Resistenza agli antibiotici: cos’è, come si manifesta e come si combatte

Gli antibiotici hanno rivoluzionato la cura delle malattie infettive batteriche, ma vanno usati correttamente. Le 5 regole fondamentali

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Siamo nel bel mezzo della settimana mondiale sull’uso consapevole degli antibiotici. Questi farmaci hanno letteralmente rivoluzionato la cura delle malattie infettive di origine batterica, ma oggi, anche per le cattive abitudini, stanno perdendo sempre più la loro efficienza, almeno nei confronti di specifiche specie batteriche. Per questo, per ricordare quanto siano preziosi gli antibiotici e come occorre utilizzarli al meglio, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) organizza la World AMR Awareness Week – WAAW. L’obiettivo è  “prevenire insieme la antimicrobico-resistenza”., ovvero fare in modo che gli antibiotici non perdano efficacia. Un impegno che vale per tutti.

Cosa sono gli antibiotici

Si tratta di una classe di farmaci, che prende il via in qualche modo da una scoperta casuale. Pensate solo alla vicenda della penicillina, individuata nel 1928. Alexander Fleming, in laboratorio, scopri una muffa che aveva annientato i batteri circostanti. Ma solo dopo parecchio tempo, nel 1941, si capì che quanto avvenuto significa porre la base per la scoperta dei un farmaco contro le infezioni batteriche.

Era la penicillina, infatti, la sostanza che nella muffa era capace di uccidere i batteri. Fleming lavorò con Howard Florey che allora stava all’ università di Oxford e poi con Ernst Boris Chain, un biochimico ebreo scappato dalla Germania, appena prima della guerra. E per questa intuizione i tre studiosi ebbero il premio Nobel nel 1945. Da allora sono molti gli antibiotici che si sono succeduti e che ancora giungono a disposizione dei medici, con una caratteristica generale basilare. Sono composti che si ottengono da organismi viventi o attraverso processi di sintesi in laboratorio. Possono bloccare la crescita dei batteri, quindi avere un’azione batteriostatica, o avere piuttosto un’attività battericida, quindi capaci di uccidere i germi stessi.

Cosa significa antibiotici a largo spettro

Ovviamente, non tutti gli antibiotici sono uguali tra loro. Ed anche per questo la scelta del farmaco va sempre fatta dal medico, visto che occorre andare a contrastare infezioni batteriche diverse sia per localizzazione che per gravità. In ogni caso, ci sono antibiotici che riescono ad agire nei confronti di diverse famiglie batteriche e quindi vengono considerati ad ampio spettro.

In particolare, in questo caso, il farmaco in questione può agire sia sui batteri Gram-positivi che sui Gram-negativi. Il termine si lega alla colorazione caratteristica del microscopio. In caso di obiettivi molto più “ristretti” del farmaco lo spettro d’azione si considera ridotto. A volte, infine, si possono impiegare due antibiotici per controllare una specifica infezione. Occorre però che i farmaci agiscano su meccanismi diversi del batterio, per evitare un’azione antagonista dei farmaci stessi. In ogni caso, le infezioni possono anche vedere l’associazione di diversi ceppi batterici e questo contribuisce a spiegare come mai si usi più di un antibiotico.

Come agiscono gli antibiotici

Oltre ad essere chimicamente diversi tra loro, gli antibiotici che il medico ha a disposizione possono anche agire in modo diverso. Ad esempio, quelli come l’amoxicillina inibiscono la sintesi della parete cellulare dei batteri, che quindi non si possono sviluppare normalmente. Anche le cefalosporine, altra famiglia di farmaci, agiscono sugli stessi target. I macrolidi, altra classe di antibiotici, operano invece bloccando la sintesi delle proteine fondamentali per i germi che sono sensibili. Lo stesso avviene anche per le tetracicline, che hanno come obiettivo la sintesi delle proteine da parte dei batteri.

Poi ci sono i chinolonici che invece inibiscono la replicazione del materiale genetico. Ovviamente si tratta solo di esempi che aiutano a capire la complessità della situazione.

Perché temiamo la resistenza agli antibiotici

I batteri diverranno sempre meno sensibili agli antibiotici. E così, dopo essere stati i protagonisti di un miracolo, ora potrebbero diventare sempre meno “miracolosi” e perdere progressivamente la loro potenza nel curare queste infezioni. Suonava più o meno così, qualche anno fa, il monito di Matthew Cooper e David Shales, autori del libro “Antibiotici: la tempesta perfetta”. Purtroppo avevano pienamente ragione.

Complici le cattive abitudini e l’uso improprio di questi farmaci che hanno rivoluzionato la lotta alle malattie infettive, oggi trovare antibiotici che riescano ad eliminare germi particolarmente “resistenti” è sempre più difficile e questo mette a rischio tante persone che, magari per patologie o per intrinseca debolezza del sistema immunitario, possono avere i danni più pesanti dalle infezioni stesse. In Italia la situazione non è certo rosea. L’antibiotico-resistenza porta a registrare oltre 11mila vittime l’anno. Purtroppo l’impiego non propriamente corretto di questi farmaci diventa il propellente per il peggioramento di questa situazione.

Come fanno i batteri a mutare?

I germi, naturalmente, tendono a modificarsi. E soprattutto si riproducono a grandissima velocità, il che fa aumentare i rischi di trasformazioni delle loro caratteristiche. Pensate che in condizioni ottimali alcuni batteri possono raddoppiare di numero ogni venti minuti. L’antibiotico, specie se non utilizzato correttamente, può dare il via ad una serie di naturali meccanismi di sopravvivenza che il batterio mette in atto per sfuggire all’attacco del farmaco e per preservare la specie.

Cosa succede? Proviamo a vedere qualche meccanismo. Il germe può ad esempio “rimescolare” alcune porzioni del proprio materiale genetico con quello di un’altra specie, assumendone le caratteristiche di resistenza. A volte invece viene sfruttato un batteriofago, una sorta di “cinghia di trasmissione” che permette al germe di incorporare geni di un altro batterio, o addirittura può accadere che un frammento di Dna passi da una cellula batterica all’altra, modificando gli invisibili “punti d’attacco” dell’antibiotico.

Il risultato di tutti questi passaggi è che l’antibiotico, non trovando più gli “appigli” necessari per uccidere il batterio, diventa inefficace. Va anche ricordato che i geni che favoriscono la resistenza possono superare la barriera di “specie” dell’ospite, per cui si trasmettono con grande facilità anche da una specie all’altra ed anche in particolari situazioni, come ad esempio nella zootecnia.

Chi va protetto dalle resistenze agli antibiotici

I batteri si dividono in due macro gruppi, i Gram-positivi e i Gram-negativi e si differenziano per lo spessore della parete cellulare. I batteri Gram-negativi, oltre ad avere una parete cellulare più spessa, sono costituiti da patogeni ad alta capacità di adattamento e sono causa delle più comuni infezioni intra-addominali, delle infezioni tratto urinario, delle polmoniti nosocomiali o contratte in ospedale. Quindi, utilizzare al meglio gli antibiotici nei confronti di batteri di questo tipo, e non solo, appare di grande importanza. Al punto in cui siamo L’obiettivo è proteggere tutti, ovviamente.

Ma ricordiamo che le persone veramente a rischio sono quelle con malattie gravemente defedanti, che riducono fortemente le difese contro le infezioni, specialmente se ricoverati in Ospedale o Residenze Sanitarie Assistite. Finché siamo in grado di difenderci, questi microrganismi resistenti, o parzialmente resistenti, non procurano danni, anche se entrano a far parte della nostra flora batterica endogena intestinale (cosa che comunque non vorremmo).

Ma se veniamo ricoverati, se abbiamo bisogno di cure che riducono le difese immunitarie, di importanti interventi di chirurgia o di trapianti, allora i batteri resistenti diventano un rischio tale da mettere in dubbio, in un futuro non lontano, la stessa possibilità di continuare a eseguire queste procedure così invasive, così moderne ma anche così pericolose sotto certi aspetti.

Non usate gli antibiotici per le infezioni virali

Il periodo è quello a rischio. Arrivano i primi mal di gola di stagione, accompagnati magari da qualche linea di febbre e spossatezza. Ecco, in queste circostanze affidatevi alla classica tisana, se preferite al latte e miele, se volete al potere rigenerante del brodo di pollo o alla forza delle vitamine contenute negli agrumi e nelle verdure colorate. Se proprio vi sentite a pezzi, chiedete consiglio in farmacia per trovare qualche sintomatico che vi aiuti a combattere i disturbi.

Ma non fate l’errore di puntare in maniera autonoma su un antibiotico, ripromettendovi magari di terminare la confezione che ancora si trova nell’armadietto dei medicinali. E non solo perché i malanni di stagione, soprattutto in questo periodo, sono legati all’azione dei tanti virus circolanti e non dei batteri (l’antibiotico è del tutto inutile ed inefficace contro i virus!). e nemmeno perché deve essere sempre il medico a indicare non solo se serve utilizzare questo farmaco fondamentale, ma di cui non bisogna abusare, indicando tempi e modi della somministrazione. Il vero motivo che ci deve spingere a fare sempre riferimento al curante per valutare se l’antibiotico serve è un altro: dobbiamo combattere tutti insieme la resistenza che i batteri stanno sviluppano nei confronti di questi farmaci, che sta diventando un problema di salute pubblica.

Come contrastare l’antibiotico-resistenza

Le contromisure per contrastare le resistenze batteriche agli antibiotici coinvolgono tutti. Ai medici e al personale sanitario si raccomanda, in accordo con le indicazioni dell’Oms, di seguire sempre i protocolli per la prevenzione delle infezioni, a partire dal lavaggio delle mani e prescrivere gli antibiotici solo quando necessari, in accordo con le attuali linee guida. Ma molto dipende anche da noi tutti. In primo luogo bisogna evitare il “fai da te”, prendendo un antibiotico rimasto nell’armadietto dei medicinali quando compaiono febbre e mal di gola. E’ un errore grave perché questi farmaci hanno indicazioni precise e non sono tutti uguali. Prima di prendere un antibiotico è sempre necessaria la prescrizione del medico perché gli antibiotici sono utili solamente nei confronti dei batteri e sono del tutto inefficaci se l’infezione è di natura virale.

Poi occorre seguire bene le indicazioni. Uno degli errori più frequenti, in caso di terapia antibiotica, è smettere il farmaco non appena i sintomi scompaiono e magari la febbre si abbassa. Il trattamento va proseguito per tutto il periodo indicato dal medico, altrimenti si rischia solo di non curare completamente l’infezione e soprattutto di rendere il farmaco meno efficace in caso di nuovi attacchi dei germi.

Cinque semplici regole per impiegarli bene

  1. L’antibiotico deve essere prescritto solamente dal medico e non assunto perché magari è rimasto nell’armadietto dei medicinali.
  2. La cura va fatta per tutto il periodo indicato e non solo fin quando rimangono la febbre e i disturbi.
  3. Interrompere il trattamento porta al rischio che non vengano eliminati tutti i microscopici nemici e che qualcuno di loro diventi resistente.
  4. Occorre gettare i farmaci scaduti o già aperti per un’infezione precedente: non tutti i farmaci hanno le stesse indicazioni e gli stessi obiettivi.
  5.  Gli antibiotici sono attivi solo sui batteri. Quindi non fanno nulla contro i virus: non vanno impiegati per combattere l’influenza.

Fonti bibliografiche