Matcha mania, la cerimonia del tè giapponese fa bene ed è di tendenza

La richiesta del tradizionale tè verde giapponese sta crescendo a ritmi elevati. Perché la bevanda colorata piace e fa bene

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Eleonora Lorusso

Giornalista, esperta di salute e benessere

Milanese di nascita, ligure di adozione, ha vissuto negli USA. Scrive di salute, benessere e scienza. Nel tempo libero ama correre, nuotare, leggere e viaggiare

Pubblicato: 8 Ottobre 2025 12:59

Il tè matcha diventa sempre più popolare, anche in Italia. A dirlo sono i dati della sua diffusione e il numero di locali che ormai propongono nei propri menù anche la tradizionale bevanda giapponese ottenuta con la singolare polvere verde. Oltre alle proprietà disintossicanti e antiossidanti, però, il tè matcha conquista anche per i rituali che spesso ne accompagnano la degustazione.

Cos’è il tè matcha

Il tè matcha è infatti un tè verde in polvere, realizzato solo con foglie di qualità pregiata, chiamate tencha, che crescono all’ombra. Questo permette di aumentare la quantità di clorofilla (responsabile anche della sua colorazione verde intensa) e il quantitativo di amminoacidi, che rendono così unico il sapore del té verde matcha (il cosiddetto umami) Nonostante l’origine sia ricondotta all’antica Cina, quando sarebbe stato introdotto come bevanda nel nono secolo, è stato soltanto con l’impiego da parte dei monaci buddisti giapponesi che se ne sono scoperte le proprietà benefiche e la coltivazione è cresciuta, diffondendosi. Nel corso dei secoli, poi, la lavorazione si è affinata fino ad arrivare ad oggi, quando il tè matcha è diventato ricercato anche nel mondo occidentale, negli USA e in Europa, Italia compresa.

Dalla raccolta alla lavorazione, al consumo: un rituale unico

A rendere unico il tè matha è il rituale che lo accompagna dalle fasi di coltivazione e raccolta, fino al suo consumo sulle tavole (ormai) di mezzo mondo. Le foglie pregiate devono essere selezionate rigorosamente a mano, per poi essere trattate al vapore in modo da scongiurare l’ossidazione e, al tempo stesso, preservarne le proprietà e l’aroma. La macina, invece, è previsto che avvenga utilizzando pietre di granito fino alla riduzione in una polvere finissima e dal colore verde intenso, che poi caratterizza anche la bevanda finale. Il tutto attraverso un procedimento molto lento, che può richiedere fino a oltre un’ora per ottenere appena 30 grammi di polvere. Questo rende il prodotto estremamente pregiato.

Come si gusta il tè matcha

Una volta ottenuta la polvere, questa viene infusa al pari di un tè “normale”, ma con la differenza che la bevanda ottenuta viene anche montata con il chasen, il tradizionale frustino giapponese in bambù, in modo da creare un sottile strato di cremoso e vellutato in superficie. Questa procedura esalta l’aroma del tè matcha, aumentandone il fascino e contribuendo al successo attuale della bevanda ben oltre i confini del Giappone. Non a caso si stanno moltiplicando i locali di degustazione.

Il successo del tè matcha

Inizialmente presente soltanto nelle sale da tè del Paese del Sol Levante, in particolare a Tokyo e Kyoto, oggi il tè matcha si può gustare sia nelle metropoli come New York che nelle caffetterie italiane di Roma o Milano, come Giusmìn, boutique del tè nel capoluogo lombardo. La richiesta è aumentata a tal punto che la produzione è passata dalle 1.400 tonnellate del 2010 alle oltre 5.000 tonnellate del 2024. A contribuire al suo successo è anche il fatto che questo tè giapponese ha proprietà antiossidanti e nutrienti riconosciute.

Le proprietà del tè matcha

Come ricorda l’Humanitas sul proprio sito, “il tè matcha è una fonte di antiossidanti che possono aiutare le difese dell’organismo, come l’epigallocatenichina gallato. Sembra che in caso di diabete questi antiossidanti possano aiutare anche a ridurre i livelli di trigliceridi e di colesterolo totale nel sangue e i livelli epatici di glucosio, proteggere i reni e difendere la salute del fegato. Inoltre l’epigallocatechina gallato proteggerebbe anche la salute cardiovascolare proprio mantenendo basso il colesterolo ematico. La teofillina aiuterebbe invece ad aumentare le energie a disposizione, mentre la clorofilla stimolerebbe i meccanismi di depurazione dell’organismo. Infine, il matcha eserciterebbe un effetto calmante, aiuterebbe a combattere le infezioni, sarebbe utile in caso di disturbi gastrointestinali e potrebbe aiutare a ridurre il rischio di cancro”.

La cerimonia del tè

Nelle sale da tè comuni, in Occidente, il tè matcha è spesso incluso, ma viene servito al pari di altri tè differenti. In Giappone, invece, la tradizione vuole che sia gustato all’interno di una cerimonia che prevede alcuni rituali precisi, che richiedono tempistiche anche molte dilatate. Ad esempio, i passaggi possono occupare fino a 4 ore. Tradizionalmente si inizia a mezzogiorno, quando gli ospiti si riuniscono nella sala d’attesa (Machiai) della casa da tè, dove l’Assistente del Maestro Hantou serve prima una tazza di acqua calda allo scopo di favorire il rilassamento. Chi partecipa dovrebbe anche togliere eventuali gioielli per evitarne un possibile danneggiamento durante il rituale. Dopo una passeggiata nel giardino del Maestro, si procede con un pasto, che è rigorosamente leggero, a base di zuppa di miso, verdure, riso e pesce. Il tè accompagna le pietanze e può essere di due tipi: il tè Koi-cha, cioè il tè matcha denso, e il tè Usu-cha (matcha fine). La loro preparazione avviene nel silenzio.

Un tè per pochi, ma richiesto da molti

Di fronte all’aumento record di richieste di tè matha, sta sorgendo il problema dell’approvvigionamento. Il raccolto migliore delle foglie per realizzarlo, infatti, avviene in un’unica settimana di maggio: anticiparlo significa avere meno prodotto, ma posticiparlo potrebbe significare comprometterne la qualità. Per questo i 7 giorni indicati per la raccolta sono definiti la Golden Week e generalmente coincidono con la settimana di festività primaverili giapponesi. Proprio approfittando delle vacanze, i coltivatori non è raro che reclutino temporaneamente personale. L’alternativa che in qualche caso si è fatta largo è il ricorso a macchinari specifici, che però compromettono la qualità del prodotto, come ribadiscono invece i cultori della tradizione.