Miastenia gravis, cos’è, come si riconosce e come si affronta

La miastenia gravis è una rara malattia autoimmune che coinvolge la giunzione neuromuscolare e che si manifesta con questi due segni chiari: come intervenire

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Pubblicato: 20 Novembre 2024 17:54

Immaginate una giornata tipo. E poi, pensate che col passare delle ore le palpebre cadono, muovere un braccio o una gamba diventa più difficile, i muscoli sembrano non rispondere ai comandi. Il tutto, con variazioni che si presentano da un giorno all’altro, impedendo di programmare qualsiasi attività. È questo che capita a chi soffre di miastenia gravis.

Se un tempo si pensava che il quadro interessasse solamente le giovani donne, comunque prima dei quarant’anni, oggi le ricerche dicono che può manifestarsi anche negli uomini e comunque nelle persone anziane. Per fortuna, la ricerca mette a disposizione sempre nuove armi per controllare al meglio la malattia, l’ultima delle quali, in termini di disponibilità, è l’anticorpo monoclonale ravulizumab.

Come nasce e si manifesta la miastenia gravis

“La miastenia gravis generalizzata è una rara malattia autoimmune che coinvolge la giunzione neuromuscolare – spiega Michelangelo Maestri Tassoni, deI Dipartimento di Neuroscienze, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana. È difficile stabilire con esattezza quante persone ne siano colpite perché non esiste un dato ufficiale riferito alla popolazione italiana. Si stima colpisca tra le 10.000-15.000 persone nel nostro Paese, ma è un dato con un margine di errore abbastanza ampio poiché il dato reale potrebbe essere molto superiore”.

Nella miastenia gravis generalizzata il sistema immunitario reagisce in maniera anomala nei confronti della giunzione neuro-muscolare: si attiva cioè producendo anticorpi diretti contro i recettori muscolari – in particolare il recettore dell’acetilcolina (AChR) – compromettendo in questo modo la normale trasmissione degli impulsi nervosi che stimolano la contrazione dei muscoli e impedendone il normale funzionamento.

“Questa interferenza determina una contrazione muscolare meno resistente: nel compiere un qualunque gesto, il muscolo inizialmente riesce a mantenere tono e forza adeguati, ma man mano che lo sforzo va avanti, questo tono muscolare non riesce a mantenersi e quindi il paziente si stanca prima – riprende l’esperto. Questo si traduce nei due sintomi più importanti della malattia: la debolezza muscolare e l’estrema variabilità con cui questa debolezza si presenta.  La debolezza muscolare, infatti, non è mai stabile nell’arco della giornata, al contrario è sempre diversa di giorno in giorno e varia anche a seconda dei differenti periodi della malattia, cambiando in maniera molto imprevedibile”.

Quali sono i sintomi più frequenti

L’imprevedibilità e la variabilità dei sintomi causano un grave impatto sulla vita dei pazienti: la fluttuazione dello stato di malattia, tra significativi alti e bassi del quadro clinico, incide non solo sui singoli gesti della quotidianità, ma anche sulla pianificazione e le scelte di vita.

“I sintomi più frequenti, sia nella fase iniziale che durante la storia di malattia, sono di tipo oculare, rappresentati fondamentalmente dalla visione doppia (diplopia) e dalla ptosi palpebrale, ovvero dalla caduta di una o di tutte e due le palpebre – segnala Maestri Tassoni.

Oltre a questi, la sintomatologia prevalente è rappresentata dalla debolezza della muscolatura volontaria che può colpire ogni parte del corpo, dal viso alla gola fino alla muscolatura volontaria del torace e degli arti.

Ciò può comportare una serie di difficoltà nella masticazione, nella deglutizione, nell’articolazione del linguaggio fino a difficoltà respiratorie e al movimento degli arti, ostacolando anche le più semplici attività quotidiane quali lavarsi i denti, asciugarsi i capelli, salire una rampa di scale o sollevarsi dalla sedia.

La più temibile manifestazione clinica è sicuramente la difficoltà respiratoria perché il paziente miastenico può andare incontro a un quadro di insufficienza respiratoria. Con le terapie farmacologiche attualmente disponibili e le possibilità di supporto respiratorio e di terapia intensiva, questa è una complicanza che fortunatamente oggi riusciamo a limitare”.

Perché è difficile riconoscere la malattia

La miastenia è una malattia che molto spesso viene diagnosticata in ritardo: le ragioni di questo ritardo diagnostico sono legate prevalentemente a questa sintomatologia sfuggente e così variabile, e la cui valutazione risulta difficile, in prima battuta, da parte del medico di medicina generale.

“La fluttuazione dei sintomi spesso non viene compresa nemmeno dai familiari o dai caregiver, proprio perché lo stato del paziente è così diverso da un giorno all’altro, da essere interpretato in molti casi come una flessione del tono dell’umore o comunque un problema di natura psicologica – fa sapere l’esperto.  È solo quando si manifestano sintomi più specifici, come i sintomi oculari o le difficoltà di deglutizione e masticazione, che il sospetto diagnostico diventa più chiaro, e si mette insieme un quadro più completo e complesso”.

È il neurologo che effettua una prima serie di esami per confermare il sospetto di miastenia. Attraverso le analisi del sangue è possibile effettuare il dosaggio degli anticorpi anti-recettori dell’acetilcolina che sono presenti nell’80-90% dei pazienti affetti da forma generalizzata di miastenia gravis.

Esistono poi altri esami strumentali, ovvero esami neurofisiologici come l’elettromiografia per verificare delle alterazioni nella trasmissione neuromuscolare, e test farmacologici per verificare la risposta alla terapia. Mettendo insieme tutti questi elementi si giunge quindi alla diagnosi definitiva e, a seconda della gravità del quadro clinico, il paziente può essere preso in carico da un neurologo esperto della malattia che è in grado di trattare nella maniera adeguata la malattia.

Quanto pesa sulla psiche

L’impatto più gravoso è sicuramente a livello psicologico, soprattutto quando parliamo di pazienti giovani. Il peso sul proprio vissuto in termini di relazioni personali e sociali, di scelte di vita personali e di pianificazione, oltre che sulla propria qualità di vita, è molto forte.

La fluttuazione dei sintomi e la natura imprevedibile di queste variazioni rendono incerta la visione del futuro, e gli stessi sintomi della malattia, a seconda della loro gravità e intensità, possono essere molto invalidanti, rendendo difficoltosi anche le azioni che consideriamo tra le più banali. In questo senso, possiamo dire che le conseguenze negative del ritardo diagnostico vanno oltre la natura clinica della malattia.

“Dal punto di vista clinico, in generale come per tutte le malattie rare, è importante riuscire a diagnosticare la patologia in maniera quanto più precoce possibile, lavorando sulla conoscenza e la sensibilizzazione verso questa patologia – conclude Maestri Tassoni.

La diagnosi tempestiva è la chiave che ci consente di agire e di gestire la miastenia nella maniera più efficace, con il trattamento più adeguato alle condizioni del paziente, e limitare proprio quelle gravi conseguenze psicologiche citate in precedenza. Guardando all’innovazione terapeutica fatta nell’ambito del trattamento della miastenia gravis, aggiungo una nota di ottimismo: possiamo dire che su questa malattia, oggi abbiamo un maggiore margine di reversibilità di alcuni sintomi e abbiamo l’opportunità di colmare il ritardo diagnostico proprio grazie alla disponibilità di terapie che ci permettono di lavorare proprio su quelle variabili”.