Intuito femminile, perché le donne sono brave a intuire i pensieri

Una ricerca ha consentito di sviluppare un questionario per svelare le potenzialità della nostra mente nel comprendere i pensieri altrui: spiccano le donne

Foto di Federico Mereta

Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

L’intuito femminile

Quando parliamo di leggere il pensiero stiamo parlando di empatia, intuizione o doti e talenti che appartengono in modo specifico solo ad alcuni individui? Si tratta di qualcosa che possiamo migliorare ed esercitare o qualcosa con cui si nasce oppure no? Ci sono delle persone che sembra quasi sappiano davvero leggere nel pensiero e riescano a trarre vantaggio da questo talento; sanno entrare meglio in empatia, vivono meglio le relazioni, sanno fare le domande giuste e non forzano se stessi/e o le persone, ma lasciano che le cose accadano naturalmente. In altre parole, sono persone presenti a se stesse e anche ai bisogni degli altri.

Molti pensano che sia un tratto innato non modificabile e non sviluppabile ma le cose non stanno in questo modo. C’è un modo in cui possiamo “allenarci” a capire cosa stanno pensando le altre persone perché tutti, in teoria, possono sviluppare questa competenza. In particolare, prestare attenzione alle proprie percezioni su quanto stanno pensando gli altri potrebbe essere molto utile anche in condizioni complesse, come ad esempio in caso di autismo, condizione che può portare appunto a difficoltà nella relazione. Per questo è importante una ricerca che ha visto partecipare tre università inglesi, Londra, Bath e Cardiff, che ha consentito anche di sviluppare un questionario “su misura” per svelare le potenzialità della nostra mente nel comprendere i pensieri altrui.

Un approccio originale

Un dato iniziale emerge dalla lettura dello studio, pubblicato sulla rivista Psychological Assessment: le donne appaiono mediamente migliori dai coetanei maschi nel comprendere cosa sta passando nella mente di chi hanno di fronte, e quindi a “mettersi nei panni altrui”. E quindi sono più efficaci ad andare oltre le parole per svelare passaggi di pensiero che non vengono espressi direttamente a voce. Ma ovviamente, a parte questa caratteristica di genere, poter aiutare le persone a sviluppare meglio la capacità di andare oltre le parole, cogliendo sfumature emotive che vengono dal “non detto”, favorire lo sviluppo delle potenzialità di “mentalizzare” quando gli altri stanno pensando appare di grande importanza.

La ricerca ha preso in esame le informazioni relative ad oltre 4000 persone, alcune con disturbi dello spettro autistico altre senza problematiche di alcun tipo. Tutte queste persone sono state sottoposte ad un semplice questionario che, su una scala numerica, valutava la capacità del singolo di “leggere il pensiero”. Dall’analisi dei dati è emersa chiaramente, sulla popolazione generale, la maggior predisposizione delle donne a sviluppare questa competenza, anche a prescindere dalla semplice empatia che poteva rappresentare un fattore di “disturbo” nell’analisi dei dati.

I dati del test e la lettura della mente

Quindi, che le donne siano molto più brave degli uomini a leggere ciò che gli altri pensano davvero, lo confermano anche i dati statistici raccolti dopo il test. Gli psicologi delle università di Bath, Cardiff e Londra hanno progettato un test di lettura della mente utilizzando i dati di oltre 4.000 persone autistiche e non autistiche nel Regno Unito e negli Stati Uniti, per fare ulteriore chiarezza sul territorio considerato nello studio. Il questionario nel dettaglio ha una sua articolazione in quattro fasi e secondo una valutazione finale che segue un punteggio che va da 4 a 16, dove il valore inferiore indica una scarsa capacità di lettura della mente e il livello più alto, ovvero il 16, indica una grande intuizione. Il questionario è stato compilato da un totale di 2.900 persone, con un punteggio medio compreso tra 12 e 13. Le donne, tuttavia, hanno sempre riportato punteggi molto alti rispetto ad altri soggetti. In un’analisi di genere in media, gli uomini hanno ottenuto un punteggio di 12,1, mentre le donne hanno ottenuto un punteggio di 12,6 (questi numeri fanno sempre riferimento ai dati pubblicati sulla rivista Psychological Assessment).

La differenza tra comprensione del pensiero ed empatia

Il dottor Punit Shah, del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Bath, ha dichiarato: “Gran parte del modo in cui comunichiamo si basa sulla comprensione di ciò che gli altri stanno pensando, ma si tratta di un processo sorprendentemente complesso che non tutti sono in grado di fare“. Il medico ha notato, nel commento al suo studio, quanto empatia e pensiero siano collegati, anche se differenti. Comprendere quel che gli altri pensano non equivale a comprendere quel che provano. Facciamo molto affidamento sulle parole e sui gesti di una persona, ma le cose che vengono dette spesso non riflettono come la persona si sente. Comprendere quel che gli altri sentono a volte significa invece proprio isolare quello che dicono, cosa che spesso potrebbe deviarci.
Questo lavoro proposto dal team di Bath ha un grande potenziale per comprendere meglio l’esperienza vissuta delle persone con difficoltà di lettura mentale, come quelle affette da autismo. E ci apre gli occhi su un fattore fondamentale: per avere intelligenza emotiva occorre mettersi nei panni dell’altro. Questo significa anche e soprattutto essersi fatto delle domande personali, essersi messo in discussione. Difficilmente chi non riconosce le proprie debolezze riesce a sostenere e sollevare quelle degli altri. Altrettanto difficilmente chi non sa analizzare i propri stati d’animo riesce a capire da dove originano i comportamenti altrui.

Concepiamo sempre il successo come un fattore legato ai feedback positivi rispetto a quello che facciamo, ai risultati che “portiamo a casa”. Invece, la competizione potrebbe non essere il parametro migliore per giudicarsi e giudicare. Quanto sento cosa provano gli altri? Quanto so vedere in loro il buono e quindi anche in me? Come posso non farmi prendere dal panico anche quando intorno a me accadono comportamenti e si verificano eventi che non capisco alla perfezione e che non so interpretare? Sono queste le domande che possono muoverci a sviluppare una leadership diversa, non aggressiva, non tuonante ma comprensiva ed empatica.

L’importanza di un test su misura

Insomma, la ricerca dimostra innanzitutto che “andare oltre” quanto viene detto per cercare di carpire davvero i pensieri dell’interlocutore è fondamentale. E conferma anche come ognuno di noi si comporti in modo diverso di fronte a questa possibilità, perdendo potenzialmente alcune opportunità nei rapporti interpersonali. Comunichiamo e ci comportiamo, nella vita di ogni giorno, anche sulla base di ciò che gli altri pensano per cui riuscire ad andare oltre le semplici parole che vengono emesse appare fondamentale nei rapporti di vita, in famiglia e nel lavoro. Grazie al test messo a punto dagli studiosi del Regno Unito è possibile separare la potenzialità di “leggere nella mente” e quindi di comprendere gli altrui pensieri dalla semplice empatia, che ci fa capire bene quello che una persona sta provando. I due processi, si racconta nella ricerca, impegnano aree e circuiti cerebrali diversi. Il questionario, disponibile gratuitamente, potrà risultare di grande utilità per le persone con difficoltà di relazione aiutando quindi chi le segue ad individuare percorsi mirati caso per caso, ma più in generale aiuterà tutti coloro che puntano a migliorare la loro capacità di saper cogliere i pensieri degli altri.

Mettersi in discussione

Tra le domande relative al test cui sono stati sottoposti i partecipanti vi erano questioni relative a quanto facilmente ci si mette nei panni degli altri, con che immediatezza se ne comprende il punto di vista, quanto spesso si immaginano le cose non dalla propria personale prospettiva, quanto siamo chiamati a questo sforzo e cosa facciamo quando non ci sentiamo capiti/e. Pensiamo sempre che la sintonia sia un fattore che deve scattare tra noi e gli altri, ma quanto ci abbiamo lavorato singolarmente? E come reagiamo quando ci sembra che questa sintonia non si inneschi? Diamo la colpa fuori o ci guardiamo dentro? Prendersi il tempo per capire e ascoltare gli altri corrisponde a un investimento vero e proprio. Significa avere una consapevolezza che ci toglie un pochino dalla voglia costante di giudicare immediatamente l’altro o noi stessi/e. Se si ha intenzione di sviluppare un livello di empatia buono dobbiamo per forza riflettere sul fatto che ognuno di noi ha vissuto nella vita almeno un trauma e ha reagito in modo diverso; si potrebbe trattare di un lutto, una separazione, un dolore emotivo, un dispiacere profondo, una delusione rispetto alla carriera, forme di tradimento o di abbandono, etc.

Calma, intuizione e connessione profonda

Stephen Porges, ricercatore presso l’Indiana University, professore di psichiatria presso la University of North Carolina e professore emerito presso la University of Illinois a Chicago e presso la University del Maryland, ha messo a punto la Teoria Polivagale che unisce la reazione al trauma e il modo in cui ci poniamo rispetto agli altri. Noi abbiamo un sistema nervoso centrale direttamente connesso al modo in cui viviamo cambiamento e traumi; un rumore, una parola, un’azione possono farci sconnettere immediatamente da noi stessi/e e dagli altri.

Quando ci sentiamo tranquilli ed al sicuro, il vago ventrale è in grado di disattivare la reazione “combatti o fuggi”, molto collegate al sistema simpatico o anche detto ortosimpatico. Come Stephen Porges ha dimostrato, il sistema vagale ventrale attiva il “sistema di coinvolgimento sociale” (social engagement system), nonché i muscoli dell’orecchio medio, permettendo all’individuo di ascoltare gli altri, di comunicare ed entrare in sintonia col prossimo. Se connettiamo lo studio di Bath con la Teoria Polivagale possiamo azzardare l’ipotesi che le donne siano automaticamente chiamate a mettersi a disposizione, creare un legame attraverso l’ascolto e la comprensione emotiva. Il sistema parasimpatico mielinizzato – vago ventrale – ci aiuta a creare un legame con gli altri individui in quanto regola le aree cerebrali che controllano i muscoli dell’orecchio medio, i quali sono utilizzati per sintonizzarsi sulle frequenze acute del linguaggio umano e per attivare i muscoli che servono alle espressioni vocali e facciali. Donne o uomini potrebbero proprio porsi in questo assetto di “modalità ventro-vagale” per cui essere tranquilli significa vivere bene la connessione con se stessi/e e con gli altri.

Fonti bibliografiche

• How well do you understand other people?, Universities of Bath, Cardiff, and London
• Women better at mind-reading than men, research finds, Guernsey Press