Inutile girarci intorno: la tragedia della guerra in Ucraina, scoppiata solo pochi giorni fa, merita tutta la nostra attenzione: sebbene sia un meccanismo di difesa efficacissimo, nascondere la testa nella sabbia sarebbe impossibile – ma anche ingiusto. Anche questa volta le reti televisive fanno i conti a livello pratico con ciò che accade: scegliere cosa mostrare, cosa può sembrare opportuno e cosa no.
La sensazione ci è ormai familiare: come per lo scoppio della pandemia, anche per questo tragico evento i palinsesti sono stati scombussolati improvvisamente per lasciare il giustissimo spazio all’informazione. Se in Rai i dirigenti hanno optato per spostamenti e cancellazione, Mediaset ha continuato a trasmettere ciò che era previsto. Inevitabilmente, è arrivata la reazione del pubblico: c’è chi chiede serietà per rispetto verso quanto sta accedendo in guerra, chi invece difende l’effetto terapeutico dell’intrattenimento più leggero. Chi ha davvero ragione?
Tra guerra e pandemia, le differenze nell’informazione
Sarà che di guerre ne abbiamo discusso tanto negli anni ’90 e che l’ascesa del terrorismo alle porte del 2000 ci ha prima sconvolti e poi abituati a una vita diversa – in cui paura e controllo convivono per forze di causa maggiore, ma la pandemia sembra averci presi di sprovvista e aver scosso i palinsesti televisivi più di quanto stia facendo la guerra. Dal primo segno serio di Covid-19 in poi sono passati due anni: all’inizio gli speciali dei telegiornali duravano ore e ore, i programmi andavano in onda in base a quanti ulteriori approfondimenti servissero, abbiamo passato parecchi mesi chiusi in casa incollati alla tv per sapere, capire, distrarci. La pandemia non è ancora finita che si parla già di guerra: è vero che qualche serie o trasmissione spostata c’è per far spazio ai TG, ma l’informazione non è più così martellante quanto lo era prima.
Si percepisce dai commenti sui social quanto il pubblico sia giustamente stanco di ansia e tensione: due anni interi passati ad ascoltare ogni sospiro di ogni singolo esperto ci hanno segnati profondamente. Forse stanno succedendo troppe cose tutte insieme senza darci un istante per riprenderci, forse siamo tutti più o meno vittime dello stress post traumatico e abbiamo bisogno di sintonizzarci su qualcosa di diverso, di più leggero. Distogliere lo sguardo non sempre è ignorare, ma è un giusto modo per osservare la realtà dalla giusta prospettiva.
I palinsesti dall’inizio della guerra
L’esempio pratico di cosa accade in tv è presto servito: Doc – Nelle tue Mani, la serie Rai di successo con protagonista Luca Argentero, è stata cancellata, mentre il talent di Milly Carlucci Il Cantante Mascherato 3 che è stato rimandato di 24 ore. Al posto di quest’ultimo, la Rai ha optato per una vecchia puntata del Commissario Montalbano: l’intrattenimento più lieve e spensierato – anche se in Doc si affrontano temi medici non da poco – è stato considerato inopportuno e si è fatto più spazio all’informazione in tempo reale. Quindi, è stato sostituito con una serie anch’essa molto amata, sempre soft, ma con pochissimi momenti leggeri e spensierati visto che si indagano alcuni crimini.
Allo stesso tempo, però, su Mediaset tutto sembrava immutato: il Grande Fratello Vip 6 è andato in onda, preceduto da un’introduzione di Signorini in cui mette le mani avanti, spiega perché la trasmissione continua ad andare in onda giustificando il bisogno di un pizzico di intrattenimento anche nei momenti più bui: “Stamattina tutti noi abbiamo avuto un brutto risveglio. Ci siamo svegliati con le immagini di guerra, una parola alla quale non eravamo più abituati, che addirittura non concepivamo più. Come reagire, allora, a queste notizie? Chiudendoci in noi stessi? Facendoci prendere dall’angoscia? Non abbiamo soluzioni, ma siamo qua, a fare il nostro lavoro. Abbiamo scelto di continuare ad intrattenervi, ma questo non significa non pensare ai veri problemi della vita. Siamo qui per farvi compagnia, senza pretese e senza obiettivi, se non quello di intrattenervi e volerci bene. Incrociamo le dita e speriamo che il buon Dio guardi giù”. Poi, qualche (criticatissima) ora di furiosi litigi tra i partecipanti.
I palinsesti e la guerra: chi fa la cosa giusta
Ha ragione la Rai a puntare sulla serietà o Mediaset che offre un’alternativa leggera per staccare con la testa e alleggerire la pressione? La verità è che è molto difficile farlo: le critiche dei telespettatori vanno in entrambe le direzioni. C’è chi vuole saperne di più e non sopporta, in questo momento, di ridere vedendo Cristina D’Avena vestita da gamberone gigante, c’è chi invece non riesce a reggere la pressione e l’overflow delle notizie e che è alla disperata ricerca di una scusa per staccare, pensare per qualche minuto ad altro.
La soluzione ideale sarebbe trovare un equilibrio perfetto, ma difficilissimo, tra le due cose: fare l’informazione di cui c’è bisogno, dare anche qualche svago più leggero per non annegare nelle preoccupazioni, ma senza risultare irrispettosi verso una tragedia umanitaria. Tra cachet, trasmissioni in ballo, serie da far funzionare in termini di share e contratti, è una situazione difficile anche per chi fa la TV.
Quello che possono fare i telespettatori è scegliere, la più potente delle possibilità a nostra disposizione: guardare ciò che ci fa sentire meglio in base al momento, facendo lo slalom tra i palinsesti delle tante reti. Se anche i brutti litigi con urla e offese al GF Vip aiutano a distrarre, se per un attimo l’ennesima comparsata di Alex Belli diverte, se per una serata abbiamo voglia di ridere, allora la tv dell’intrattenimento non ha più bisogno di giustificazioni. Esiste perché serve.