27 luglio 1993: la strage di via Palestro

Il 27 luglio del 1993 la mafia attaccava l'Italia. Sono passati 30 anni dalla strage di via Palestro eppure nessuno può dimenticare

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Esistono alcune storie che non si possono dimenticare perché sono state così drammatiche, dolorose e inspiegabili da aver scavato profondamente l’anima di un Paese intero – il nostro – fino a lasciare una ferita che esiste ancora, che brucia oggi esattamente come allora. E non importa quanto tempo è passato, quante cose intanto siano cambiate e quanto la nostra società è migliorata, se lo ha fatto per davvero, quello che conta è ricordare. Perché sono nostri il diritto e il dovere di proteggere una memoria storica che celebra chi non c’è più e che al contempo sia da monito affinché gli errori del passato non vengano mai più perpetuati.

E allora ecco che quando si avvicina luglio, il 27 luglio, è nostro dovere ricordare quello che è successo quella sera d’estate del 1993. Quando a causa di un attentato terroristico, l’ennesimo compiuto da Cosa Nostra, cinque persone hanno perso la vita in via Palestro, a Milano, lasciando i loro nomi impressi su quella che è una delle pagine più nere della nostra storia.

La strage di via Palestro

Era la sera del 27 luglio del 1993 quando, un autobomba posizionata da alcuni mafiosi di Cosa Nostra all’interno di un’automobile esplose sulla strada delle sedi della Galleria d’arte Moderna e del Padiglione di arte contemporanea. Cinque le vittime: tre vigili del fuoco, un agente di polizia e un immigrato marocchino che stava dormendo su una panchina fuori dall’edificio.

Non era il primo, non era l’ultimo. L’Italia, infatti, si trovava sotto la morsa soffocante degli attentati terroristici di stampo mafioso che si susseguirono tra il 1992 e il 1993 e che causarono la morte di 21 persone. Tra queste anche Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, i due magistrati italiani che hanno contrastato la mafia per una vita intera, fino a perderla.

Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo (Paolo Borsellino)

27 luglio del 1993

Giuseppe Barranca, Gaspare Spatuzza, Cosimo Lo Nigro e Francesco Giuliano: questi i nomi dei mafiosi appartenenti a Cosa Nostra che, nel mese di maggio, iniziarono a creare un ordigno esplosivo in una casa abbandonata a Corso dei Mille. L’obiettivo era uno soltanto: macchiare il nostro Paese con il sangue di vittime innocenti e danneggiare il nostro patrimonio artistico, storico e culturale.

Da Palermo, e grazie all’aiuto di un trasportatore che frequentava gli ambienti mafiosi, l’ordigno fu portato a Milano. Prima, però, ci fu una tappa nella Capitale per organizzare quelli che poi sarebbero passati alla storia come “Gli attentati alle chiese di Roma“, che si registrarono appena un’ora dopo da quello di Milano, e che colpirono la basilica di San Giovanni in Laterano e la chiesa di San Giorgio in Velabro, provocando più di venti feriti.

La notte delle bombe

A Milano qualcuno aveva notato la presenza di una macchina rubata, una Fiat Uno, parcheggiata proprio davanti all’ingresso del Padiglione di arte contemporanea. Era stato l’agente di polizia Alessandro Ferrari a insospettirsi osservando la fuoriuscita del fumo dal velivolo e per questo aveva allertato i Vigili del Fuoco locali. E in effetti, dopo un rapido controllo, i vigili Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno trovarono all’interno della macchina un ordigno esplosivo. Ordinarono subito di evacuare la zona, ma ormai era troppo tardi.

In pochi istanti la bomba esplose, provocando all’istante la morte dell’agente di polizia, dei Vigili del Fuoco accorsi sul luogo dopo la segnalazione e di Moussafir Driss, un uomo di origine marocchina che dormiva su una panchina in via Palestro. L’esplosione danneggiò i lampioni della strada e frantumò le finestre delle abitazioni adiacenti. Provocò, inoltre, il crollo del muro esterno del Padiglione d’Arte Contemporanea. Nella notte esplose una sacca di gas formatasi sotto al Padiglione, a causa della rottura di una tubatura, che creò ingenti danni all’interno degli ambienti della Galleria d’Arte Moderna adiacente al padiglione.

40 minuti dopo dall’attacco in via Palestro, alle ore 00:03 un’autobomba fu fatta esplodere a Roma in piazza San Giovanni in Laterano. Un’altra, pochi minuti dopo, nella strada adiacente alla Chiesa di San Giorgio in Velabro provocando 22 feriti. La mafia aveva colpito ancora e l’Italia stava sanguinando.

I colpevoli

Poco prima delle esplosioni, Gaspare Spatuzza spedì due lettere anonime indirizzate al Corriere della Sera di Milano e al Il Messaggero di Roma:

Tutto quello che è accaduto è soltanto il prologo, dopo queste ultime bombe, informiamo la Nazione che le prossime a venire andranno collocate soltanto di giorno ed in luoghi pubblici, poiché saranno esclusivamente alla ricerca di vite umane. P.S. Garantiamo che saranno centinaia (Wikipedia)

Per gli inquirenti non ci furono dubbi: a ideare, a progettare e ad eseguire l’attentato terroristico di Milano erano stati i membri di Cosa Nostra. La ricostruzione dei fatti potè avvalersi delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Pietro Carra, Antonio Scarano, Emanuele Di Natale e Umberto Maniscalco. 5 anni dopo dalla strage Cosimo Lo Nigro, Giuseppe Barranca, Francesco Giuliano, Gaspare Spatuzza, Luigi Giacalone, Salvatore Benigno, Antonio Scarano, Antonino Mangano e Salvatore Grigoli furono riconosciuti come gli organizzatori dell’attentato di via Palestro e di quello alle Chiese di Roma. Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Filippo e Giuseppe Graviano, Matteo Messina Denaro, Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca, Giuseppe Ferro e Francesco Tagliavia – allora ai vertici di Cosa Nostra – furono considerati i mandanti.

Nel 2002, con l’aggiunta delle testimonianze dei collaboratori di giustizia, la procura di Firenze identificò nei fratelli Formoso, Tommaso e Giovanni, gli esecutori materiali della strage di via Palestro. I due vennero condannati all’ergastolo dalla corte d’assise di Milano, una sentenza confermata anche negli altri gradi di giudizio.

Il 22 novembre del 1993, a distanza di quattro mesi dalla strage di via Palestro, l’ex Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro conferì la medaglia d’oro al valore civile ad Alessandro Ferrari, Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno, vittime dell’attacco terroristico. Quello stesso anno una scuola nel quartiere milanese di Stadera, in Via Palmieri 8, fu dedicata alla memoria di Driss Moussafir, anche lui vittima della mafia.

Il 27 luglio del 2013, in occasione del ventesimo anniversario della strage, in via Palestro è stata inaugurata una targa commemorativa in ricordo delle 5 vittime. A loro sono stati dedicati anche i giardini di via Giovanni Battista Morgagni e la vicina caserma dei Vigili del Fuoco.