La decisione di Re Carlo di sfrattare il fratello, Andrew Mountbatten-Windsor, dalla storica Royal Lodge lo scorso ottobre ha segnato uno dei momenti più drammatici degli ultimi anni per la Monarchia britannica. Una scelta che molti hanno letto come inevitabile, dopo le rinnovate preoccupazioni legate alla controversa amicizia dell’ex Duca con Jeffrey Epstein, ma che oggi potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio per il sovrano.
La decisione di Re Carlo
Il gesto, pubblico e irrevocabile, sembrava inizialmente destinato a cauterizzare una crisi reputazionale che rischiava di indebolire ulteriormente la Casa di Windsor. Come ha spiegato il commentatore reale Richard Kay, scrivendo per il Daily Mail, gli assistenti di Carlo immaginavano che l’azione sommaria del Re avrebbe posto fine, una volta per tutte, al capitolo più imbarazzante della vita pubblica del Principe Andrea. Ma, secondo Kay, l’effetto ottenuto è stato ben diverso.
L’allontanamento di Andrea, infatti, ha finito per diventare il simbolo di un problema più vasto: una cultura di privilegi percepiti come anacronistici e poco trasparenti, che non riguarda solo l’ormai ex Duca di York ma coinvolge l’intero sistema monarchico. “Il problema di Andrea viene ora percepito come la manifestazione estrema di una più ampia cultura di eccessi e di discutibili diritti Reali”, sottolinea Kay.
Un’affermazione che trova eco tra gli stessi membri della Famiglia Reale. Secondo quanto rivelato dal giornalista, all’interno di Buckingham Palace sarebbe cresciuto il timore che la decisione del Re abbia “incoraggiato i critici che vorrebbero scuotere l’intero sistema Reale”. Un ex collaboratore di Carlo è stato ancora più diretto: “Vedere cosa può fare il Re con un colpo della sua penna notoriamente malfunzionante ha fatto percepire la vulnerabilità”.
Perché Re Carlo potrebbe pentirsene
Il punto fondamentale, dunque, non è più solo la figura del Principe Andrea, bensì il precedente creato da questa scelta. Espellere un membro della famiglia da una dimora storica, privarlo di titoli e incarichi, mostrarsi inflessibili: tutto ciò ha aperto la porta a una nuova ondata di interrogativi sulla gestione dei patrimoni Reali e sui criteri che regolano i privilegi dei Windsor.
Non a caso, la cosiddetta “saga della Royal Lodge” ha attirato una luce ancora più intensa sull’esteso portafoglio immobiliare del Re, evidenziando la quantità – e in alcuni casi la sontuosità – delle residenze distribuite in tutto il Paese. Questo ha amplificato la percezione di un sistema sfarzoso e poco allineato al clima culturale attuale, in cui trasparenza e responsabilità sono richieste imprescindibili per qualsiasi istituzione pubblica.
Quando Carlo è salito al Trono, tre anni fa, molti osservatori si aspettavano un intervento organico e coerente sulla distribuzione delle proprietà Reali. Al contrario, spiega Kay, nulla di realmente strutturale è accaduto. E oggi lo scandalo su Andrea rischia di scatenare una crisi abitativa interna alla stessa famiglia, alimentando dubbi e risentimenti.
In definitiva, ciò che sembrava una scelta necessaria e risolutiva potrebbe rivelarsi il punto di innesco di qualcosa di più grande: un esame approfondito dei privilegi Reali, condotto non solo dai critici della Monarchia, ma dalla stessa opinione pubblica britannica. Ed è proprio questo, forse, il motivo per cui Re Carlo potrebbe finire per rimpiangere la sua decisione.
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