La morte di Giulia Cecchettin, quando il dolore insegna la vita

Le parole di Gino Cecchettin, questo uomo così per bene, ci hanno regalato l'insegnamento più grande: la potenza della dignità del dolore.

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Irene Vella

Giornalista televisiva

Scrive da sempre, raccogli emozioni e le trasforma in storie. Ha collaborato con ogni tipo di giornale. Ha fatto l'inviata per tutte le reti nazionali. È la giornalista che sussurra alle pasticcerie e alla primavera.

Ieri c’è stato l’addio a Giulia Cecchettin, che ormai è diventata per tutti solo Giulia, la figlia, la sorella e la nipote di tutta Italia, che ha riunito migliaia di persone in piazza davanti alla chiesa di santa Giustina, alcuni dentro, altri fuori, altri ancora davanti allo schermo delle tv, con un unico sentimento comune: il dolore per una morte ingiusta, prematura e senza senso, come se la morte potesse mai averne uno. Eppure mai come in questo caso l’omicidio di questa giovane ragazza ha scosso dal profondo le coscienze di tutti, forse perché ognuno di noi aveva sperato in un finale diverso in questa storia, così simile alla storia delle altre centinaia di migliaia di donne uccise per mano di coloro che dicevano di amarle, o forse per la giovane età del suo assassino, con un profilo diverso dai classici killer, un ragazzo che frequentava l’università, e che, almeno apparentemente, non aveva mai dato problemi, Filippo Turetta.

Già perché se anche quello che sembra un “bravo ragazzo” riesce a trasformarsi in uno spietato assassino, significa che nessuna di noi è al sicuro, nessuna figlia, sorella, nipote può esserlo, perché la cruda verità che questa tragedia ci insegna è che forse non conosciamo mai fino in fondo le persone che frequentiamo, non sappiamo fino a che punto un rifiuto possa trasformare un ex fidanzato, in uno spietato omicida, ed è proprio questa mancanza di certezze a fare paura.

La famiglia Cecchettin però ci ha insegnato una cosa di cui tutti dovremmo fare tesoro: che nessun dolore è uguale ad un altro, che non tutti reagiamo allo stesso modo di fronte alle tragedie della vita, che dal buio più profondo si può tornare a ballare sotto la pioggia. Gino questo ci ha insegnato con le parole, la forza della bontà e della speranza, quella che un giorno permetterà  ai fiori di risorgere, anche se il suo di fiore più bello, è stato spezzato. Gino Cecchettin, l’uomo perbene, il padre che ognuno di noi vorrebbe per i propri figli, insieme alla sua Elena e al suo Davide, ci ha preso a schiaffi con il suo dolore composto, con le sue parole così precise e così piene d’amore, da scavarci nel profondo dell’anima.

E ci siamo chiesti noi cosa avremmo fatto al suo posto, ci ha messo di fronte ai nostri limiti, al punto che quelli che si sono sentiti in difetto hanno avuto il coraggio di attaccare questa famiglia, perché il dolore va esposto, bisogna urlare e stracciarsi le vesti, altrimenti vale meno. Sapete è così succede, di fronte alla potenza di certi esseri umani, avviene una deflagrazione, l’esplosione della consapevolezza che quella persona che ci sta davanti è così grande, così tanto migliore di noi che di chi non ha gli strumenti adatti, o semplicemente non è sufficientemente intelligente, non riesce a capirla, e invece di farsi piccolo di fronte a tanta grandezza, si fa cattivo.

Giulia Cecchettin
Fonte: Ansa
Giulia Cecchettin

Negli anni ho conosciuto madri che avevano perso figli per la malattia, e ognuna al dolore aveva reagito in maniera diversa, chi rinchiudendosi e chi invece aprendosi al mondo, continuando a frequentare i reparti degli ospedali in cui i loro bambini erano stati curati, per cercare di aiutare gli altri, per cercare di aiutare le famiglie che, come loro, dovessero attraversare quel “giorno di dolore che uno ha”. Era come se abbracciando loro, potessero ancora abbracciare chi non c’era più. Hanno cercato di dare un senso alla morte, che forse è davvero l’unico modo per restare vivi. Ogni parola che Gino ha pronunciato ieri ha aperto una strada, ha gettato dei semi che, sono certa, riusciranno a germogliare in ognuno di noi.

Perché ci vuole coraggio a parlare ancora di amore e speranza quando ti hanno ucciso una figlia, ci vuole il cuore e la testa per cercare di cambiare le cose quando l’anima sanguina, quando l’unica cosa che vorresti veramente fare è fermarti ed urlare che no, non è giusto, che non doveva finire così, che Giulia, la sua Giulia, la “nostra” Giulia, non doveva morire. Perché questo padre, questo uomo così per bene, ci ha regalato l’insegnamento più grande di tutti, la potenza della dignità del dolore, quella più forte di ogni altro sentimento. Più forte della mancanza di empatia, più forte dell’invidia, più forte della cattiveria. Gino Cecchettin ci ha insegnato la vita.

Addio piccola Giulia, che la terra ti sia lieve, non ti dimenticheremo mai.