Io, che ho deluso tutte le aspettative della mia famiglia, ma non me stessa

Non ho mai compreso quella profonda e amara distanza tra le aspettative degli altri e i miei sogni

Mi hanno detto di fare la brava, di non correre insieme agli altri e di non giocare a calcio, perché questo mi avrebbe resa un maschiaccio, e io sicuramente non potevo esserlo. Da quello che ricordo non mi era neanche permesso sognare troppo in grande: “resta con i piedi per terra”- mi dicevano mamma e papà- “abbiamo un piano per te”.

Loro che adoravano vestirmi come una bambolina e raccontare, ad amici e colleghi, di quanto fossi brava, bella ed educata. Dicevano di me che un giorno gli avrei dato grandi soddisfazioni e che sarei stata un notaio o un medico, per seguire le loro orme.

Così ho vissuto in una campana di vetro che, nonostante la mia statura minuta, diventava sempre più piccola e soffocante. Mi hanno detto di puntare sempre al massimo, senza mai chiedersi cosa fosse, per me, quell’obiettivo di eccellenza da raggiungere. Mi hanno chiesto di studiare e l’ho fatto scegliendo la migliore facoltà del Paese.

Mi hanno invitato a frequentare il figlio dei vicini, anche lui destinato a fare “grandi cose”, ho fatto anche quello. A detta di mamma e papà quel fidanzamento adolescenziale si sarebbe trasformato in un matrimonio e poi in una famiglia felice, come la nostra, dicevano.

Eppure a me, non sembravamo così felici. Io non lo ero sicuramente. Durante gli anni dell’università ho capito che quella non era la vita che mi apparteneva e che quei sogni così grandi che avevo da bambina erano l’unica cosa reale e autentica che mi restava. Ero brava, dicevano, ed eccellevo in tutto, ma questo non era abbastanza per me: non volevo che il mio destino fosse segnato per sempre solo perché qualcun altro, seppur “per amore” aveva scelto per me.

Mi sono chiesta più e più volte come convivere con quell’amara distanza tra le aspettative dei miei genitori e i desideri dentro di me che diventavano sempre più ribelli e prepotenti. Così ho scelto di dare una possibilità a me stessa.

“Sono i miei genitori”– ripetevo a me stessa –“so che capiranno”. E invece no, non l’hanno fatto. La scelta di lasciare l’università e quel ragazzo per bene che non mi ha mai fatto battere il cuore, è stato per loro un golpe al cuore.

Spodestata dall’affetto e dagli agi della mia famiglia, mi sono rimboccata le maniche e ho iniziato a vivere, intensamente, scoprendo la meravigliosa sensazione che si prova ad inseguire i propri sogni. A cadere e a farsi male, a rialzarsi e ricominciare.

Ho deluso la mia famiglia, e tutte quelle aspettative che avevano riposto in me, la loro figlia perfetta, ma ho smesso di tradire me stessa.