09/11/1989: cade il Muro di Berlino

Amore, coraggio e dolore. Queste sono le storie che si nascondono nella memoria di quel che resta del Muro di Berlino e che lì saranno conservate per sempre

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Ci sono storie che sono destinate alla vita eterna, perché conservate nei cuori e nella memoria di chi le ha vissute in prima persona, e da chi le ha ascoltate nel tempo, proteggendole alla stregua di un tesoro prezioso. Sono le vicende sconosciute e meno famose che spesso si trovano all’ombra dei grandi eventi che hanno cambiato per sempre la storia del nostro mondo, ma non per questo meno importanti.

Sono quelle restano nel vento, tra le macerie di muri distrutti, tra le strade. Sono storie d’amore, di sofferenza, di lacrime e di gioia, di speranze infrante e ritrovate, come quelle provate il 9 novembre del 1989, quando cadeva per sempre il Muro di Berlino.

Il muro di Berlino: una ferita dell’anima lunga 43 chilometri

È bastata una notte per infrangere i sogni e le speranze delle persone che vivevano lì, da una parte e l’altra della città. Poche ore per distruggere relazioni, progetti e vite, senza neanche il tempo di dire addio, di guardarsi ancora negli occhi o lasciarsi andare in un abbraccio.

Il Muro di Berlino
Fonte: Getty Images
Il Muro di Berlino

La mattina del 13 agosto del 1961, mentre una parte della città dormiva, e l’altra veniva cancellata, vennero realizzati i primi sbarramenti al confine del blocco sovietico: nasceva così il Muro di Berlino. Prima un filo spinato, poi un muro vero e proprio che ha diviso per sempre la città, le strade, le piazze, i quartieri e le persone.

43 chilometri di cemento, una ferita nell’anima e nel cuore di tutte le persone che, separate da un confine politico e militare, si sono ritrovate improvvisamente lontane, ma così vicine, dalle famiglie, dagli amici e dagli amanti per 28 lunghissimi anni.

Désirée Eiben, la prima testimone del muro abbattuto

La sera del 9 novembre del 1989 una giovane donna dal nome Désirée Eiben, ha ascoltato la notizia che ha cambiato di nuovo la sua vita: il Muro di Berlino era stato abbattuto e i cittadini potevano tornare verso Ovest senza più alcuna restrizione. Gunther Schabowski, portavoce della DDR, aveva appena restituito le speranze perse dopo tanti anni: la città era finalmente libera.

A raccontare quel momento è stata la stessa Désirée Eiben, in un’intervista rilasciata durante la settimana del Festival di Berlino che si è tenuto nel 2019, in occasione del 30° anniversario della Rivoluzione Pacifica e della caduta del muro. A lei l’onore casuale di essere la prima cittadina dell’Est a varcare il confine, a distruggere idealmente quel muro.

Per 28 interminabili anni, Désirée ha lasciato metà del suo cuore nella Berlino Ovest. È lì che infatti vivevano sua nonna, sua sorella e suo fratello. Quando l’annuncio è stato dato, la donna è corsa dall’altra parte della città per informare gli altri che ascoltavano le sue parole attoniti e increduli. Poi, la conferma della notizia, e per le strade della città finalmente unificata una grande festa.

11 novembre 1989, la caduta del Muro di Berlino
Fonte: Getty Images
11 novembre 1989, la caduta del Muro di Berlino

Oltre il Muro di Berlino: la storia d’amore di Dorothea e Christoph

Mio caro Christoph, mio povero Christoph. Voglio essere breve per non addolorarti troppo. Ritorno ora dall’ufficio competente e sono molto avvilita. Mi è stato spiegato che si rilasciano autorizzazioni esclusivamente a parenti di 1 grado. Anche a Natale, nessun lasciapassare, e tantomeno per i fidanzati. Ciò che abbiamo da discutere, possiamo comunicarcelo tranquillamente per iscritto. Ecco quanto mi ha detto la signora con cui ho appena parlato

Inizia così la lettera di Dorothea indirizzata al suo Christoph, conservata al Tränenpalast Museum, Berlino. La corrispondenza tra i due amanti divisi dal simbolo disumano della guerra fredda, è solo una delle tante testimonianze di amori che hanno subito il torto più grande di tutti, la separazione forzata.

Coppie, amici e famiglie si sono ritrovate improvvisamente lontane, le une dagli altri, vigilate notte e giorno da militari armati che non permettevano alcuna via di fuga. Tra questi c’erano anche gli amanti, che restavano uniti dalla speranza e dai quei sentimenti custoditi gelosamente nel cuore espressi attraverso lettere d’amore e parole scritte, ora che non ci si poteva più abbracciare o sfiorare.

“E mi ha consigliato di chiederti cosa intenderai fare d’ora in avanti, visto che per il momento di trasloco non se ne parla neanche – e se proprio vogliamo sposarci potremmo farlo quando c’è la fiera”. – continua Dorothea in quella lettera scritta al  Christoph – “Tuttavia dobbiamo renderci conto delle conseguenze a cui andiamo incontro. E nessuno può sapere quando ci sarà un trattato di pace. Naturalmente questa non è una legge, e nemmeno un ricatto! Il fatto è, mi ha spiegato, che qui adesso dobbiamo darci da fare tutti quanti, e non si può fare a meno di nessuno. Insomma, se le tue intenzioni nei miei confronti sono davvero serie, potrai dimostrarlo venendo qua durante la fiera, quando ti daranno l’autorizzazione”.

Caro Christoph, so bene che in questo momento tu sei molto triste, ti abbraccio forte, ti bacio, ti accarezzo, appoggio la mia bocca sui tuoi occhi. Non essere triste, io tengo duro e sono convinta che il nostro amore sarà più forte di ciò che attualmente ci separa. Adesso chiudo perché ho altre lettere da scrivere. Per sempre tua, Dorothea.

L’amore di Dorothea e Christoph non ha conosciuto barriere, se non quelle fisiche dovute al muro. Una storia di coraggio, di attese e di sentimenti puri che ha avuto il suo lieto fine: grazie a un passaporto falso Dorothea riuscì a fuggire nella Berlino Ovest e ricongiungersi con il suo grande amore.

Helga e Wolfgang Aue, la famiglia oltre le barriere

Anche Helga e Wolfgang Aue sono stati divisi da quel muro fisicamente, ma mai nel cuore. Hanno sfidato il sistema silenziosamente e furbamente, lo hanno fatto per i loro bambini e per tenere al sicuro quella famiglia che un giorno sarebbe tornata a vivere insieme.

Costretti a divorziare dai funzionari della SED (Sozialistische Einheitspartei Deutschlands – Partito Socialista Unificato di Germania), i due non si separarono mai realmente. Perché la fede, quella vera, la portavano nel cuore e non sul dito.

Helga rimase a Berlino Est, limitando tutti i contatti con suo marito ai fugaci e clandestini incontri di sguardi attraverso il filo spinato. È lì che i bambini possono abbracciare il loro papà, solo con gli occhi. Consapevoli dei drammi che molte famiglie vivevano tentando di scavalcare il muro, i due scelsero di non fuggire.

Si incontravano però segretamente in Ungheria, per eludere i controlli. Quei pochi giorni di vacanza estiva scorrevano sempre troppo velocemente, ma bastavano a ricordare ai coniugi quanto fosse forte il loro amore. Helga ha sempre mantenuto vive le speranze, convinta che un giorno, così come quel muro era stato eretto, sarebbe stato abbattuto. E aveva ragione: il 9 novembre del 1989 la famiglia Wolfgang si riunì per sempre. Il muro non li ha mai separati.

Le storie silenziose di chi non ce l’ha fatta

Accanto alle lacrime di commozione, però, ci sono anche quelle della disperazione di chi non ce l’ha fatta, di chi è morto lì, nel vano tentativo di superare quelle barriere. Ida Siekmann è stata la prima persona che ha perso la vita provando a oltrepassare il Muro di Berlino per raggiungere la parte ovest della città.

Era il 22 agosto del 1961 e, nonostante i pochi giorni trascorsi, Ida non poteva sopportare quel fardello troppo pesante che giaceva nel suo cuore. Voleva riabbracciare la sua famiglia che si trovava al di là di quella barriera che aveva spaccato in due la sua vita. Così, dal balcone del terzo piano di casa sua, scelse di lanciarsi nel vuoto con la speranza di arrivare nella parte ovest di Berlino. Mise piumoni e coperte sul marciapiede, ma le ferite provocate da quella scelta disperata e coraggiosa le furono mortali.

E se Ida Siekmann fu la prima a provarci, Winfried Freudenberg fu l’ultimo uomo a tentare di oltrepassare il sistema di fortificazione innalzato anni prima. A 8 mesi di distanza dalla caduta del Muro di Berlino, l’uomo tentò la fuga con un pallone a gas per raggiungere quella parte della città che non aveva mai visto, ma da quel mezzo di salvezza cadde.

Ida Siekmann e Winfried Freudenberg rappresentano, rispettivamente, la fine e l’inizio di uno degli eventi storici che ha cambiato per sempre il nostro mondo. Non sono state le uniche persone a provare ad abbattere quel muro. Insieme a loro, infatti, centinaia e migliaia di altre persone hanno combattuto, a volte vincendo, altre volte morendo. Ma le loro storie, quelle, resteranno per sempre.