Delitto d’onore: quando la violenza era legittima

Con la sua abrogazione nel 1981 ha ridato dignità alle donne. Ma il suo spettro è presente ancora oggi

Il delitto d’onore era descritto dall’articolo 587 del Codice Penale Italiano, il cosiddetto codice Rocco, ed è stato abrogato nel 1981, in una stagione di grandi riforme verso la salvaguardia dei diritti delle donne. Qualche anno prima, infatti, il referendum del 1974 aveva reso legale il divorzio anche nel nostro Paese e l’anno dopo, nel 1982, sarebbe stata approvata la riforma del diritto di famiglia. L’abrograzione arrivò insieme a quella del matrimonio riparatore, messa in discussione dall’allora diciassettenne Franca Viola, la prima donna in Italia a rifiutarsi di sposare l’uomo che l’aveva violentata.

L’articolo 587 del Codice Penale sul delitto d’onore prevedeva una pena ridotta per chi, “nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia”, causasse la morte della coniuge, della figlia o della sorella “nell’atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale”. Inoltre, recitava sempre l’articolo, “alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella”.

In altre parole, nel nostro Paese, fino a quasi 40 anni fa, la pena per l’omicidio di una donna della propria famiglia, che fosse moglie, figlia o sorella, e di eventuali altre persone a lei legate in quella stessa relazione, era di tre volte inferiore a quella di un omicidio di qualsiasi altro tipo (da tre a sette anni per il delitto d’onore, contro i ventuno previsti in altri casi di omicidio volontario). La motivazione di tale differenza risiedeva nel fatto che, secondo l’articolo abrogato, l’onore leso di un uomo poteva giustificare la morte di una donna per mano sua.

Una triste correlazione il cui spettro vediamo ancora oggi negli 81 femminicidi che, secondo gli ultimi dati diffusi dall’Eures, sono stati compiuti in Italia nei primi 10 mesi del 2020. Una situazione drammatica che va ad aggiungersi all’aumento delle chiamate ai centri antiviolenza per denunciare la violenza domestica nei confronti delle donne, durante il primo e secondo lockdown, segnalate in occasione del 25 novembre, Giornata Internazionale per la Violenza contro le Donne.