Pressione bassa in estate, come comportarsi

L'ipotensione è molto comune nella bella stagione e deve essere affrontata senza dimenticare i controlli e facendo attenzione anche all'alimentazione

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Caldo. Umidità. Le gambe sembrano non rispondere e ogni sforzo diventa difficile da sostenere. Addirittura, in qualche caso, si possono avere mancamenti, con la testa che gira, specie se si cambia di colpo posizione passando da sdraiati in piedi.

Per chi soffre di pressione bassa, in questa stagione i fastidi possono aumentare. Ma attenzione: questo non significa che se si assumono farmaci per ridurre i valori pressori portandoli verso i fatidici 120-80 millimetri di mercurio si debba di colpo cambiare le cure. Questa scelta va fatta solamente dal medico.

Attenzione agli sbalzi

In genere, in estate, la pressione tende ad abbassarsi. Ma non bisogna dimenticare che, se i valori sono ballerini con picchi verso il basso, il cervello rischia di rimanere senza carburante e quindi si può svenire.

Capita soprattutto alle donne e agli anziani. In molti casi, si tratta di un fastidio legato al grande caldo, soprattutto quando alle alte temperature esterne si unisce un elevato tasso di umidità, pur se non sempre è così: fattori emotivi possono entrare in gioco in questi meccanismi di regolazione pressoria.

Comunque sia, in estate una delle cause più frequenti di svenimento è l’ipotensione. Se si sta in piedi e la pressione arteriosa massima scende repentinamente sotto i 70 millimetri di mercurio, si può avere una perdita di coscienza.

Il cuore, infatti, non riesce a “superare” la forza di gravità necessaria per spingere il sangue fino al cervello; per questo, si può avere una temporanea carenza di ossigeno ai centri di controllo del corpo. Ma l’importante è capire perché la pressione cala, anche se  alla base di questo processo c’è sempre una “dispersione” del sangue dove serve meno, cioè verso la pelle, per una vasodilatazione periferica.

Che è poi quanto si verifica in chi è costituzionalmente predisposto alla vista del sangue, dopo un intenso dolore, oppure in una sala con molte persone o in un ambiente eccessivamente caldo. Questa fase si chiama “vasodepressiva”, e può essere dovuta ad un cattivo controllo periferico della pressione arteriosa.

Infatti esistono nel corpo “rilevatori” della pressione, come i barocettori carotidei, localizzati lungo l’arteria che scorre nel collo e porta il sangue al cervello. In pratica, questi “centri di controllo” hanno il compito di accertare i livelli della pressione arteriosa e, in caso di diminuzione, di “avvisare” l’apparato cardiovascolare che reagisce con una vasocostrizione periferica e con un aumento dei battiti cardiaci.

Quando questo meccanismo non funziona a dovere, ad esempio quando si passa dalla posizione sdraiata a quella in piedi (come accade nell’ipotensione ortostatica), ci può essere un improvviso calo dell’afflusso di sangue al cervello, con perdita di conoscenza.

Come comportarsi? Chiedete al medico

In chiave preventiva, bisogna ricordare che in estate si suda di più e quindi si perdono più liquidi e sali minerali. Inoltre, il calore induce una vasodilatazione e quindi riduce le resistenze delle arterie alla circolazione del sangue.

Attraverso questi due meccanismi, specie se ci si trova al mare o in pianura, si può avere un abbassamento dei valori della pressione. Per questo chi ha una pressione normale può avere la sensazione di sentirsi più debole e chi è in trattamento dovrebbe parlare con il medico per un eventuale aggiustamento della terapia in atto.

Ma non si deve dimenticare che, anche in estate, possono esserci situazioni in cui si fanno sforzi intensi, ad esempio durante un’attività fisica, oppure quando si ad alta quota per una passeggiata: in queste situazioni la pressione può salire e magari scendere dopo che si è a riposo, creando variazioni che il corpo può sopportare con maggior fatica.

Le ore di maggior rischio di calo pressorio sono quelle che seguono i pasti che, per evitare problemi, dovrebbero essere leggeri e nutrienti. Mediamente, la digestione porta ad un calo di circa 10 millimetri di mercurio per la pressione massima e di 5 per la minima. In alcune persone questa diminuzione può essere molto più significativa, anche di 20-30 millimetri di mercurio.

Ed è ovvio che, in quanti sono particolarmente soggetti a sbalzi pressori di questo tipo, l’esposizione al calore o l’attività fisica nel periodo della digestione possono dar luogo anche a problemi seri.

Un altro fattore cui bisogna prestare attenzione, soprattutto se si è anziani, è il brusco passaggio da un clima caldo ad un ambiente più freddo, come può accadere in montagna quando si passa da una zona assolata ad una sosta all’ombra, con un calo termico di diversi gradi.

La cosa importante da tenere presente, in ogni caso, è la necessità di non limitarsi ad un unico controllo della pressione ma abituarsi a fare rilevazioni multiple. Non basta misurare i valori una volta: l’ideale sarebbe sottoporsi almeno una volta ad una misurazione continua nelle 24 ore se si scopre che la pressione non è adeguatamente controllata, o almeno ripetere la misurazione in orari diversi della giornata.

In questo modo si può avere un quadro più completo e definire meglio l’eventuale necessità di una terapia, che va comunque sempre data (e tolta o aggiustata se necessario) solo dal medico. Il fai da te può essere pericoloso e mandare in vacanza le cure per scelta personale può rivelarsi controproducente. I farmaci vanno sospesi solo se il medico lo consiglia, quindi niente fai da te.