David Lynch, regista visionario di capolavori, di film tanto amati quanto discussi, è morto a 78 anni. Era malato da tempo di enfisema, aveva sempre fumato troppo, e lo sapeva. L’ultima apparizione sullo schermo è stata in The Fabelmans di Spielberg, nel 2022, nei panni di un altro leggendario uomo di cinema, John Ford.
Lynch il regista rivoluzionario, il pittore di opere esposta al MOMA, soprattutto colui che nei primi anni ’90 ha segnato un’epoca, rivoluzionato il cinema e la tv, la maniera di girare, introdotto nuovi canoni estetici e insegnato il vero significato di suspence e terrore, grazie al non detto e non visto: Twin Peaks (in Italia I segreti di Twin Peaks), serie tv di 30 episodi andati in onda tra il 1990 e 1991.

Per mesi, la messa in onda della serie è stata preceduta da una campagna pubblicitaria senza precedenti all’epoca: tra uno spot e l’altro compariva la faccia bellissima e livida, avvolta in un sacco per cadaveri, di una giovane ragazza bionda. In sottofondo la musica ipnotizzante di Angelo Badalamenti e in sovraimpressione la scritta, divenuta slogan della serie: “Chi ha ucciso Laura Palmer?”.

Inevitabile la tensione creata dall’attesa e quando finalmente la serie è andata in onda è stata una epiphany, una esplosione di meraviglia: perché intorno alle indagini per svelare il mistero del brutale assassinio di questa liceale all’apparenza ragazza modello in realtà molto meno angelica di quanto l’aspetto indicasse, veniva costruito tutto un mondo di bugie, false apparenze, doppi giochi e tradimenti di un intero paese: Twin Peaks, comune nebbioso al confine fra Stati Uniti e Canada. Che ci faceva stare incollati alla tv per scoprire non solo l’identità dell’assassino, ma anche la verità dietro tutti gli altri misteri.

Una sorta di Peyton Place in chiave gotica, con il tocco inconfondibile, a metà tra l’horror la fantascienza, di quel regista visionario, moderno e precursore dei tempi che è stato David Lynch.
In Twin Peaks non mancava nulla: un assassino da scoprire, una liceale bellissima inspiegabilmente e brutalmente assassinata, il fidanzato popolare e sexy (ma che, si scoprirà, la tradiva) la migliore amica affranta, la compagna di classe sexy e misteriosa e una serie di personaggi collaterali, dai genitori di Laura ai negozianti del paese, ai poliziotti locali, tutti con qualcosa da nascondere e, al tempo stesso, rivelare. In ultimo, il giovane agente dell’FBI che veniva mandato per indagare e finiva risucchiato dagli intrighi locali: Dale Cooper, alias un giovanissimo Kyle MacLachlan, attore feticcio di Lynch lanciato da Dune, consacrato dalla serie e poi richiamato in altri film successivi del regista.

Il tutto accompagnato da musiche magnetiche, da una fotografia – i paesaggi sempre piovosi e nebbiosi di Twin Peaks– che sottolineava perfettamente il senso di mistero e tristezza e colpi di scena inaspettati e spaventosi. Per un finale che lasciava tutti senza fiato e confermava, proprio come in tanta cronaca nera attuale, che spesso il mostro è dentro casa.
Non poteva non avere l’incredibile successo che ha avuto Twin Peaks; era qualcosa di completamente nuovo, rivoluzionario sia stilisticamente che narrativamente. In un epoca di soap opera, eravamo gli eredi di General Hospital, Dallas, Dynasty, Beautiful che si affacciava in quegli anni, Twin Peaks – innovativo intanto perché autoconclusivo, a tempi era una novità, le grande stagione delle serie Netflix non esisteva ancora – era diverso, una mosca bianca intrisa di terrore e mistero in un mondo di intrighi famigliari dove al massimo si tradiva, non si uccideva.

Twin Peaks è stato dirompente, come il successo che ha investito tanti suo interpreti, da Kyle a Lara Flynn Boyle, inaugurato un genere e accresciuto la fama di un regista che prima e dopo la serie ha girato capolavori come The Elephant Man (1980), Dune (1984), Velluto blu (Blue Velvet, 1986), il bellissimo Cuore selvaggio (Wild at Heart, 1990), Strade perdute (Lost Highway, 1997), Una storia vera (The Straight Story, 1999), Mulholland Drive (2001). Ma che per la mia generazione, e non solo, resterà sempre nel cuore per averci regalato i brividi e l’orrore dell’assassinio di Laura Palmer.
E non importa se non tutti i misteri, non solo di Twin Peaks, ma anche degli altri suoi film non venivano del tutto compresi . Come diceva lui: “Non si è obbligati a comprendere per amare. Ciò che occorre è sognare“.
E ora, come dice il suo personaggi nel film di Spielberg, e avrebbe detto sicuramente anche Lynch : “Buona fortuna e levatevi dalle palle, fuori dal mio ufficio, che ho altro da fare”. Buon viaggio nella nuova dimensione, David.