Perché guardare un quadro migliora il nostro benessere psicofisico

Uno studio mostra come l'arte abbia un effetto benefico sulla psiche e sul fisico e addirittura abbassa il rischio di mortalità

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Capita a tutti. Non ci sono possibilità di sfuggire all’arte, qualche che sia lo stile dell’autore. Quando ci troviamo di fronte ad un quadro di valore, che riesce a trasportarci in un panorama psicologico diverso semplicemente riempendoci occhi e mente con la sua capacità di impressionare, ci fermiamo. E ci muoviamo allo stesso modo di fronte ad una scultura che riproduce la plasticità del corpo umano.

Perché in qualche modo l’arte, sia con una visione diretta dell’opera sia attraverso l’immagine, diventa un salvacondotto per il benessere. Anche se la guardiamo su un volume o davanti allo schermo di un computer o di un tablet. Perché l’arte, anche a distanza, può davvero farci star meglio.

Sullo schermo o su un libro

Quando si fermiamo a guardare un quadro di grande valore, come del resto può accadere in grande nel corso di una visita ad un museo, gli occhi si fermano. E qualcosa di simile potrebbe accadere se vediamo le stesse opera d’arte sullo schermo del nostro computer, in termini di sensazioni. Lo fa pensare uno studio che ha coinvolto l’Università di Vienna, il Max Planck Institute for Psycholinguistics di Nimega e il Max Planck Institute for Empirical Aesthetics di Francoforte, pubblicata su Computers in Human Behavior.

L’indagine ha considerato 140 persone, che hanno “visitato” sul computer una mostra di Monet. A loro, con un questionario su misura, è stato chiesto di segnalare se e come avessero gradito questa passeggiata virtuale tra le tele. Ebbene, stando alla percezione dei partecipanti pare che anche virtualmente l’arte aiuti il benessere psicofisico.

Pensate che si sono rilevati miglioramenti significativi del tono dell’umore e dell’ansia dopo pochi minuti di visione delle opere. Per questo è importante riuscire ad avere delle realtà “immersive”, anche a distanza, nel mondo dell’arte, cercando di capire i contorni di quanto vuole riportare l’artista, il momento storico in cui vive, i percorsi culturali e sociali che si trova ad affrontare.

In questo senso va il contenuto del volume dedicato a Sandro Botticelli nella collana d’arte del Gruppo Menarini: una monografia è stata presentata a Firenze alla presenza dell’autrice, Cristina Acidini, già soprintendente dei musei d’arte di Firenze e oggi presidente dell’Opera di Santa Croce e di altre prestigiose istituzioni fiorentine. In questo viaggio nel tempo si torna nella Firenze della seconda metà del Quattrocento, nella tintoria di Mariano Filipepi, padre di Botticelli.

È lì che il giovane Sandro, affascinato probabilmente dai colori utilizzati ogni giorno nella bottega di famiglia, si avvicina allo studio delle arti. Con acuta sensibilità d’uomo e d’artista, registra il cambiamento della sua città, dai trionfi carnevaleschi di Lorenzo de’ Medici alle processioni penitenziali di Savonarola. Come artista, ha la capacità unica di adattarsi al mutare della sua epoca, mettendo in scena anche figure tormentate e dal cromatismo più cupo, come il Compianto sul Cristo morto o la Pala delle Convertite, lontanissime dall’armonia e dalla grazia della Nascita di Venere e La Primavera. E proprio queste due opere, con le loro innumerevoli variazioni e reinvenzioni che abbiamo vissuto anche in termini “social” con campagne di comunicazione, rendono Botticelli ancora un artista estremamente popolare.

Queste, e molte altre, le spiegazioni degli esperti sull’arte del maestro fiorentino. E si tratta di spunti per il benessere da rispettare, con la cultura. Sia chiaro: sfogliando un volume, e questo è solo un esempio, si possono avere percezioni diverse. E, come ricordano gli esperti che hanno condotto la ricerca scientifica sulle reazioni all’arte a distanza, mediate da immagini su un libro o attraverso un computer, la reazione non è uguale per tutti. Di certo c’è che a tutte le persone fa bene trovarsi immerse nell’arte, sapendo che ci sono soggetti che reagiscono meglio agli stimoli, con un miglior risultato psicologico di fronte ad una visita virtuale.

L’arte aiuta la salute

D’altro canto, a dire che le arti possono aiutarci a mantenerci in salute aveva pensato qualche tempo fa una ricerca condotta dagli scienziati dell’University College di Londra, pubblicata sul British Medical Journal. Lo studio ha preso in esame le informazioni relative ad oltre 6000 persone di età superiore ai cinquant’anni, cominciando a seguire le loro abitudini e il loro stato di salute già una quindicina d’anni fa, con un’osservazione arrivata fino a 14 anni.

L’obiettivo è stato comprendere quanto l’abitudine di frequentare musei, cinema, teatri e concerti musicali potesse essere correlata con un maggior benessere e soprattutto con un impatto sulla durata della vita. Il risultato è stato positivo, pur tenendo in considerazione la situazione socioeconomica delle persone, il loro stato culturale e di benessere sociale. Seguendo le persone mediamente per 12 anni, i ricercatori londinesi si sono accorti che chi si dedicava alla cultura aveva un rischio di morte ridotto del 14 per cento nel periodo di osservazione. rispetto a chi invece sdegnava spettacoli e mostre.

Ma non basta: la “terapia” artistica sembra avere un effetto legato anche alla “dose” delle somministrazioni. Chi proprio è stato un aficionado di concerti e mostre (almeno una volta ogni mese, quindi senza overdose ed effetti collaterali), infatti, ha avuto un ulteriore miglioramento sul fronte del rischio di mortalità che è sceso del 31 per cento rispetto ai renitenti allo spettacolo ed alla cultura.