“Tutto chiede salvezza”, la serie che tutti dovrebbero vedere (soprattutto i genitori)

La nuova serie Netflix affronta il tema dei disturbi mentali con delicatezza e coraggio: perché sarebbe bello che tutti la vedessero

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Redazione

DiLei è il magazine femminile di Italiaonline lanciato a febbraio 2013, che parla a tutte le donne con occhi al 100% femminili.

Sono tante le cose che possono accadere in una settimana. Tanti gli incontri, tanti gli avvenimenti, gli stravolgimenti. Basta un attimo, un momento di fragilità e la nostra vita può cambiare radicalmente.

La vita di Daniele, per esempio, subisce una incredibile virata, proprio nel giro di una settimana. Sette giorni in cui viene sottoposto a Tso – Trattamento Sanitario Obbligatorio – e conosce tante persone che, come lui, sono rimaste bruciate da un’esistenza agli estremi, perché troppo sensibili, troppo vulnerabili e per questo ai margini.

Parliamo di Tutto chiede salvezza, la nuova serie Netflix, in uscita il 14 ottobre, per la regia di Francesco Bruni.

“Tutto chiede salvezza”, cosa sapere sulla nuova serie

Finire per sette giorni sotto regime di Tso vuol dire essere pazzi? Parte da questa riflessione la serie tv tratta dal romanzo autobiografico di Daniele Mencarelli, vincitore del Premio Strega Giovani 2020.

Ventenne ipersensibile, si ritrova nella camerata di un reparto psichiatrico dopo una crisi psicotica. Con lui cinque improbabili compagni di stanza con cui crede di non avere nulla in comune e che invece si riveleranno molto più simili di tante altre persone a lui più vicine.

Intorno, infermieri apparentemente cinici e disinteressati e medici che cercano di andare a fondo, troppo a fondo, frugando nella sua mente. Eppure, quando ti ritrovi in un reparto psichiatrico, sette giorni possono essere lunghi e insegnarti cose che non pensavi di poter mai imparare. Quell’esperienza, sicuramente traumatica, si trasforma però in un momento formativo intenso e che cambierà per sempre il suo modo di pensare, di vivere e di guardare gli altri.

“Sono i cinque pazzi con cui ho condiviso la stanza e questa settimana della mia vita. Con loro non ho avuto possibilità di mentire, di recitare la parte del perfetto, mi hanno accolto per quello che sono, per la mia natura così simile alla loro. Con loro ho parlato di malattia, di Dio e di morte, del tempo e della bellezza, senza dovermi sentire giudicato, analizzato. Come mai avevo fatto prima. Quei cinque pazzi sono la cosa più simile all’amicizia che abbia mai incontrato, di più, sono fratelli offerti dalla vita, trovati sulla stessa barca, in mezzo alla medesima tempesta, tra pazzia e qualche altra cosa che un giorno saprò nominare. Dal corridoio mi fermo a guardarli. Eccoli, ognuno nel proprio angolo di stanza, indifesi di fronte alla propria condizione, di esposti alle intemperie, di uomini nudi abbracciati alla vita, schiacciati da un male ricevuto in dono. I miei fratelli.”, racconta Mencarelli.

Ricky Memphis Netflix
Fonte: Ufficio stampa Netflix
Ricky Memphis in Tutto chiede salvezza

Una serie per tutti, giovani e (soprattutto) genitori

Tutto chiede salvezza è solo all’apparenza una serie dedicata a un target giovane. In realtà nei sette episodi che la compongono (uno per ogni giorno che il protagonista trascorre nel reparto di psichiatria) si può ritrovare ognuno di noi. Chiunque sia o sia stato figlio, chiunque sia genitore. Perché certe difficoltà, sofferenze sono universali e conoscerle, anche se solo attraverso uno schermo e il racconto di altri, può aiutare a trovare una chiave di lettura diversa del mondo che ci circonda o di quello più prossimo.

“Dal dolore si può uscire, e uscire migliori. Anche nel momento più buio può fare capolino la speranza, si può ridere pochi istanti dopo aver pianto e piangere poco dopo aver riso.”, dice il regista Francesco Bruni.

Per uscire dal dolore, però, bisogna riconoscerlo, attraversarlo. E chi lo fa non è più debole di altri, anzi. Ha un potere e una forza inimmaginabile. Chi accetta il proprio disagio e decide di conviverci e di lottare giorno per giorno con se stesso è un guerriero. E merita non solo rispetto, ma tutta l’ammirazione possibile. Invece viviamo in una società che è ancora troppo ancorata a una mentalità in cui i disagi mentali sono stigmatizzati o – ancora peggio – sminuiti. Guardare questa serie fa male, perché è reale e ci mostra quello che ogni giorno cerchiamo di ignorare, la sofferenza da cui cerchiamo di fuggire. Ma può insegnarci qualcosa. Perché non approfittarne.