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Perversione e parafilia
Nel linguaggio comune si sente spesso parlare di perversioni, ma è necessario innanzitutto distinguere questi comportamenti:
- ci sono perversioni hard che perdurano nel tempo e rappresentano l’unico modo per arrivare al piacere, obbligando l’individuo ad un determinato comportamento e limitandone di fatto la libertà;
- ci sono poi le perversioni soft, dove le persone decidono di vivere nuove esperienze e sperimentare liberamente un certo tipo di comportamento sessuale che può arricchire la sessualità e che può essere abbandonato in qualsiasi momento.
Tuttavia, poiché la parola “perversione” è connotata negativamente in quanto sottintende un giudizio morale (si tratta infatti di un termine usato per indicare una devianza e/o una violazione delle norme sociali) e nell’ambito della sessualità veniva utilizzato per riferirsi a tutte quelle pratiche sessuali considerate atipiche, col passare del tempo è diventato un termine sempre più raro: al giorno d’oggi infatti si parla di parafilia.
Nello specifico, quando si parla di parafilie, ci si riferisce a tutti quei desideri, fantasie e comportamenti sessuali intensi e ricorrenti che possono riguardare oggetti inanimati, sofferenza e umiliazione di se stessi o del partner, ma anche bambini o persone non consenzienti. Per questo è innanzitutto importante distinguere il disturbo da una variabilità in ciò che le persone trovano sessualmente interessante: persone con comportamenti sessuali inusuali non vanno automaticamente considerate come disturbate. Il fatto che una persona possa provare un interesse sessuale atipico non costituisce necessariamente un problema.
Si parla invece di disturbo parafilico, come definito dal DSM 5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), quando l’interesse sessuale:
- causa disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, lavorativa, o di altre aree importanti del funzionamento dell’individuo;
- comporta un danno a se stessi o ad altri;
- vengono convolte altre persone a loro insaputa o incapaci di dare un consenso valido.
Alcune parafilie riguardano le attività sessuali dell’individuo, altre invece riguardano gli oggetti verso cui si rivolge l’attività sessuale. Alcune sono perseguibili legalmente e la maggior parte interessano gli individui di sesso maschile. Parte di questi soggetti presentano spesso anche dei disturbi di personalità.
Come gestire le varianti del comportamento sessuale
Nel caso delle parafilie le persone posso avere difficoltà a parlare dei propri desideri, soprattutto quando non li considerano socialmente accettabili e temono il giudizio del proprio/a partner. Per comprendere se i desideri dell’altro potrebbero essere condivisi o se al contrario generano fastidio è importante instaurare una comunicazione aperta, libera da paure e sensi di colpa. Condividere i propri desideri erotici e i propri limiti o timori nel realizzarli aiuta a superare le difficoltà sessuali all’interno della coppia.
Quali sono i principali disturbi parafilici
Per parlare di disturbo, le fantasie, i desideri e i comportamenti sessuali devono manifestarsi per un periodo di almeno 6 mesi. I disturbi parafilici più significativi dal punto di vista clinico identificati dal DSM 5 sono:
- Voyeurismo
- Esibizionismo
- Frotteurismo
- Masochismo
- Sadismo
- Pedofilia
- Feticismo
- Travestitismo
Vediamoli meglio nel dettaglio.
Voyeurismo
La persona prova eccitazione sessuale nell’osservare, a sua insaputa, una persona nuda o impegnata in attività sessuali. Non ha bisogno di entrare in contatto diretto con i soggetti per provare piacere, entra di nascosto in ambiti privati a discapito di un’altra persona non consenziente. Solitamente l’atto è accompagnato dalla masturbazione.
Esibizionismo
La persona trae piacere attraverso l’esposizione dei propri organi genitali ad una persona estranea, a sua insaputa e in situazioni inappropriate. Il soggetto in questione di solito non ricerca l’approccio fisico, ma la vittima si ritrova a subire un atto non voluto.
Frotteurismo
È caratterizzato da intensa e ricorrente eccitazione sessuale attraverso fantasie, desideri e comportamenti legati al toccare o strusciarsi contro una persona non consenziente. Spesso l’atto si verifica in posti affollati.
Masochismo
La persona partecipa intenzionalmente ad attività che prevedono l’essere umiliati, percossi, legati o fatti soffrire in altro modo per provare eccitazione sessuale. L’atto può prevedere ad esempio perforazione della pelle, bruciature e applicazione di scariche elettriche. Questo disturbo può essere accompagnato da asfissiofilia, ovvero una pratica in cui viene limitata la respirazione per raggiungere l’eccitazione.
Sadismo
La persona trae eccitazione sessuale dalla sofferenza fisica o psicologica di un’altra persona. Le tendenze sadiche sono fortemente collegate ad un comportamento più aggressivo e i comportamenti che mirano a danneggiare gli altri sfociano spesso in attività criminali.
Pedofilia
Prevede che l’attività sessuale coinvolga un bambino in età prepuberale o con un bambino in genere sotto i 13 anni di età. In questi casi, il soggetto ha almeno 16 anni ed è almeno 5 anni più grande del bambino verso cui sono rivolti i desideri, le fantasie o i comportamenti. Per esempio, nel caso di un individuo in tarda adolescenza, il fatto di essere coinvolto in una relazione sessuale con un individuo di 12-13 anni non soddisfa i criteri clinici per la diagnosi.
Feticismo
È caratterizzato dall’uso di oggetti inanimati (feticci) o da un interesse molto specifico per una o più parti del corpo non genitali. Gli oggetti non si limitano a capi di abbigliamento, come nel travestitismo, o a strumenti specificamente progettati per la stimolazione tattile dei genitali, come ad esempio i vibratori.
Travestitismo
La persona trae eccitazione sessuale nell’indossare indumenti del sesso opposto. L’uomo quindi indossa indumenti femminili o, meno frequentemente, la donna indossa indumenti maschili.
Trattamento e gestione del disturbo
I disturbi parafilici possono presentarsi in modo diverso poiché alla base possono esserci molteplici cause: vista la complessità che li caratterizza, dunque, è importante considerarli in un’ottica multifattoriale.
La psicoterapia è un elemento essenziale in questi casi, se affiancata ad un’adeguata terapia farmacologica rappresenta infatti uno dei trattamenti più efficaci. Nello specifico, l’approccio cognitivo-comportamentale si è rivelato un trattamento molto efficace in quanto aiuta il paziente a stabilire un collegamento tra pensieri, emozioni e comportamenti e permette di lavorare sulle sue percezioni errate e sulle sue convinzioni irrazionali. Inoltre, la terapia psicoterapica può essere combinata con training che mirano alla gestione delle emozioni e all’autoregolazione degli impulsi e training che mirano all’acquisizione di competenze sociali-relazionali.