La dieta chetogenica per il diabetico: la parola alla scienza

Molti studi scientifici evidenziano come la dieta chetogenica possa essere un'ottima strategia nutrizionale per i diabetici

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Stella Galbiati

Biologa Nutrizionista

Biologa Nutrizionista laureata nel 2015 in Scienze della Nutrizione Umana. Si occupa di corretta alimentazione.

Molto spesso sentiamo parlare di dieta chetogenica, in particolare per i suoi benefici legati alla perdita di peso in soggetti sani. Ma è possibile applicare questo protocollo alimentare anche in persone affette da alcune patologie? La scienza ha approfondito l’argomento, soprattutto in relazione ad una problematica molto diffusa: il diabete.

Cos’è la dieta chetogenica?

La dieta chetogenica è un regime alimentare che induce nel corpo umano un particolare processo fisiologico, chiamato chetosi, che consente al corpo umano di funzionare con un “carburante” diverso dal solito glucosio, sfruttando, invece, i corpi chetonici. Questi, sono sostanze che vengono prodotte a partire dai grassi e hanno un ruolo cruciale in molteplici processi metabolici.

La dieta chetogenica si basa sulla riduzione dell’apporto di carboidrati e una moderata assunzione di proteine. Il contenuto in grassi invece varia a seconda della finalità terapeutica per cui viene utilizzata. 

Questa particolare combinazione di macronutrienti stimola la trasformazione dei grassi in corpi chetonici, al fine di utilizzarli come fonte energetica primaria, attraverso il processo chiamato chetosi. Quando la finalità è perdere peso, i grassi utilizzati sono quelli endogeni dislocati nel tessuto adiposo corporeo.

Alcuni esempi di piatti o alimenti che rientrano nella dieta chetogenica includono uova, carne, pesce, formaggi, avocado, olio d’oliva, verdure a foglia verde, noci e semi. È importante prestare attenzione alla quantità e tipologia di ingredienti da utilizzare, prediligendo quelli ricchi di grassi insaturi e, al contrario, limitando quelli ad alto contenuti di acidi grassi saturi. Sono molteplici gli studi associati a questo protocollo alimentare e gli effetti benefici che potrebbe apportare all’organismo. Primo tra tutti è la sensazione di sazietà più marcata rispetto ad una dieta con lo stesso contenuto calorico ma senza produzione di chetoni. Inoltre portando alla riduzione della massa grassa totale, preservando la massa magra, si ottiene conseguentemente miglioramento della composizione corporea.

Altri ne sottolineano la riduzione del rischio di malattie cardiovascolari: sebbene questa dieta sia ricca di grassi, si incentra sul consumo di grassi sani come l’olio d’oliva, il pesce, le noci e gli avocado, che possono migliorare i livelli di colesterolo e ridurre l’infiammazione.

Tuttavia, come per ogni regime alimentare, esistono anche dei possibili effetti collaterali: limitando l’assunzione di ogni tipologia di carboidrato, potrebbe esserci un minor consumo di frutta, verdura e cereali integrali, che è risaputo essere importanti fonti di vitamine, minerali e fibre. È importante quindi prestare attenzione all’equilibrio dei nutrienti, integrando la propria dieta con alimenti ricchi di nutrienti essenziali.

Non solo, ma anche effetti quali l’alitosi e lo stato di chetosi iniziale, caratterizzato da affaticamento, debolezza e vertigini, possono risultare degli ostacoli al mantenimento di questo regime nel tempo. Fortunatamente, però, la maggior parte dei sintomi negativi descritti scompaiono in pochi giorni e attraverso l’assunzione di un adeguato pool vitaminico e minerale, gestito dalla varietà di verdure “consentite” e/o l’integrazione attraverso apposite molecole, ne permette una buona compliance nel tempo.

Prima di intraprendere una dieta chetogenica è fondamentale, quindi, consultare un professionista che possa valutare la tua situazione individuale e fornire consigli adeguati. Possono anche essere utili nella pianificazione dei pasti e nell’individuazione di alimenti adeguati.

Il diabete

Il diabete è una patologia sistemica, caratterizzata dalla presenza di alti livelli di glucosio (zucchero) nel sangue. Questo, solitamente, è causato da un deficit dell’insulina, ovvero l’ormone prodotto dal pancreas responsabile del controllo del livello di glicemia nel sangue che, secondo i parametri, non dovrebbe superare i 100 mg/dl. In particolare, valori glicemici compresi tra 100 e 124 mg/dl definiscono una situazione di pre-diabete, mentre valori più alti a digiuno possono essere sinonimo di patologia conclamata.

Questa malattia, però, non è univoca; ne esistono infatti diverse tipologie.

  • Il diabete tipo 1: è una patologia cronica, autoimmune, dipendente da un’alterazione del sistema immunitario, che causa la distruzione di cellule del pancreas, ghiandola deputata alla produzione di insulina, ovvero l’ormone in grado di regolare i livelli ematici di glucosio. Questo, non è legata né all’alimentazione, né allo stile di vita o ad un eccesso di peso, ma si presenta come un problema di carattere metabolico. Questo compare tendenzialmente nei primi 30 anni di vita, motivo per il quale viene spesso definito anche “diabete giovanile”; i sintomi caratteristici possono essere:
    – Aumento della sete e dell’appetito;
    – Aumento della minzione;
    – Ingiustificata perdita di peso.

Questi soggetti devono rifarsi ad una terapia farmacologica, ponendo comunque una giusta attenzione alla propria alimentazione e al proprio stile di vita, per cercare di normalizzare il proprio profilo glucidico. Studi molto recenti, come quelli riportati dal Centers for Disease Control and Prevention, hanno segnalato un preoccupante aumento di casi di diabete tipo 1 negli under 18 guariti dal Covid-19: si pensa che a determinare questo sia l’effetto secondario del virus sugli organi che intervengono nel metabolismo degli zuccheri, ma non è da escludere un’influenza la possa avere avuta lo stile di vita generato dalla pandemia su soggetti che avevano già una predisposizione.

  • Il diabete tipo 2: è una malattia cronica non trasmissibile a livello genetico, caratterizzata da elevati livelli di glucosio nel sangue, dovuta a un’alterazione della quantità e/o del funzionamento dell’insulina, con conseguente presenza eccessiva degli zuccheri nella circolazione ematica. Questa tipologia, colpisce prevalentemente gli adulti, rappresentando il 90% dei casi di diabete totali diagnosticati. Tendenzialmente, il diabete di tipo 2 è correlato a sovrappeso e obesità, scorretta alimentazione, con eccessi di carboidrati, sedentarietà e condizioni socio-economiche svantaggiate.

I principali sintomi che si riconducono a questa patologia sono:
– necessità di bere frequentemente;
– necessità di urinare spesso, soprattutto durante la notte;
– perdita di peso non giustificata;
– ferite che si rimarginano molto lentamente;
– stanchezza e affaticamento generale.

In questo contesto, oltre alla terapia farmacologica, è possibile e necessario intervenire sul proprio stile di vita per limitare i danni sistemici che la patologia diabetica può causare. Oltre all’attività fisica, l’alimentazione gioca un ruolo essenziale: la dieta per il diabete dovrebbe controllare il livello di zuccheri e carboidrati ingeriti, prediligendo quelli a basso indice glicemico, intervenendo direttamente sull’eccesso di peso corporeo, spesso presente in questi soggetti.

Infatti, la probabilità di sviluppare il diabete tipo 2 aumenta notevolmente quando si verificano condizioni come sovrappeso e obesità. Ancora una volta va ribadito che l’assunzione di alto contenuto di zuccheri e carboidrati porti ad un aumento di massa grassa che a sua volta rilascia sostanze che vanno ad agire sul metabolismo e anche sul sistema cardiovascolare. Per questo è indispensabile tenere sotto controllo le abitudini alimentari e scegliere con attenzione cosa mangiare in una dieta per diabete.

  • Il diabete gestazionale: questo è definito come un disordine della regolazione del glucosio, che inizia o viene diagnosticata per la prima volta in gravidanza e, nella maggior parte dei casi, si risolve non molto tempo dopo il parto, pur potendo ripresentarsi a distanza di anni sottoforma di diabete di tipo 2. Questo, se non controllato aumenta il rischio di complicanze durante la gravidanza e al momento del parto, oltre che di malformazioni fetali e/o morte intrauterina.
  • Il diabete monogenico: è una forma di diabete genetica, ereditata da uno o da entrambi i genitori, decisamente più raro rispetto a quelli di tipo 1 e 2. È possibile che si manifesti in qualsiasi fase della vita, anche se è più facile la visione durante l’età giovanile.
  • Il diabete secondario ad altra patologia o farmaci: è un diabete particolare, derivante da terapie specifiche per altri organi, principalmente rivolte al pancreas.

Parla la scienza: dieta chetogenica e diabete

Abbiamo visto che il diabete è una patologia legata alla mancata produzione e/o efficacia dell’ormone insulina, deputato al controllo dei livelli circolanti di glucosio.

Alcuni studi recenti hanno visto come quella che viene definita resistenza all’insulina, ovvero la ridotta sensibilità che le cellule dell’organismo hanno nei confronti dell’insulina, divenendo così meno capaci di assorbire il glucosio, possa essere contrastata attraverso la dieta chetogenica. Non solo, ma questo approccio, come abbiamo già detto in precedenza, permetterebbe ai soggetti di perdere peso, con conseguente riduzione del rischio di malattie cardiovascolari, sintomi comunemente presenti nei soggetti diabetici.

Uno studio condiviso, che ha visto coinvolti diversi dipartimenti universitari e ospedalieri presenti in differenti parti del mondo, ha messo in evidenza come sia molto difficile l’approccio nutrizionale verso il paziente diabetico, non solo associato alla presenza di effetti collaterali derivanti dai farmaci associati alla patologia, ma anche ai fallimenti dietetici, legati a approcci dietologici che vengono comunemente suggeriti e che risultano, spesso, poco efficaci e duraturi. Secondo gli esperti, queste evidenze renderebbero necessaria una revisione delle linee guida dietetiche per i pazienti diabetici, prendendo in considerazione anche le diete a basso contenuto di carboidrati, dimostratesi efficaci nel trattamento della patologia e della sindrome metabolica, portando a risultati evidenti e duraturi nel tempo, senza particolari effetti collaterali.

Ricerche, come quella condotta da l’ Università di Medicina di Semnan, in Iran, e quella del dipartimento di endocrinologia dell’ospedale Popolare di Leshan, a Sichuan, in Cina, hanno confrontato 50 studi randomizzati, che hanno coinvolto 4291 pazienti, evidenziando l’effetto positivo di una dieta povera di carboidrati (mediamente minore del 45% delle calorie totali) in pazienti con diabete di tipo 2. Queste hanno registrato riduzioni significative dell’emoglobina glicata, del glucosio, del colesterolo totale, LDL, dei trigliceridi, della pressione sistolica e del peso. Non solo, ma si è visto come gli effetti positivi aumentassero a seguito di ulteriori diminuzioni dell’assunzione dei carboidrati.

Un altro studio, condotto dal Dipartimento di Obesità, Instituto Estadual de Diabetes e Endocrinologia Luiz Capriglione (IEDE) di Rio de Janeiro, ha studiato come la somministrazione di una dieta chetogenica a bassissimo contenuto calorico, conosciuta comunemente come VLCKD, sia stata in grado di migliorare tutti i parametri metabolici nei soggetti affetti da diabete di tipo 2. In particolare, in questo caso, è stato utilizzato un protocollo alimentare basato su preparati proteici ad alto valore biologico, suddiviso in diverse fasi: quella iniziale era composta da pasti sostitutivi che consentivano di apportare circa 600-800 kcal giornaliere, con un contenuto  di carboidrati molto basso (<50 g al giorno da verdure); quelle successive vedevano un incremento controllato sia dei carboidrati e delle calorie giornaliere.

Possiamo quindi affermare che la dieta chetogenica, in particolare quella a basso contenuto calorico (VLCKD), potrebbe essere un’ottima strategia nutrizionale da applicare ai soggetti che presentano diabete di tipo 2, in quanto consente di migliorare la sensibilità insulinica, controllare il peso corporeo e moltissimi parametri ematochimici.

Sappiamo bene come la nostra alimentazione sia basata su alimenti ad alto contenuto di carboidrati e privarcene potrebbe risultare faticoso. Per migliorare l’aderenza a questa strategia nutrizionale, però, è possibile utilizzare dei prodotti sostitutivi dei pasti, appositamente formulati, che soddisfino le esigenze dolci e salate del nostro palato. È fondamentale sempre e comunque consultare un professionista prima di intraprendere questa dieta e prestare attenzione alle potenziali carenze nutrizionali. Con una corretta pianificazione e scelta degli alimenti, la dieta chetogenica può essere seguita in modo sicuro ed efficace.

 

In collaborazione con PentaDiet

Fonti bibliografiche

 

Aspetti principali della dieta