Mio figlio è un ribelle senza arte né parte. E io mi sento una pessima madre

I ragazzi di oggi sono vittime di una crisi generazionale che li porta allo smarrimento. E per i genitori, la loro gestione, è sempre più difficile

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Sono distrutta. Ho un figlio di 19 anni, io e suo padre siamo separati da 10, inizialmente in modo piuttosto burrascoso, da qualche anno invece i rapporti tra noi sono distesi e più civili. Per fortuna, perché nel frattempo ha cominciato mio figlio a darmi del filo da torcere. Definirlo ribelle è poco, userei un’altra parola ma mi autocensuro. Pretende e in casa non fa nulla. Avanza richieste economiche che anche volendo non potrei soddisfare. Quest’anno è stato bocciato per la seconda volta e non vuole terminare la scuola, di modo di prendere almeno un diploma superiore. Passa il tempo in giro a bighellonare. Non riesco a tenergli testa. Vorrei che andasse a vivere con suo padre, che riesce a “contenerlo” più di quanto riesca a farlo io. Ma mi sento in colpa. Mi sento una pessima madre.

No, no e no. Non sentirti in colpa per qualcosa che non puoi controllare pienamente e che forse ha solo bisogno di tempo affinché tutti i tasselli ritornino al loro posto.

Non incolpare te, ma non incolpare neanche tuo figlio che forse, più del carattere, è vittima di una crisi generazionale che stanno affrontando tutti i ragazzi della sua età. Dicendoti questo non ti sto chiedendo di giustificare quelli che sono tutti quei comportamenti che non riesci più a gestire, quanto più il mio è un invito a provare a comprendere cosa si nasconde dietro questa sua ribellione adolescenziale che forse si è protratta più del dovuto.

Sembrerà banale ma hai provato a parlarne con lui? Ad aprire un dialogo che non sia fatto solo di critiche, giudizi e discussioni su ciò che si deve e non si deve fare? Hai provato a chiedergli come sta? Cosa sta vivendo? Cosa sente dentro? Forse sta affrontando una battaglia di cui non sai niente, o forse, semplicemente, è così abbagliato da tutte le distrazioni che lo circondano che ha smarrito la strada.

Il dialogo, probabilmente, non risolverà le cose, o almeno non lo farà come speri tu adesso. Ma può essere un piccolo passo per comprendere cosa sta succedendo, per avvicinarvi, per provarci almeno. Perché vedi, spesso i genitori hanno l’ingenua convinzione che i figli gli appartengono. Ma in realtà, non lo fanno mai e, anzi, spesso possono trasformarsi in dei veri e propri enigmi, anche per chi li ha messi al mondo.

Come madre hai tutto il diritto e il dovere di sentire l’esigenza di risolverli. Ma non dimenticarti che non sei sola. Hai un valido alleato in questa piccola battaglia che stai conducendo ed è il tuo ex marito. La possibilità di un trasferimento, di medio o lungo periodo, non mi sembra una pessima idea. Anzi, io penso che allontanarvi, seppur solo fisicamente, possa far bene a entrambi, allentare naturalmente quelle tensioni che si creano quando si vive sotto lo stesso tetto e permettere a te di trovare una stabilità emotiva che forse nell’ultimo periodo hai perso.

E no, questo non ti renderà una pessima madre. Perché non stai abbandonando tuo figlio, non lo stai rifiutando, ti stai solo preoccupando per il suo futuro. Perché è questo quello che fanno i bravi genitori. Fagli capire che in qualsiasi momento la porta della tua casa resterà aperta per lui, e tu sarai sempre sulla soglia ad aspettarlo.