Gambe gonfie, come prevenire l’insufficienza venosa e perché la donna rischia di più

L'insufficienza venosa si manifesta con gambe gonfie e formicolii. Per prevenirla occorre adottare stili di vita corretti ed evitare abbigliamento stretto

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Un tempo c’erano le “mezze stagioni”. La primavera era un periodo di passaggio che in qualche modo ci accompagnava, sotto l’aspetto climatico, allo scoppio della calura estiva. Oggi, come dimostrano le temperature dei giorni scorsi in tutta Italia, non sembra essere più così. I valori termici si sono impennati e c’è già chi parla di “tropicalizzazione” del clima.

A prescindere dai punti di vista, non ci sono dubbi che per quasi una donna su tre (e gli uomini non sono certo immuni) il calore riporta in auge i sintomi dell’insufficienza venosa. Gambe gonfie e prurito sono solo alcuni dei segni della circolazione che non funziona. Cosa fare? E soprattutto, come limitare i rischi?

Perché il caldo è pericoloso per la circolazione delle vene

L’azione del calore, va detto, è ormai molto chiara. ‘’Il caldo acuisce i sintomi dell’insufficienza venosa degli arti inferiori, una patologia cronica causata dalla difficoltà del sangue nel ritornare dalle vene periferiche delle gambe al cuore: un problema erroneamente considerato solo estetico che invece necessita di attenzione e cura – ricorda Alessandro Frullini, presidente onorario dell’Associazione Flebologica Italiana”.

“In particolare, l’edema legato al calore è il risultato di un accumulo anomalo di liquidi nei tessuti che provoca la dilatazione dei vasi sanguigni e l’indebolimento delle piccole valvole che regolano il flusso nei vasi, rendendo difficili per le vene pompare il sangue verso il cuore – spiega Edoardo Cervi, responsabile scientifico dell’Associazione Flebologica Italiana (AFI). L’insufficienza venosa degli arti inferiori colpisce circa il 30% delle donne, ma neanche gli uomini ne sono immuni, anche se tendono a ignorare e sottovalutare il problema – sottolinea Cervi -. A soffrire di gambe gonfie e doloranti è infatti il 15% della popolazione maschile”.

Tuttavia, l’incidenza dell’insufficienza venosa aumenta con l’età specialmente nelle donne: tra i 20 e i 30 anni, colpisce il 20% delle donne e il 10% degli uomini, mentre dopo i 50 anni, gli uomini restano fermi al 20% e le donne, con l’arrivo della menopausa che provoca uno sfiancamento del vaso sanguigno, salgono al 50%. In pratica tra le over 50, 1 su 2 soffre di insufficienza venosa.

Insufficienza venosa, perché le donne sono più a rischio

I segni e i sintomi della sofferenza delle vene sono tipici. Si va dal gonfiore fino ai formicolii inspiegabili, per arrivare fino ad una pesantezza difficile da controllare, tutti disturbi figli dell’insufficienza venosa. Le vene, a differenza delle arterie, non hanno uno strato muscolare molto sviluppato. Anzi, la loro parete è molto sottile e spesso le valvole che si trovano al loro interno non riescono a “compensare” lo sforzo. Risultato: il liquido tende ad uscire dai vasi, attraverso i capillari e a depositarsi.

Le vene si dilatano, insomma. E i piedi, inesorabilmente, si “gonfiano” all’altezza delle caviglie. In questo meccanismo c’è un ulteriore elemento in gioco: le valvole delle vene. Si tratta di veri e propri “sistemi di controllo” che si trovano all’interno dei vasi, e quando si chiudono impediscono che il sangue invece che risalire verso il cuore scenda in basso, “ingolfando” la circolazione fino a sovraccaricare la vena.

Se le valvole non svolgono la loro funzione e la pompa muscolare non è attiva si crea una miscela negativa, che porta alla costante dilatazione delle pareti venose. Non solo: la vena può perdere la sua naturale forma, e da diritta si trasforma in tortuosa, dilatandosi ulteriormente. A questo punto possono apparire le prime vene varicose. Oltre alla forza di spinta, infine, anche la resistenza alla circolazione del sangue può risultare dannosa. È per questo che gli indumenti attillati, le cinture troppo strette, la tosse e la stitichezza possono peggiorare il quadro.

Infatti l’aumento della pressione all’interno dell’addome costringe ad una maggior propulsione il sangue all’interno delle vene per risalire. E quindi aumenta il rischio che le pareti venose si sfianchino. Sono le donne a rischiare di più, e non solo come eredità della gravidanza ma per una struttura venosa fondamentalmente più debole rispetto agli uomini che le porta anche a rischiare di più la comparsa di vene varicose.

Come comportarsi?

I sintomi dell’insufficienza venosa sono spesso generici. Ma vanno inquadrati dal medico, che può indicare uno stile di vita ed eventuali terapie farmacologiche e non idonee. Sarebbe importanti agire prima che compaiano i capillari dilatati sulle gambe, per prevenire le temibili complicanze, come varici, tromboflebiti e ulcere altamente invalidanti.

In chiave preventiva, sono utili tutte quelle attività che rinforzano la contrazione dei muscoli che aiuta le vene a spingere verso l’alto il sangue. Tradotto: bisognerebbe dedicarsi regolarmente, ricavando almeno mezz’ora al giorno di “movimento”, ad attività che non risentano dell’azione della gravità per l’effetto dell’acqua, come l’acqua-gym o il nuovo. Nell’acqua infatti diminuisce la pressione ambientale in cui si muovono le gambe, con miglioramento delle condizioni della circolazione del sangue.

E se ci troviamo in campagna? Niente di grave: anche passeggiare o fare una breve sgambata in bici può essere d’aiuto. L’importante è che ci sia la giusta compressione sui polpacci, per aiutare il sangue a risalire. Per questo gli esperti consigliano l’impiego di calze elastiche: Per chi ha spesso i piedi gonfi dovrebbero assicurare una compressione intorno ad almeno 70 denari, pur se la scelta va sempre indicata dal medico. Attenzione però: anche gli indumenti e le abitudini, e non solo le calze, fanno la loro parte. Se è vero che la spinta dal basso è utile, ricordate che “in alto” cioè nell’addome, la pressione deve calare. No a short e pantaloni fascianti e stretti, occhio a cinture che possono bloccare troppo, occhio anche all’alimentazione.

Bisogna che l’intestino non diventi “pigro” (anche per questo il movimento è utile). Tante fibre e molta acqua sono alla base del benessere in questo senso. Ciò che conta, è che la pressione addominale non sia troppo alta e quindi costringa ad una maggior propulsione il sangue all’interno delle vene