Imparare una lingua mentre si dorme: funziona davvero?

Sebbene l'ascolto di parole nuove durante il sonno possa aiutare a migliorare la memoria, è importante tenere a mente che non esistono soluzioni magiche

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Sonia Surico

Content Editor e Storyteller

Laureata in Scienze della Comunicazione e con un Master in Seo Copywriting. Per lei, scrivere è un viaggio che unisce emozioni e conoscenza.

Da anni ci viene ripetuto un mantra quasi sussurrato: ascoltare una lingua straniera mentre dormiamo può facilitare l’apprendimento. Questa affermazione si è radicata nel nostro immaginario collettivo, alimentando la speranza di poter imparare senza sforzo durante il sonno. Ma è davvero così?

Oppure siamo semplicemente vittime di un’illusione confortante che ci esonera dal duro lavoro di un apprendimento consapevole e attivo? Nonostante alcune ricerche preliminari suggeriscano che l’apprendimento durante il sonno possa avere un qualche fondamento, nuovi e recenti studi rivelano il contrario.

Imparare una nuova lingua nel sonno: cosa dice la scienza

Secondo un recente studio pubblicato su bioRxiv, Flavio Schmidig, neuroscienziato cognitivo all’Università di Tel Aviv, ha intrapreso una ricerca approfondita sull’apprendimento durante il sonno. Lo scienziato ha monitorato l’attività cerebrale di trenta volontari di madrelingua tedesca che hanno trascorso una notte nel laboratorio dell’Università di Berna, in Svizzera.

L’indagine ha dedicato particolare attenzione al primo ciclo di sonno profondo, una fase che si protrae per circa due ore. Una scelta che non è casuale, ma basata su ricerche precedenti che indicano questo specifico intervallo di sonno come il più favorevole per l’assimilazione di nuove informazioni. Durante questo periodo, infatti, il cervello subisce una serie di processi complessi che sembrano favorire la consolidazione della memoria.

Nel primo ciclo, si distinguono le onde cerebrali che si manifestano come oscillazioni ritmiche o ripetitive dell’attività elettrica del cervello, con picchi e valli che durano circa mezzo secondo ciascuno. Durante lo studio, ai partecipanti sono stati somministrati brevi file audio. Metà di loro ha ascoltato le registrazioni durante i picchi di attività elettrica, mentre l’altra metà durante le valli. L’obbiettivo era capire come queste differenti fasi delle onde cerebrali potessero influenzare l’assimilazione e l’integrazione di nuove informazioni.

I risultati dell’esperimento di Schmidig

Dodici ore dopo, i partecipanti hanno fatto ritorno nel laboratorio, carichi di curiosità e aspettative, pronti ad ascoltare ancora una volta quelle parole completamente nuove, che mai avevano udito prima d’ora. La loro missione consisteva nel trascriverle e catalogarle, assegnandole a tre categorie ben definite: animali, luoghi o strumenti, prendendo come riferimento i termini in tedesco correlati.

Gli scienziati hanno calcolato che, se i volontari avessero semplicemente cercato di indovinare, le probabilità di successo sarebbero state del 33%. Eppure, sorprendentemente, coloro che hanno ascoltato le parole durante i picchi di sonno non sono riusciti a superare questa percentuale. Mentre, quelli durante le valli, hanno risposto correttamente solo nel 37% dei casi, una percentuale che è stata considerata non statisticamente significativa.

Dopo sole 24 ore, la percentuale è aumentata al 41%, risultato degno di nota ma non abbastanza eclatante da far gridare al miracolo. Non ci sono, quindi, sconvolgimenti nelle teorie esistenti o nuovi metodi rivoluzionari per imparare un nuovo idioma.

In conclusione, sebbene alcune ricerche suggeriscano che ripassare parole e frasi durante il sonno possa aiutare la memorizzazione, questo non dovrebbe in nessun modo sostituire l’apprendimento attivo. Il cervello umano, infatti, è una macchina incredibile, capace di assimilare e processare informazioni a un ritmo stupefacente, ma ha bisogno di essere pienamente operativo per farlo al meglio. L’assimilazione di una nuova lingua è un processo complesso che richiede non solo la memorizzazione di parole e frasi, ma anche la comprensione della grammatica, della sintassi, del contesto culturale e molto altro ancora. Questo tipo di apprendimento richiede la nostra completa attenzione e concentrazione.

E così, nonostante le speranze alimentate da una società che ci fa credere che tutto sia facile, sembra ben chiaro che i risultati ci riportino sempre alla vecchia, preziosa e innegabile verità: non esistono scorciatoie e niente potrà mai sostituire il duro lavoro e l’impegno. Quindi, prendiamo il nostro libro di grammatica e ricominciamo da capo. Dopotutto, chi l’ha detto che studiare sarebbe stato un gioco da ragazzi?