Pesce azzurro: quali sono, proprietà e quanto mangiarne

Il pesce azzurro è uno degli alimenti tipici della Dieta Mediterranea. Il suo potere salutare è legato all’elevato contenuto di acidi grassi omega-3

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Roberta Martinoli

Medico Nutrizionista

Dopo una Laurea in Scienze Agrarie e un Dottorato di Ricerca in Fisiologia dei Distretti Corporei, consegue una Laurea in Scienze della Nutrizione Umana e in Medicina e Chirurgia.

Pubblicato: 25 Maggio 2022 07:50

Qual è il pesce migliore

Il pesce migliore è quello grasso. Lo aveva dimostrato già il professor Hugh Sinclair della Oxford University negli anni ‘80 del secolo scorso. Per dimostrarlo Sinclair adottò la dieta degli inuit a base di carne di foca, pesce grasso, molluschi e crostacei. Quello che Sinclair aveva notato era che benché gli inuit mangiassero moltissimi grassi e pochissima verdura avevano un’incidenza piuttosto bassa di malattie cardiovascolari. Oggi è accertato che consumare almeno due porzioni di pesce grasso a settimana riduce il rischio di malattie cardiovascolari, di depressione e di artrite.

Tutto merito degli omega-3 che avrebbero tra l’altro anche la capacità di condizionare la flora batterica intestinale favorendo la crescita di batteri associati alla produzione di acido butirrico. L’acido butirrico è un acido grasso a catena corta in grado di nutrire le cellule della mucosa colonica (i colonociti) e di contrastare l’infiammazione sistemica di basso grado, riconosciuta oggi come una delle cause delle malattie cronico-degenerative (insulinoresistenza, diabete, malattie cardiovascolari, malattie neurodegenerative). Via libera, dunque, al consumo di pesce e soprattutto del pesce azzurro.

L’elenco

Tra il pesce azzurro di più frequente consumo vanno annoverate le seguenti specie:

  • Tonno;
  • Pesce spada;
  • Sarde;
  • Alici;
  • Merluzzo;
  • Pesce sciabola;
  • Sgombro o maccarello;
  • Aringa;
  • Ricciola;
  • Palamita;
  • Aguglia.

L’importanza degli omega-3

Il termine omega-3 si riferisce ad alcuni acidi grassi che presentano 3 o più doppi legami nella catena carboniosa. Come altri acidi grassi anche gli omega-3 entrano a far parte delle membrane cellulari e, grazie alle loro proprietà chimico-fisiche, ne determinano le caratteristiche di fluidità indispensabili allo svolgimento di tutti processi che hanno luogo nella cellula. Oltre all’effetto sulla fluidità di membrana, gli altri meccanismi mediante i quali gli acidi grassi polinsaturi della serie omega-3 riducono il rischio cardiovascolare sono i seguenti:

  • migliorano la funzione endoteliale (permeabilità, tono vasale, valori pressori),
  • modulano l’aggregazione piastrinica,
  • prendono parte ai processi di sintesi di molecole ad azione antinfiammatoria (eicosanoidi),
  • stabilizzano le lesioni ateromasiche (ricordiamo che le placche instabili possono andare incontro ad erosione spontanea, fissurazione o rottura),
  • sono dotati di una significativa azione di tipo antiaritmico;
  • riducono i livelli di trigliceridi;
  • elevano i valori del colesterolo buono (colesterolo HDL).

Integratori di omega 3

Pillole di olio di pesce, un’industria da 1.2 miliardi di dollari costruita finora su promesse senza fondamento” così recitava il Washington Post qualche tempo fa… Ingoiare una capsula contenente omega-3 non è come mangiare del buon pesce azzurro, delle noci oppure della carne bovina di animali allevati al pascolo (grass-fed), tutte ottime fonti di grassi polinsaturi. Perché? Un’equipe di ricercatori neozelandesi ha analizzato capsule di olio di pesce prodotte un po’ in tutto il mondo, scoprendo che l’olio contenuto nella maggior parte di esse era ossidato anche prima di raggiungere la data di scadenza. Le prendiamo per contrastare lo stress ossidativo e finiamo con l’ossidarci ancora di più…

Quanto mangiarne

L’American Heart Association ha definito auspicabile una dieta ricca di omega-3, che si caratterizza per il fatto di prevedere almeno due porzioni alla settimana di pesce azzurro e per la presenza di grassi vegetali contenenti acido alfa linolenico (canola, soia, ecc.). Una porzione di pesce azzurro equivale a circa 160 grammi nelle donne e a 240-300 grammi nell’uomo.

Pesce azzurro e anisakis

L’anisakidosi è una zoonosi causata da vermi tondi ascrivibili ai generi Anisakis in grado di determinare nell’uomo, ospite accidentale, una patologia di difficile diagnosi con sintomi aspecifici e mutevoli. Il quadro clinico può portare al sospetto di altre patologie (dispepsia, esofagite, gastrite, pancreatite autoimmune, emorragia digestiva, morbo di Crohn, carcinoma intestinale).
I soggetti sensibilizzati possono avere reazioni allergiche non solo ingerendo il pesce parassitato ma anche manipolando o inalando alcuni cataboliti prodotti da questi vermi e diffusi nell’aria.
I prodotti ittici più a rischio sono:

  • pesce sciabola;
  • lampuga;
  • pesce spada;
  • tonno;
  • sardine;
  • aringhe;
  • acciughe;
  • nasello;
  • merluzzo;
  • rana pescatrice;
  • cefalopodi;
  • ricciola;
  • pesce San Pietro;
  • salmone selvatico;
  • triglia.

Come conservarlo

Qui di seguito vengono elencate alcune semplici norme pratiche per consumare il pesce in sicurezza:

  • controllare che non ci siano parassiti quando si pulisce il pesce;
  • preferire al crudo il pesce cotto;
  • se si desidera preparare piatti a base di pesce crudo o poco cotto (ad esempio alici marinate, sushi…) bisognerà prima congelarlo a – 20°C per 24 ore, assicurandosi che il congelatore domestico consenta il raggiungimento del valore indicato, o richiedere il trattamento di bonifica preventiva (abbattimento termico) al dettagliante;
  • prima dell’acquisto di preparazioni gastronomiche a base di pesce crudo informarsi dal dettagliante se il prodotto è certificato (o leggere sull’etichetta) se risulta conforme al Reg. (CE) 853/2004.
  • se si è allergici all’Anisakis bisognerà astenersi dal consumare pesce crudo (sushi, sushimi, carpacci, alici marinate, etc.) in quanto si può andare incontro a shock anafilattico. In ogni caso è consigliabile tenere a disposizione i presidi medici atti a fronteggiare lo shock anafilattico le reazioni allergiche (cortisonici, adrenalina).