Marco Bellavia: nessuno si salva da solo

Saltata la testa di Ginevra Lamborghini, per gli altri solo una tirata d'orecchie. Ma sarebbero dovuti tornare a casa tutti

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Irene Vella

Giornalista televisiva

Scrive da sempre, raccogli emozioni e le trasforma in storie. Ha collaborato con ogni tipo di giornale. Ha fatto l'inviata per tutte le reti nazionali. È la giornalista che sussurra alle pasticcerie e alla primavera.

Scrivo e mi occupo di bullismo dal 2012, anno in cui mia figlia, di soli 12 anni, ne è stata vittima. Ne siamo usciti perché siamo una famiglia unita, ne siamo usciti perché ho ritenuto opportuno che lei cambiasse scuola, nonostante dovesse andare in terza media. È stata una decisione sofferta, ma dovuta, il rischio era che, rimanendo, dalle parole, e dalle minacce saremmo passati ai fatti, ed io onestamente non me la sono sentita di rischiare. Non so se sia stata la scelta migliore, di sicuro è stata la scelta giusta per noi. È stata dura per tutti, per lei sicuramente un pochino di più. Ma ne siamo usciti.

Da quel momento è stata una mia priorità andare nelle scuole a parlarne, erano gli anni in cui si cominciava a denunciare, l’anno in cui la piccola Carolina di 14 anni moriva suicida a causa dei bulli, che avevano diffuso suoi video e foto intime, dopo averla fatta ubriacare, e lei non resse alla vergogna, decidendo di lanciarsi dal quarto piano della sua abitazione a Novara. Poi parlare di bullismo è diventato una moda, il trend del momento, mi verrebbe da dire “tutti bravi con i bulli degli altri”. Poi si è iniziato a parlare di depressione, dello stigma sociale che subisce chi ne soffre e che viene etichettato come mentalmente instabile o più banalmente “matto”, perché purtroppo, ancora oggi, nel 2022, il disagio dell’anima non viene compreso, o quando viene capito è sempre troppo tardi. Sono arrivati i suicidi famosi dimostrando come non sempre la fama e i soldi facciano la felicità, perché la verità è che quando il male di vivere ti mangia da dentro difficilmente se ne esce, di sicuro non se ne esce da soli.

Poi accade che in una trasmissione popolare come il GFVip venga data la possibilità di mostrare quanto la depressione possa “uccidere” metaforicamente una persona, e le telecamere in diretta mostrano quello che la maggior parte delle persone mette in scena di fronte ad un malessere mentale, si gira dall’altra parte, fa branco, irride, si spalleggia, schiaccia il più debole. Lo confesso quest’anno non avevo ancora guardato una puntata, ma dopo aver visto i social insorgere, ho recuperato i filmati, e lo scempio mostrato mi ha spaccato il cuore, perché io l’immagine di Marco Bellavia sdraiato per terra, mentre Giovanni Ciacci gli passa accanto con indifferenza la farei vedere nelle scuole, per far capire come NON ci si deve comportare. Perché sì è vero che le parole fanno male, ma a volte, sono proprio i silenzi ad uccidere. Sapevo, avendo lavorato in tv, che un’espulsione di massa sarebbe stata impraticabile, e, lo confesso, la squalifica di Ginevra Lamborghini, mi è sembrata tanto la scelta di Ponzio Pilato, certo le sue frasi sono inqualificabili, la sua uscita “si merita di essere bullizzato” è devastante, anche alla luce di quanto detto sopra, ma alla fine, questa ragazza ha dalla sua l’età, certo non è una giovincella di primo pelo, ha trent’anni, ma io credo che davvero non volesse dare quel significato alle sue parole, credo davvero che le siano uscite di bocca.

Era giusto che uscisse? Assolutamente. Pagherà per il suo sbaglio? Lo sta già facendo, ben consapevole di quello che avrebbe trovato fuori ad aspettarla. Se ne è pentita? Secondo me sì. Ma parliamo del resto della combriccola mandata al televoto. Giovanni Ciacci ha 51 anni, Gegia e Patrizia Rossetti 63, Elenoire 46, insomma non sono degli adolescenti, sono adulti e, come tali, dovrebbero essere ben strutturati, ma, soprattutto, alcuni di loro il bullismo lo hanno subito, sanno perfettamente cosa significhi essere considerati diversi, sono stati vittime di pregiudizio, sono entrati in quel programma per raccontare la loro storia, per portare il loro messaggio, e cosa hanno fatto? Di fronte al dolore evidente si sono girati dall’altra parte, hanno messo in pratica quello di cui sono stati vittime, il bullismo ai danni del più debole. Perché le lacrime danno fastidio, il dolore altrui dà fastidio, e, in questo caso, è come se avessero avuto paura che quei pianti potessero in qualche modo oscurare le loro parole. Ma non sono gli unici, perché se davvero in quella casa “chi è senza peccato scagli la prima pietra”, lì dentro ne rimarrebbero davvero pochi. E forse, ieri sera, ci sarebbe stato bisogno di un segnale ancora più forte, con l’espulsione immediata di tutti quelli che a parole, o con i fatti, si erano resi colpevoli di una delle più brutte pagine della tv italiana. Ma è la televisione signore e signori, lo spettacolo deve continuare. E allora fuori Ciacci e gli altri in punizione, tra qualche giorno però, così da alzare l’audience in attesa del responso.

Una cosa bella però è uscita da questa brutta pagina di tv, i concorrenti giovani, i più piccoli, sono loro che hanno teso una mano a Marco, come potevano fare, con una pacca o un abbraccio. Per gli altri rei di aver spento il sorriso di quest’uomo in così pochi giorni, un monito: a volte per salvare le persone basta davvero poco. Tenere stretta la mano di chi chiede aiuto è una di di queste, perché nessuno mai si salva da solo. E gli altri un giorno potreste essere voi. Non dimenticatelo mai.

“Però starei ancora qui volentieri. Conto di riuscire ad andare avanti se mi date una mano. Perché se una persona ha bisogno e gli altri 22 la aiutano, ce la farà. Da solo non ce la fa.” Marco Bellavia