Polmoniti nei bambini in Cina, le ipotesi su virus e batteri indiziati

Casi in crescita di "polmonite non diagnosticata" nei bambini in Cina: le ipotesi sulle cause che possono aver scatenato la diffusione

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Siamo a quasi quattro anni dal via ufficiale della pandemia di Covid-19. e mentre nel mondo si diffondono infezioni virali di stagione, come l’influenza, che si sommano ai casi di Covid da varianti Eris, Pirola ed altri ceppi discendenti da Omicron, dalla Cina giunge un nuovo allarme.

Attraverso ProMed, un sistema di sorveglianza che registra i casi su scala globale, si annunciano casi in crescita di “polmonite non diagnosticata” nei bambini, con febbre alta e possibili segni polmonari. Ma non c’è tosse. Questi al momento i dati che si hanno. Quindi si possono fare solo ipotesi sulle cause. Ecco, in sintesi, a cosa attribuiscono queste infezioni gli stessi cinesi, che pongono sul banco degli imputati anche batteri, come mycoplasma pneumoniae, oltre a virus.

Possibili rischi batterici

L’attenzione degli esperti, almeno in fase iniziale di studio, si concentra tra i batteri sul mycoplasma pneumoniae. Non si tratta dell’unico ceppo che può causare quadri di questo tipo nei bambini. I virus, infatti sono responsabili di molti casi di bronchite acuta e di molti episodi di polmonite.

La trasmissione delle più comuni malattie infettive respiratorie è facile e veloce, visto che basta un colpo di tosse o uno starnuto per scaraventare nell’aria i microscopici nemici.

Oltre ai virus che seguono il ritmo delle stagioni, come quello dell’influenza, si possono incontrare soprattutto rinovirus responsabili del raffreddore, adenovirus che possono invece dare tonsilliti e mal di gola, oltre ovviamente ai batteri in grado di provocare infezioni delle prime vie respiratorie, otiti e anche bronchiti.

Sul fronte dei batteri, lo Streptococcus pneumoniae è sicuramente il germe individuato con maggior frequenza nelle polmoniti acquisite in comunità. È importante anche il ruolo del Mycoplasma pneumoniae, mentre l’Haemophilus influenzae, la Moraxella catarrhalis e lo Streptococcus pneumoniae. Mentre altri microrganismi in causa sono appunto il Mycoplasma pneumoniae e lo Staphylococcus aureus. Oltre ovviamente alla Klebsiella pneumoniae, che rappresenta tra l’altro una delle maggior sfide per contenere il fenomeno della resistenza agli antibotici.

Il virus respiratorio sinciziale

È responsabile della classica bronchiolite nei più piccoli. Per i bimbi più grandicelli e per gli adulti l’infezione rimane spesso bloccata nelle alte vie respiratorie e prende i connotati del classico raffreddore con naso che cola, tosse, starnuti. Ma nei bimbi piccoli, specie se deboli, esistono i rischi maggiori.

Il virus rappresenta una delle principali cause di infezioni del tratto respiratorio nei neonati, nei bambini piccoli e negli anziani o comunque nei soggetti immunocompromessi. Purtroppo al momento non ci sono trattamenti specifici per l’infezione da Rsv, quindi anche nelle forme più gravi si punta soprattutto su terapie di supporto per aiutare la respirazione fronteggiando la carenza di ossigeno nel sangue e l’eventuale disidratazione, due fattori particolarmente critici nei neonati. Si può tuttavia puntare sulla prevenzione.

L’influenza

Le caratteristiche dell’influenza nei più piccoli sono a volte ingannevoli. Una volta entrati in contatto con il virus, che sceglie le vie respiratorie come propria “abitazione” ideale per replicarsi, in genere i sintomi compaiono in un periodo che varia dalle 24 alle 72 ore. Quasi sempre parte subito la febbre, che può arrivare anche a 39-40 gradi, magari preceduta da mal di testa, brividi, fastidi agli occhi e soprattutto quel malessere diffuso che ci dà la sensazione di avere le ossa rotte.

Muscoli e articolazioni infatti possono essere “toccati”, sia pure se indirettamente, dall’attacco del virus. In genere i sintomi durano da tre a cinque giorni e la febbre cala non appena assumiamo un farmaco che abbassa la temperatura ma poi risale quando invece il medicinale ha terminato la sua azione. Va detto comunque che alcuni problemi, come ad esempio la debolezza diffusa e la tosse, possono permanere anche qualche giorno dopo la scomparsa del rialzo termico. Attenzione, stiamo parlando dei quadri classici.

Nei neonati i sintomi sono spesso meno facili da interpretare, e frequentemente possono essere presenti inappetenza, difficoltà respiratorie ed uno stato di intensa prostrazione, mentre il rialzo termico può essere meno spiccato. La situazione cambia nei piccoli di età compresa tra 1 e 5 anni, quando la febbre è invece elevata, la sonnolenza e la tosse sono molto intense e può esistere il rischio di convulsioni febbrili.

Eris e non solo

L’ultimo possibile quadro che viene ipotizzato è legato ad una riaccensione dell’infezione da virus Sars-CoV-2, con il progressivo limitarsi delle protezioni diffuse come le mascherine. Il pensiero corre quindi alla variante Eris. Di cosa si tratta? Si tratta di un virus “figlio” di Omicron, cambiato e sostanzialmente è meno grave, in termini generali, rispetto al ceppo di Wuhan dell’inizio della pandemia e ai successivi virus che hanno circolato negli anni scorsi EG.5 altro non è che una “discendenza” di Omicron. EG.5.  Infatti deriva direttamente da XBB.1.9.2 ed ha una mutazione aggiuntiva nella proteina Spike. Quindi, in termini di “cattiveria” non appare con una virulenza particolarmente temibile rispetto ad Omicron.