12 dicembre 1969: la strage di Piazza Fontana

Considerato la madre di tutte le stragi, quell'attentato terroristico compiuto il 12 dicembre del 1969 a Milano provocò 17 morti e 88 feriti. I sopravvissuti e i parenti delle vittime cercano ancora giustizia

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Ci sono alcune ferite che continuano a fare male e a sanguinare anche dopo anni, perché è loro il compito di preservare una memoria storica che serve da monito per l’intera società.

E lo sa bene, Fortunato Zinni, che con quella ferita ci vive e ci convive da quel maledetto 12 dicembre, da quel giorno in cui vide gli altri, tutti gli altri, morire. E non importa se la vita gli ha concesso una seconda opportunità, quella di ricominciare e di dimenticare. Perché lui, il sopravvissuto della stage di Piazza Fontana, non vuole farlo.

Come non vogliono farlo neanche gli altri. Coloro che quel giorno di dicembre hanno perso un compagno, un amico, o un familiare, che hanno perso tutto, anche la speranza di un futuro migliore. Perché c’era una vita prima del 12 dicembre 1969, prima della strage di Piazza Fontana, e dopo quel giorno, la vita non è stata più la stessa.

12 dicembre 1969

Era un giorno di dicembre inoltrato, quello del 1969. Uno di quelli che ci piace immaginare pieno di vita e di frenesia, quella tipica di una città come Milano proprio a ridosso delle feste di Natale. E forse lo era davvero, frenetica e vibrante quella giornata, fino a quando 5 attentati terroristici in simultanea sconvolsero l’Italia e cambiarono il corso delle cose.

In poco meno di un’ora, e più precisamente in 53 minuti, una serie di attacchi colpì le città di Roma e di Milano. Nella capitale italiana, tre attentati – alla Banca Nazionale del Lavoro in via San Basilio, uno in Piazza Venezia e un altro all’Altare della Patria – provocarono 16 feriti.

A Milano, invece, una bomba fu fatta esplodere all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura. Un altro ordigno inesploso fu trovato nei pressi di Piazza della Scala e in altri edifici di Milano, Torino e Roma.

Con un bilancio di 17 morti e 88 feriti, la strage della Banca Nazionale dell’Agricoltura aprì una ferita nel nostro Paese troppo profonda da risanare. Fu proprio questo episodio, infatti, a inaugurare uno dei capitoli più neri della nostra Repubblica, quello degli anni di piombo, durante i quali il territorio italiano divenne vittima di numerosi attentanti, come quello di piazza della Loggia, la strage di Bologna e l’attentato al treno Italicus.

Su chi fosse stato il mandante degli attentati, così come l’esecutore materiale degli stessi, se n’è discusso a lungo, e troppo. Le indagini, solo dopo decenni, portarono alla conclusione che la strage fu compiuta da parte di alcuni membri di un’organizzazione di estrema destra. Persone che però non sono mai state perseguite dalla legge.

La storia giudiziaria che segue a quel 12 dicembre del 1969 è tanto lunga, quanto controversa. E ancora oggi i parenti delle vittime della strage, così come i sopravvissuti, sono alla ricerca di una giustizia che non è mai stata ottenuta.

La strage di Piazza Fontana

Cosa successe a Milano quel 12 dicembre del 1969 lo ricordano tutti, perché dimenticare è impossibile. Erano da poco passate le 16.30 quando la maggior parte dei lavoratori degli istituti di credito tornavano a casa. Tutti ma non quelli della Banca Nazionale dell’Agricoltura in Piazza Fontana.

Restavano lì, nella filiale, per occuparsi dei nuovi accordi tra gli agricoltori, approfittando della tranquillità pomeridiana. Lo facevano sempre, ma quel giorno, quella stessa tranquillità venne frantumata dal rumore assordante di un’esplosione. Alle ore 16:37, infatti, nel grande salone della banca un ordigno contenente sette chili di tritolo venne fatto esplodere. Morirono 13 persone all’istante, altre 4 a causa delle gravi ferite riportate. In tutto l’esplosione provocò 88 feriti.

Banca Nazionale dell'Agricoltura_
Fonte: Ansa
Banca Nazionale dell’Agricoltura

Alla ricerca di un colpevole

Fu chiaro a tutti, e all’istante, che quell’esplosione all’interno della banca milanese era un atto terroristico. Ma chi era stato a ordinarlo, e perché? Le indagini, come abbiamo anticipato, furono lunghe e controverse, e portano i sopravvissuti a perdere la speranza di ottenere giustizia. Quello stesso giorno, le forze dell’ordine raggiunsero Giuseppe Pinelli e gli altri anarchici della primavera del ’69, col sospetto che potessero aver organizzato l’attentato.

Tre giorni dopo l’interrogatorio, però, Giuseppe Pinelli morì in strane circostanze. Secondo l’inchiesta giudiziaria, colto da un malore, l’uomo cadde dal balcone della ringhiera del suo ufficio. L’autopsia del corpo, però, non fu mai resa pubblica.

Il giorno dopo la strage di Piazza Fontana venne arrestato anche un altro anarchico, Pietro Valpreda. Le accuse, sul suo ipotetico coinvolgimento, si basavano sulla testimonianza di un tassista che aveva dichiarato di aver accompagnato l’uomo nel pomeriggio del 12 dicembre proprio davanti alla banca. Con sé portava una grande valigia.

Il giorno dopo l’interrogatorio, i media nostrani titolavano le loro copertine di apertura parlando dell’arresto del mandante della strage della banca. Indagini successive, però, presero in considerazione l’ipotesi che quell’uomo non era Valpreda, ma un suo sosia, Nino il Fascista, infiltratosi nel circolo anarchico di Pinelli e Valpreda.

Il 23 febbraio del 1972, cominciò il processo ai colpevoli della strage di Piazza Fontana. Da Roma, questo, fu spostato prima a Milano e poi a Catanzaro per motivi di ordine pubblico. Dopo rimandi, problemi e controversie, dovute anche al coinvolgimento di nuove figure, vennero condannati all’ergastolo Franco Freda, Giovanni Ventura e Guido Giannettini, successivamente assolti per mancanza di prove.

Un nuovo processo fu avviato negli anni 2000 a Milano, dopo 30 anni dalla strage. In quell’occasione furono condannati all’ergastolo Dello Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni. Quattro anni dopo gli ergastoli furono cancellati, e al termine del processo i parenti delle vittime furono costretti a pagare le spese processuali.

Dopo l’assoluzione dei tre imputati, la Cassazione affermò che la strage di Piazza Fontana era opera di Ordine Nuovo, un’organizzazione terroristica di estrema destra capitanata da Freda e Ventura. Ormai, però, essendo stati assolti non potevano più essere processati. L’esecutore materiale dell’attacco, invece, non è mai stato individuato.

Fortunato, il sopravvissuto alla strage

Di quella strage, restano tanti ricordi, che sono amari, dolorosi e e inaccettabili. Tra tutti, prepotenti sono quelli che riguardano le vicende giudiziarie e una verità mai ottenuta. Perché la consapevolezza che i mandanti della strage, così come l’esecutore materiale, sono ancora vivi da qualche parte, mentre gli altri sono morti, fa male. Oggi, esattamente come ieri.

Fa male anche a Fortunato Zinni, che quel giorno era proprio dentro la Banca Nazionale dell’Agricoltura. Lui, però, è uno dei sopravvissuti della strage di Piazza Fontana. Ed è sempre a lui che è affidato l’onere di preservare una memoria, il dolore e tutti gli errori giudiziari che si sono susseguiti dopo l’attentato.

Anche lui era lì, all’interno di quella banca. Ma si trovava al piano superiore, dove era stato chiamato per firmare un accordo sindacale. “Fu la cosa che mi salvò, altrimenti oggi non sarei qui a raccontarlo, gli agricoltori con cui ero poco prima morirono nell’esplosione” – ha dichiarato l’uomo in un’intervista a EuroNews“Stavo leggendo l’accordo vicino a una vetrata che andò in frantumi, fui scaraventato qualche metro in avanti e subii una lesione al timpano di un orecchio”.

Lo capì subito, Fortunato, che si trattava di un attentato. E gli bastò scendere le scale e raggiungere il salone centrale della banca per averne la conferma, per trovarsi davanti a uno scenario drammatico, terribile, inspiegabile. I suoi colleghi, le persone che aveva visto e con cui aveva parlato fino a qualche istante prima, non c’erano più. “Non ebbi neppure il tempo di avere paura. Credo ancora adesso di essere rimasto lucido, anche se ho rimosso molte cose”.

Fortunato, che oggi ha più di 80 anni, chiede ancora che sia fatta luce sulla strage di Piazza Fontana. È la voce di un coro numeroso che ancora oggi, a distanza di oltre 50 anni da quel 12 dicembre, chiede giustizia e verità.

La porta della storia è una Porta Stretta
infilarsi dentro costa una spaventosa fatica
c’è chi rinuncia e dà in giro il c*lo
e chi non ci rinuncia, ma male, e tira fuori il cric dal portabagagli,
e chi vuole entrarci a tutti i costi, a gomitate ma con dignità;
ma son tutti là, davanti a quella Porta. (Pier Paolo Pasolini. “Patmos” in “Trasumanar e organizzar”, poesia dedicata alle vittime della strage)

Fortunato Zinni, sopravvissuto alla strage di Piazza Fontana
Fonte: Getty Images
Fortunato Zinni, sopravvissuto alla strage di Piazza Fontana