Così dormire bene aiuta a dimenticare le cose negative

Scoperti il meccanismo del sonno che portano a rafforzare le emozioni positive: come funziona e cosa accade se si dorme male

Foto di Federico Mereta

Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Lo sappiamo tutti. Se abbiamo un sonno tormentato, oltre a sentirci meno riposati al risveglio, tendiamo ad amplificare i pensieri negativi a scapito di quelli che potrebbero darci il sorriso. Ma non si tratta solamente di una reazione psicologica.

Ci sarebbero infatti meccanismi correlati al buon riposo, con le diverse fasi del sonno che si succedono con i ritmi fisiologici, in grado di favorire l’immagazzinamento da parte del cervello delle esperienze positive, cercando invece di eliminare quelle negative. È un meccanismo complesso, che in ogni caso la scienza inizia a comprendere come rivela una ricerca apparsa su Science, condotta da studiosi del Dipartimento di Neurologia dell’Università di Berna e dell’Ospedale Universitario della capitale elvetica.

La chiave nel sonno REM

Anche se diamo la sensazione di riposare tranquillamente, il sonno non è sempre uguale. Ci sono diverse fasi che lo caratterizzano e che si alternano tra loro nel corso della notte. In estrema sintesi si può dire che il sonno è caratterizzato da una cascata di eventi che si susseguono in cicli ben prestabiliti. Ogni ciclo, che dura circa un’ora e mezza, è fatto da una fase di sonno non REM e una fase di sonno REM, quella in cui gli occhi si muovono, il corpo si comporta come fosse sveglio e si sogna. Ma la fase REM occupa solo il 20 per cento dell’intero ciclo. Nella fase non Rem, invece si susseguono quattro fasi: le prime due di sonno leggero, in cui basta anche un rumore per svegliarsi, la terza e la quarta di sonno profondo.

Proprio sul sonno REM si è concentrata l’attenzione degli studiosi, visto che oltre ad essere il periodo in cui si sogna è anche quello in cui si alternano sensazioni emotive che normalmente vengono integrate grazie al lavoro della corteccia frontale, un’area dell’encefalo. Tuttavia, nel sonno REM questa struttura nervosa non lavora a dovere. Questo potrebbe comportare una difficoltà nell’elaborazione delle emozioni, legate ad esempio all’ansia o alla paura di un determinato periodo. Per questo è importante capire cosa accade normalmente, con un meccanismo che porta a rafforzare le emozioni positive e indebolire le emozioni fortemente negative o traumatiche durante il sonno REM.

Lo studio è stato condotto su animali e ha consentito di valutare cosa accade in diverse aree di una cellula nervosa, giungendo a spiegare come si trasformano i ricordi emotivi durante il sonno REM. La conclusione della ricerca è che in pratica si verifica una sorta di meccanismo che porta a favorire la discriminazione tra sicurezza e pericolo ma blocca la reazione eccessiva alle emozioni, in particolare al pericolo. Tutto questo, mediato da quanto avviene nelle unità nervose, porta ad avere reazioni diverse nei confronti di aspetti positivi e negativi. Così, se il meccanismo non funziona a dovere, si possono avere timori eccessivi, che favoriscono la comparsa di disturbi d’ansia o addirittura di sindromi da stress post-traumatico, con un determinato stimolo negativo che si consolida nel cervello, sempre di più nel tempo.

L’azione rigenerante di un buon sonno

Se questo meccanismo potrebbe entrare in gioco nella genesi di ansia e depressione, con impatto sulla qualità del sonno, occorre ricordare che dormendo noi facciamo comunque “pulizia” di ciò che dobbiamo eliminare dal cervello. il sonno è infatti una sorta di “rigenerante” per le cellule nervose, che nel corso della giornata si “riempiono” di informazioni come i cassonetti della nettezza urbana e creano quindi nuove connessioni. Con il riposo verrebbero invece eliminati i collegamenti inutili che durante il giorno si creano tra le cellule nervose.

Il sonno, quindi, potrebbe essere un valido meccanismo perché il cervello metta in ordine le sue competenze: ed è particolarmente utile considerando che non tutte le aree cerebrali si impegnano allo stesso modo nel corso di una giornata. Studiare impegna zone particolari, diverse rispetto a quelle prioritariamente impegnate durante l’attività fisica. Quindi anche i giovani debbono dormire a sufficienza. Qualche tempo fa l’Accademia Americana di Medicina del Sonno ha proposto che ogni adolescente nel periodo degli studi riposi saporitamente almeno nove-dieci ore al giorno. A prescindere dall’orario in cui si riposa.