Una lettera per Giulia Cecchettin: “Provo rabbia e pena, le scuse servono a poco”

Uno zio di Giulia Cecchettin ha condiviso su Facebook una lunga lettera, scritta da un coetaneo della nipote e lasciata sulla tomba tra i fiori

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Nicoletta Fersini

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Giornalista ed evocatrice di parole: appassionata di lifestyle, tv e attualità. Inguaribile curiosa, osserva il mondo. Spesso sorseggiando un calice di vino.

La eco della morte di Giulia Cecchettin continua a risuonare nei cuori e nelle menti degli italiani. La storia di questa giovane donna di 22 anni uccisa per un sentimento ben diverso dall’amore ha colpito profondamente e smosso le coscienze, forse per la prima volta intenzionate a chiedere (quasi) all’unisono un reale cambiamento. Il femminicidio è realtà, come lo sono i rapporti tossici e la scarsa considerazione che alcuni uomini rivolgono alle donne, relegate a un ruolo marginale anche nei sentimenti. Uno zio di Giulia, Andrea Camerotto, avrebbe trovato tra i fiori apposti sulla tomba della nipote una lettera scritta da Filippo. Non l’ex Turetta, ma un giovane ragazzo che a partire da questo omicidio ha compiuto una riflessione che vale la pena leggere.

Giulia Cecchettin, tra i fiori una lettera scritta dal giovane Filippo

Ciao Giulia, mi chiamo Filippo e non so da cosa cominciare. Forse dalle scuse… Anche se ora come ora servono a poco. Forse servono più a me per sentirmi ok con me stesso per quello che ti è successo”. Comincia così la lettera che un giovane ragazzo di nome Filippo avrebbe lasciato sulla tomba di Giulia Cecchettin, uccisa dall’ex fidanzato nel nome di un amore malato. A condividerla su Facebook è stato Andrea Camerotto, uno zio della ragazza.

“Nel periodo in cui si è iniziato a parlare della tua vicenda in TV, mi scrivevo ancora con la mia ex (per la quale provavo ancora qualcosa) – prosegue la lunga lettera scritta a mano con inchiostro blu -. Nei giorni ha iniziato a ignorarmi e quindi, dato che si parlava spesso di come Filippo Turetta fosse ossessivo nei tuoi confronti, ho deciso di guardarmi dentro e riflettere sulla mia situazione. Tornando al significato di questo messaggio, mi sono sentito particolarmente toccato da questa situazione. Probabilmente è merito dei tuoi familiari [si riferisce alla sorella Elena e al papà Gino, ndr], anche se parlare di merito in queste situazioni non è la cosa migliore”.

La riflessione di un ragazzo sui femminicidi, parole che fanno riflettere

Questo giovane ragazzo, che per una fortuita coincidenza si chiama come il carnefice della Cecchettin, ha fatto quanto in verità tutti e tutte noi avremmo dovuto: iniziare a guardarsi dentro, compiere una riflessione profonda e non mettere le mani avanti giustificandosi a priori. Capire che “In queste situazioni è molto facile uscirsene con affermazioni tali come ‘Non sono così anch’io’ o ‘Non siamo tutti mostri’“, che “Il tutto sia iniziato dalle piccole cose, talmente piccole che talvolta non ce ne rendiamo nemmeno conto”.

L’ipocrisia e l’incoerenza riecheggiano nelle mie parole dato che ogni mente sana si rende conto che queste ‘cose’ sono tutt’altro che piccole – prosegue la lettera ritrovata dallo zio di Giulia, che incalza su quanto accaduto alla ragazza ma più in generale a quel che accade da anni, spesso senza la eco mediatica che meriterebbe -. Alcuni dicono che la tua morte sia stata utile… Ma come si può reputare una morte utile quando questi tragici eventi accadono ogni giorno (quasi) da anni e la situazione sembra non cambiare. La rabbia e la pena che personalmente provo nei confronti di questi ragazzi e uomini è tanta… Ma sono io poi così diverso? D’altronde molte volte noi le piccole cose non le notiamo”.

Poi la conclusione, con le scuse più sentite: “Ancora una volta Giulia, ti chiedo scusa per l’ennesimo nostro fallimento che, come si è dimostrato nei giorni seguenti alla tua scomparsa, non è stato l’ultimo. Un abbraccio da un tuo coetaneo e un quasi vicino di paese. Filippo”.