumenti e opere d’arte maestose e di notevole bellezza. Nello specifico, gli individui – per lo più esperti e appassionati d’arte con una spiccata sensibilità – vengono quasi sopraffatti e coinvolti dalle emozioni che scaturiscono dall’osservazione di capolavori artistici. Può colpire in modo inaspettato e con segnali più o meno intensi.

Perché si chiama Sindrome di Stendhal

«Che l’arte eserciti su di noi un fascino perturbante è cosa ormai risaputa, ma in quale modo lo faccia e quali meccanismi emotivi, percettivi e psichici siano implicati, è un campo assai vivace che intreccia discipline differenti tra arte psicologia, neuroscienze e neuroestetica. Si creano così fertili dibattiti, divergenze scientifiche, scetticismi, virtuosismi teorici, ma soprattutto “curiosità creativa” e stupore. La più controversa, scomoda, ma anche la più affascinante e demodé, è la sindrome di Stendhal. Nella sua esperienza della Basilica di Santa Croce a Firenze, lo scrittore francese Marie-Henry Beyle, in arte Stendhal, è il primo a menzionare questo complesso stato di coscienza: “Assorbito nella contemplazione della sublime bellezza…ho raggiunto il punto in cui si incontrano le sensazioni celestiali date dalle belle arti e i sentimenti appassionati. […] avevo le palpitazioni al cuore […] la vita in me si era inaridita e camminavo col timore di cadere”», spiega la dottoressa.

La sindrome prende il nome del primo individuo che ha vissuto questa esperienza, lo scrittore francese Marie-Henri Beyle, conosciuto come Stendhal, mentre era in visita alla Basilica di Santa Croce a Firenze, nel 1817. Questo stesso anno, lo scrittore pubblico anche lo scritto “Rome, Naples e Florence”, all’interno del quale descrive la sua esperienza nuova, inaspettata e coinvolgente che lo travolse dopo essere uscito dalla Basilica e aver ammirato l’affresco delle Sibille del Volterrano.

Come descrisse successivamente, lo stesso Stendhal provava già un forte piacere di natura estetica alla sola idea di essere giunto nella città di Firenze e di poterla contemplare da vicino. Alla vista dell’affresco ubicato nella Basilica poi, le sensazioni suscitate dalla vista erano state così intense da avvertire delle “palpitazioni”.

Come si manifesta la sindrome di Stendhal

«Coloro che ne sono affetti provano un misto tra piacere e confusione: non vi sono conseguenze psichiche o fisiche e la sensazione di malessere svanisce dopo pochi minuti. Ciò che sappiamo su questa sindrome proviene da uno studio della Dott.ssa Magherini, condotto alla fine degli anni Settanta su un campione di soggetti sia maschi che femmine, presso la città di Firenze. Più che di sensazione di malessere che “colpiva” queste persone si può parlare di “esperienza perturbativa dello stato di coscienza”. Infatti, oggi la sindrome di Stendhal apre la strada ai più recenti studi sulle emozioni epistemiche: curiosità e confusione sono emozioni adattive che ci permettono di assimilare nuove conoscenze, mentre la percezione del sublime (Hicks e Stewart, 2020) e dello stupore (Cuzzolino, 2019) attivano in noi il cosiddetto “apprendimento trasformativo”.

La coscienza ha la percezione viva e autentica che l’esperienza che sta vivendo modifica e trasforma il proprio orizzonte esistenziale e attiva nuovi percorsi di significato, nuovi solchi neurali attraverso la neuroplasticità», conclude l’esperta.

sintomi della sindrome di Stendhal possono variare da persona a persona. In generale, l’individuo resta in una sorta di “estasi” con manifestazioni quali:

  • tachicardia;
  • vertigini;
  • senso di confusione;
  • malessere;
  • sensazione di svenimento;
  • attacchi di panico;
  • difficoltà nella respirazione;
  • stato di euforia;
  • alterazioni delle percezioni.

Si tratta spesso di segni transitori e di breve durata, ma in alcuni casi possono manifestarsi in maniera più o meno intensa, per cui alcuni soggetti, spaventati da quello che sta accadendo, possono chiedere aiuto».

Lo studio sulla sindrome di Stendhal

Si può definire la sindrome di Stendhal come una vera e propria patologia? La “reazione” dello scrittore di fronte alla magnificenza artistica di Firenze è stato dapprima oggetto di attenzioni e poi di “studio”. Ad attribuire il nome di Stendhal alla sindrome, fu la dottoressa Graziella Magherini nel 1977, una psicoanalista e psichiatra fiorentina che si trovò di fronte alla comparsa di crisi psichiatriche in un centinaio di turisti che erano stati trattati in emergenza, dunque anche ricoverati, nel suo reparto ospedaliero.

Un decennio dopo circa, la dottoressa pubblicava le osservazioni raccolte e analizzate in quella occasione sui turisti che avevano manifestato diversi sintomi, dopo aver visitato gallerie d’arte e musei, tra cui allucinazioni, disorientamento, palpitazioni, perdita di identità. In sintesi, sintomi molto simili a quelli descritti tempo prima dallo stesso Stendhal dopo la sua visita alla Basilica di Santa Croce.

Quali sono i fattori di rischio della Sindrome di Stendhal

Tra i fattori che possono contribuire allo sviluppo dei sintomi manifestati ci sono:

  • lo stress dovuto al viaggio;
  • l’impatto con una città storica e affascinante specie dal punto di vista artistico come ad esempio Firenze;
  • avere una personalità impressionabile;
  • l’età;
  • il livello di istruzione;
  • la solitudine;
  • l’educazione religiosa.

D’altronde, possiamo dire che la storia della religione, è molto legata all’arte. Basta pensare che i capolavori che ancora oggi possiamo ammirare e realizzati in epoca medievale e rinascimentale erano un modo per rappresentare icone e gesta epiche raccontante nei testi sacri.

Oltre a ciò, anche l’avvicinarsi della fine di un viaggio in una città d’arte può provocare un senso di tristezza e malinconia per il dover abbandonare questo luogo per far ritorno in un’altra località. Quest’ultima non ha eguali in magnificenza e bellezze artistiche, altro elemento che causa l’insorgere di sintomi, in qualche modo dolorosi.

Quali sono le cause della sindrome di Stendhal

Non si conoscono i motivi precisi per cui la sindrome di Stendhal si manifesti in alcuni soggetti e non in altri. Inoltre, come anticipato, i sintomi compaiono all’improvviso e in modo anche differente da una persona all’altra. Al momento, ciò che sembra accomunare gli individui affetti da questa sindrome è una grande sensibilità. Ci sono però delle teorie, secondo cui la visione di un’opera d’arte maestosa innescherebbe alcune reazioni a livello neuronale e cerebrale.

Quando preoccuparsi

La sindrome di Stendhal, in generale, non deve destare particolari preoccupazioni dal momento che la sua manifestazione è transitoria e dura qualche minuto. In altri casi invece, ovvero quando si verificano sintomi importanti e che perdurano nel tempo, potrebbe essere necessario l’intervento del personale sanitario e/o di un professionista. Questi potrebbero prescrivere una cura farmacologica che comprende ansiolitici e tranquillanti per ridurre i sintomi dell’ansia e più in generale, dello stato di malessere del soggetto. Ad ogni modo, il consiglio è di sentire il parere del proprio medico, soprattutto nel caso in cui i sintomi tendino a ripresentarsi con frequenza.

Oltre a Stendhal, molti altri artisti (scrittori, poeti, filosofi) furono colti da esperienze molto simili a quella vissuta dallo scrittore francese. Potremmo citare Kant, ma anche Dostoevskij e Marcel Proust che sembrava avere spesso degli attacchi d’asma durante la stesura del suo capolavoro “Alla ricerca del tempo perduto”.

In conclusione quindi, la sindrome di Stendhal costituisce una condizione che, in alcuni soggetti, può potenzialmente innescare sintomi lievi o un po’ più importanti, quando sono di fronte a opere con caratteristiche specifiche, tali da attivare alcune strutture cerebrali che sono coinvolte nella formazione delle emozioni. Nella maggior parte dei casi, si tratta di segnali deboli e di durata molto limitata; diversamente, se l’individuo presenta sintomi rilevanti o che persistono per diverso tempo, è bene contattare un operatore sanitario per escludere eventuali condizioni di natura medica.

Fonti bibliografiche: