Ogni volta che mangiamo, il nostro sangue si modifica in base al cibo assunto. Negli ultimi anni, abbiamo spesso sentito parlare di indice e carico glicemico degli alimenti, valori utili non solo alle persone diabetiche, ma anche a chi vuole perdere peso corporeo. Secondo uno studio, pubblicato sul British Journal of Nutrition, i due valori potrebbero essere dei fattori predittivi dell’obesità, in particolare dell’accumulo di grasso in sede addominale. Ma quali sono le differenze?
L’indice glicemico
L’indice glicemico (IG) di un alimento indica – come si legge sul sito della Società Italiana di Diabetologia – l’incremento glicemico indotto dall’ingestione di una porzione di quell’alimento rispetto a uno di riferimento (glucosio o pane bianco), a parità di contenuto di carboidrati. L’indice glicemico è espresso in termini percentuali: un alimento con un indice glicemico di 50% determina un innalzamento della glicemia pari alla metà di quello indotto dal glucosio oppure dal pane bianco. Per fare un esempio, 100 g di fagioli secchi – considerati come un alimento a basso indice glicemico) – contengono 50 g di carboidrati, che però hanno un minor impatto sulla glicemia rispetto allo stesso quantitativo di carboidrati contenuti in una fetta di pane di 90 g, alimento che rientra tra quelli ad elevato indice glicemico (puoi visualizzare una lista esaustiva dell’indice glicemico di molti cibi qui)
Un valore che varia
L’IG può essere influenzato però influenzato da diversi fattori che ne causano una certa variabilità. Per esempio, la presenza di grassi, di proteine e di fibre contenute all’interno del pasto potrebbero abbassare l’indice glicemico della preparazione. Così come il processo tecnologico utilizzato per la produzione degli alimenti e la cottura. Basti pensare che uno stesso alimento, come le carote o le patate, hanno un indice glicemico diverso a seconda che siano consumate crude o cotte, calde o fredde. Anche il grado di maturazione di un cibo, come nel caso della frutta, è un ulteriore fattore che può influenzare anche notevolmente gli effetti sulla glicemia. Senza contare che l’IG può presentare forti variazioni da una persona all’altra.
Il carico glicemico
L’IG tiene conto solo della qualità dei carboidrati, mentre la risposta glicemica ad un alimento è influenzata anche dalla quantità di carboidrati, ed è per questo motivo è stato introdotto un altro indice chiamato “carico glicemico”, che meglio esprime l’impatto dei carboidrati sulla glicemia. A seconda delle dimensioni della porzione, infatti, il carico glicemico di alimenti diversi può risultare simile nonostante l’indice glicemico degli stessi sia molto diverso. Proviamo a fare un esempio che possa chiarire meglio il concetto. Sul sito diabete.com è disponibile una tabella in cui sono indicati i grammi di carboidrati, l’indice glicemico e il carico glicemico di alcuni alimenti. Dal grafico è possibile evincere che una porzione di pane ai cereali ha un carico glicemico di 19, mentre una porzione di pane bianco (che ha un IG più elevato rispetto al pane ai cereali) ha un carico glicemico simile, pari a 17. Tuttavia, se aumentiamo del doppio la quantità consumata di pane bianco, anche a parità di IG, il carico glicemico raddoppia. Non solo la qualità, quindi, ma anche la quantità fa la differenza.
Meglio l’indice o il carico glicemico?
Il carico glicemico valuta l’effetto sulla glicemia di un alimento basandosi sulle quantità effettivamente consumate. Di conseguenza – scrivono gli esperti di diabete.com – è un parametro più adatto per calcolare il consumo quotidiano dei vari alimenti. In sintesi, mentre l’indice glicemico è la misura della qualità dei carboidrati, il carico glicemico è la misura della loro quantità: tiene conto sia dell’IG, che del contenuto di zuccheri per porzione consumata.