L’ingiusta morte di Aurora: quando denunciare non basta

Denunce, richieste d'aiuto e video non sono bastati. Aurora è l'ennesima vittima di un amore malato. E ora c'è un accusato, l'ex fidanzato

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Irene Vella

Giornalista, Storyteller, Writer e Speaker

Scrive da sempre, raccogli emozioni e le trasforma in storie. Ha collaborato con ogni tipo di giornale. Ha fatto l'inviata per tutte le reti nazionali. È la giornalista che sussurra alle pasticcerie e alla primavera.

Pubblicato: 30 Ottobre 2024 14:24

È passato quasi un anno dal brutale omicidio di Giulia Cecchettin, e a volte vorrei poter scrivere che qualcosa è cambiato, ma, in realtà, quasi nulla è mutato, anzi forse se proprio vogliamo dirla tutta, qualcosa in effetti è variato, l’età degli assassini e quella delle vittime si è drammaticamente abbassata.

L’ultimo femminicidio in ordine di tempo, perché di quello “pare” si tratti, è quello avvenuto a Piacenza, a morire questa volta una bambina di tredici anni, Aurora, precipitata dal terrazzo dell’ottavo piano dello stabile in cui abitava con la mamma e la sorella, mentre si trovava in compagnia del suo ex ragazzo, quindici anni d’età, che è stato fermato con l’accusa di omicidio volontario.

Erano le otto di mattina, era il momento prima, prima che tutto accada, Aurora doveva andare a scuola, come ogni giorno, e come ogni giorno da qualche settimana a questa parte, si era presentato il suo ex fidanzato, quello dal quale si era staccata, quello con il quale non voleva stare più perché violento, come mostrato anche dalle chat pubblicate dalla sorella Vicktoria. Non è stata creduta, nonostante agli atti ci fosse anche un video in cui lui la malmenava alla stazione degli autobus, ripreso da un gruppo di ragazze che poi erano intervenute in sua difesa.

La tredicenne ne aveva parlato con la mamma, con la sorella, con le amiche, si era rivolta anche ai servizi sociali. Non è stata creduta, la situazione è stata sottovalutata, forse perché nessuno si aspettava che un adolescente di quindici anni potesse trasformarsi in un assassino, eppure se c’è una cosa che in tutti questi anni abbiamo imparato è che spesso l’omicida non porta scritto sul suo viso le sue reali intenzioni, non è facilmente riconoscibile, a volte, anzi il più delle volte, sembra proprio “il bravo” ragazzo della porta accanto, quello che non farebbe mai del male ad una mosca. E poi ti ammazza.

In questo caso invece c’erano state delle denunce, delle richieste d’aiuto, dei video attestanti le percosse, eppure non è bastato. E sapete qual è la cosa che fa più male? Che inizialmente non siano state prese in considerazione nemmeno le parole della madre e della sorella, già perché fino a qualche giorno prima era stata valutata anche l’ipotesi del suicidio, anche in questo caso si era data più credibilità a chi poteva ancora parlare, il quindicenne, che ai parenti di quella bambina a cui la vita era stata spezzata.

È stato necessario che l’avvocato della famiglia, Lorenza Dordoni rendesse note le misure della piccola vittima, per far capire l’impossibilità del gesto. Sapete quanto era alta Aurora? Un metro e cinquanta centimetri per trentatré chili di peso, e sapete perché è stata costretta a rendere noti questi dati? Per dimostrare che anche se avesse avuto intenzione di lanciarsi nel vuoto, per la tredicenne sarebbe stato molto difficile riuscire a scavalcare una ringhiera alta un metro e venti, pochi centimetri meno di lei, e che, anche se ci avesse provato, per chi era con lei sarebbe stato molto semplice riuscire a fermarla.

Ma adesso tutto fa male, perché tutti sapevano e nessuno ha fatto nulla, anche quelli che, forse, avrebbero potuto. Un copione già visto, lei che lo lascia, lui che non lo accetta, che si fa pericoloso, violento, la perseguita e la minaccia, lei che denuncia, ci sono le prove, ma non basta. E aggiungo purtroppo lo sappiamo bene che spesso non bastano le denunce e nemmeno i controlli elettronici, come il braccialetto. È una roulette russa con la vita, una roulette russa con la morte, solo che questa volta a morire è una bambina.

Adesso però un super testimone inchioderebbe il quindicenne alle sue responsabilità, una persona presente al momento della tragedia, che sostiene di aver visto la ragazzina aggrapparsi alla ringhiera dopo essere caduta e il quindicenne accanirsi su di lei per farle mollare la presa, per questo M.C.S  (le iniziali del minorenne) è formalmente accusato di aver ucciso l’ex fidanzata. E noi ci uniamo al coro della sua famiglia che la richiede a gran voce, non vendetta, ma giustizia per Aurora.