Quando si parla di moda sostenibile, si nomina spesso il fast fashion: ma che cos’è? Cosa comporta per i lavoratori e per l’ambiente? E perché sarebbe bene evitarlo? Ecco una spiegazione i più facile possibile.
Indice
La differenza tra fast fashion e slow fashion
Fast fashion significa letteralmente “moda veloce”: veloce perché viene pensata, disegnata, industrializzata, venduta, consumata e infine, purtroppo troppo spesso, gettata in modo molto veloce. Veloce rispetto a cosa? Rispetto alla moda che oggi viene definita slow, ossia lenta. In realtà, se ci pensiamo, lo slow fashion era il normale modo di consumare la moda fino ad una ventina di anni fa.
Cos’è cambiato nel tempo?
Fino agli anni 2000 circa, il consumo della moda era completamente diverso rispetto ad oggi. I brand di abbigliamento (non solo quelli del lusso: tutti i brand) realizzavano due collezioni all’anno, i pronto moda quattro. C’era quella primavera estate e quella autunno inverno. Nel mezzo, per alcuni brand di lusso, c’era la collezione Cruise, ossia “crociera”, che era una speciale piccola collezione presentata in primavera e venduta in inverno, dedicata a chi passava i mesi freddi in località calde ed estive.
In passato, c’era un modo diverso di fare shopping
Lo shopping era quindi stagionale: si acquistava ad inizio stagione quello che sarebbe servito e ai saldi, quindi a stagione finita, ci si toglievano eventuali sfizi. I capi venivano comprati per essere indossati tutta la stagione: se tra voi ci sono Millennials o nati prima degli anni ’80, se ci pensate, non capitava di fare un giro in centro e tornare a casa ogni settimana con un sacchetto con dentro una maglia o un pantalone.
L’evoluzione del modo di consumare la moda
Con l’arrivo dei brand fast fashion, la fruizione della moda è cambiata radicalmente, al punto da far cambiare anche la pianificazione e la produzione dei brand di lusso, che hanno dovuto adeguarsi e correre dietro alle tempistiche dei colossi della moda fast. Il fast fashion ha cominciato a proporre collezioni non più ogni sei mesi, ma ogni mese, fino poi ad arrivare ad una nuova collezione ogni settimana, per offrire qualcosa di sempre nuovo al pubblico, stimolandolo a comprare sempre di più.
Fast fashion: cosa implica una produzione fast?
Concepire un capo e metterlo su uno scaffale a questa velocità ha implicato una serie di cambiamenti nella produzione: bisognava accorciare i tempi, razionalizzare la logistica, abbassare i costi di produzione. L’obiettivo di queste aziende non è quello di far sì che i loro capi durino: i loro capi devono soddisfare un acquisto d’impulso e stimolare un nuovo impulso all’acquisto ad ogni passaggio davanti alle vetrine. C’è da dire che un ruolo chiave in questo processo è stato giocato anche dagli influencer, esplosi negli ultimi anni, il cui lavoro, fondamentalmente, è proprio quello di spingere il consumatore all’acquisto.
Riduzione del costo della materia prima
Per ridurre i costi di una moda che deve essere sempre fresca e pronta all’uso, dove si poteva tagliare? Per prima cosa sulla materia prima: i tessuti. Se in una moda slow il tessuto viene realizzato per durare almeno una stagione, in una moda fast, questo non importa più: basta che resista un paio di lavaggi, perché presto ci sarà un nuovo capo a sostituire quello “vecchio”. Ecco quindi cotoni sempre più sottili, fibre sintetiche, fibre miste, che fanno peeling e si rovinano molto rapidamente con l’usura, tinture che non tengono o che sono addirittura tossiche. Quello che noi però sottovalutiamo è che questi elementi tossici finiscono poi sulla nostra pelle, con conseguenti irritazioni, dermatiti e simili (e questo vale sia per l’abbigliamento adulti che per quello da bambini).
Riduzione del costo della manodopera
Dove altro si più tagliare? Sulla manodopera, delocalizzando le produzioni in paesi in cui costa poco. Poco importa che questo basso costo corrisponda a condizioni di lavoro analoghe alla schiavitù, in ambienti insalubri, per non dire tossici. Il risultato finale deve essere un prezzo basso per l’acquirente finale.
Gli effetti della fast fashion
Sul nostro modo di pensare
L’effetto più immediato è stato il farci percepire la moda fast come un “affare”: l’abbiamo pagata pochissimo, quella maglietta, che affarone! Ma mettiamo insieme tutto quello che abbiamo speso per i presunti “affari” indossati due volte: il conto a fine anno non è affatto irrisorio e magari corrisponderebbe a due o tre capi (se non di più) made in Italy e di buona qualità. Questo ci ha portato a pensare che la moda slow sia cara e ha fatto sì che pensassimo che non valesse la pena investire in un capo: che senso ha se posso sostituirlo con pochissima spesa?
Sul nostro pianeta
Moltiplicate questo atteggiamento su scala globale: il risultato sono montagne, letteralmente montagne, di rifiuti, di capi che vengono dati via come second hand, nella convinzione che servano ai poveri del terzo mondo. Beh, la notizia è che il terzo mondo è letteralmente invaso dai nostri stracci in poliestere, che non possono nemmeno venire riciclati. Sul tema rifiuti tessili ci sarebbe molto altro da dire: magari mi tengo lo spunto per un altro post.
Esempi di fast fashion
Potete trovare esempi di fast fashion in ogni singolo centro commerciale e via principale di tutte le città italiane e internazionali. La fast fashion è talmente radicata nella nostra società che ci ha quasi reso impossibile vivere senza: siamo abituati a pensare in modo fast, a consumare in modo fast e ad aspettarci di vedere questo genere di beni di consumo in ogni dove, così come determinati brand che ormai fanno parte della nostra vita. (tristemente questo non riguarda solo l’abbigliamento).
Trovare esempi di fast fashion, per evitare di fare nomi e cognomi, è semplice: su quegli scaffali trovate merce nuova ogni settimana? I prezzi sono bassi al punto che quando ci sono i saldi il costo non supera i €20/30 e a volte parliamo perfino di €2/5? Dopo due lavaggi i capi sono da buttare? La maggior parte delle composizioni è di tipo sintetico (poliestere, acrilico)? Bene: quella è fast fashion.
Fast fashion: impariamo a vivere senza… perché è possibile!
Ho fatto la prova su me stessa e l’ho raccontata diffusamente sul mio blog: vivere senza fast fashion è possibile e anzi, vi accorgerete che potete perfino vivere meglio, amare di più quello che acquistate, godervelo fino in fondo, usandolo per anni, finché addirittura vi dispiacerà gettarlo via, una volta esausto. Provate a chiedervi se davvero vi serve quello che state per comprare. Se la risposta è no, rinunciate: fate un gesto utile non solo al pianeta, ma anche a voi stesse!